foto casa donne (1)In molte si sono incontrate, per oltre due anni, ogni giovedì pomeriggio a Palazzetto Urban del Comune di Napoli, singole o associazioni, gruppi o collettivi, e hanno elaborano un programma politico-culturale in comune. Si sono affiancate per la costituzione di un’assemblea di donne: l’Assemblea delle donne per la restituzione. Per restituire, non solo visibilità, ma principalmente reddito, come risorsa per le tante relazioni politiche culturali e artistiche in città, un circuito di riproduzione della vita degna. Intanto si sono create ulteriori forme di scambio con i vari Movimenti cittadini, in particolare con i gruppi politici che “occupano” luoghi chiusi abbandonati liberandoli e restituendoli alla vita cittadina e degli/delle abitanti. In risposta alla segregazione, alla crisi, hanno agito e agiscono le relazioni. Sono state create delle agorà, delle assemblee aperte per discutere con altre e con altri di desideri, bisogni. Abbiamo dato vita a una vera e propria politica in presenza. Molte donne dell’Assemblea hanno partecipato il 13 dicembre 2014 all’occupazione dell’ex reclusorio di Santa Fede Liberata per dare altra vita ad uno spazio collettivo e rendere partecipative strutture storiche della nostra città.

Nel frattempo è stato individuato lo spazio che potrà essere la possibile Casa e abbiamo cominciato ad abitarlo con l’esperienza delle nostre vite quotidiane. Alla fine del 2015 si è costituito un Comitato promotore per la Casa delle donne a Napoli che ha dichiarato la propria sede nell’appartamento sito nell’immobile comunale di Rampe S. Giovanni Maggiore Pignatelli 12. Il Comitato promotore, di natura essenzialmente informale, si prefigge lo scopo di autogestire e di presidiare lo spazio nella costruzione di un percorso di formalizzazione della Casa, ponendosi sulla strada dei beni comuni.

Abbiamo promosso tanti incontri e numerosi progetti nella casa presidiata. Finalmente stiamo trasformando in concreto i tanti pensieri fatti in comune in questi anni. Abbiamo potuto elaborare la nostra esperienza politica di donne all’interno di una grande città come Napoli, avendo acquisito titolarità sulla nostra parola, sul nostro pensiero, sul nostro agire fatto di relazioni e di autodeterminazione.

Si è messo su un laboratorio cercando un confronto nelle forme della sperimentazione di una gestione partecipata negli spazi fisici e politici, l’Assemblea delle donne per la restituzione ha attraversato e attraversa tuttora un processo di pensiero sperimentante abitando uno stesso luogo in maniera collettiva e, storicamente, aperto all’interesse del “territorio”.

Nel vivere gli spazi come “bene comune” si è lavorato su analogie e differenze dei vari percorsi politici e culturali, ne sono nate esperienze dell’abitare, del tessere relazioni e, tra le opportunità della vita collettiva,  abbiamo elaborato teorie e pratiche politiche con autonomia di pensiero. Perché la Casa delle donne è rendere possibile quel che ancora non è. Aprire un luogo all’incontro e alla cura per disegnare uno spazio che non elude il quotidiano. Non solo abbiamo affrontato le problematiche di genere, i diritti negati, i servizi soppressi, ci siamo opposte alla violenza, ma abbiamo dato origine a un confronto su come vogliamo partecipare alla qualità della vita della nostra città e affrontare così le sfide aperte in questo nostro presente.

Abbiamo seguito tutto l’iter fatto dal Movimento per i beni comuni e per la vivibilità della città, lavorando insieme sull’idea stessa di “bene comune”, dal riconoscimento delle collettività/comunità che hanno abitato gli spazi occupati/liberati.

Purtroppo è accaduto però che la Casa delle donne è scomparsa dalla ricognizione degli spazi destinati ad usi civici. Nella delibera 446/2016 manca l’ottavo spazio di uso civico, bene comune, la casa delle donne che ha fatto un percorso comune con gli altri collettivi degli spazi “bene comune”. Pur avendo presentato un proprio “dossier” sulla sua storia teorica e pratica in riferimento alle attività svolte con modalità aperte e mai autoritarie, il riconoscimento ancora non c’è.

Per questo prendiamo la parola per restituire la storia di tante realtà politico/ culturali di donne da cui nasce la politica delle relazioni e dei beni comuni, insieme all’economia del dono, dell’autodeterminazione, perché i beni comuni hanno a che fare con la politica delle relazioni, con la gestione di uno spazio autonomo e autogestito che possa garantire una costante sperimentazione e un confronto tra le tante donne e non solo. Nonostante questo la Casa resta comunque attualmente presidiata.

L’Assemblea delle donne per la restituzione chiede con tutti gli altri soggetti dei “beni comuni” che altri spazi si aggiungano alla mappa dei sette, come la Casa delle donne che è già nel percorso del movimento nelle sue forme autonome. Villa Medusa, Lido Pola, ex Opg – Je so pazz, Giardino Liberato, Santa Fede Liberata, Scugnizzo liberato, ex Schipa, l’Asilo, Massa Critica, le assemblee degli abitanti e delle abitanti. Desideriamo mantenere vive le nostre sperimentazioni per i beni comuni, convinte che possano arricchire la mappa della vivibilità nella nostra città, dando leggibilità, contenuti e forme urbane alle esperienze e alle conoscenze originali, molteplici e differenti degli/delle abitanti che popolano la nostra città.