È partita da Torino (2 aprile), diretta a Florida (18 aprile) la seconda Carovana per i diritti dei migranti che ripropone il gemellaggio della prima (2014) tra Italia e Messico e l’Italia; un dialogo tra Paesi distanti solo geograficamente e alle prese con drammatiche migrazioni, scarsità di risposte, aumento della militarizzazione e innalzamento di muri in contraddizione con le etiche e le piattaforme internazionali della Ue e dell’Onu.

La Carovana «segue imperterrita la sua strada, offrendo testimonianze di realtà che diversamente non si potrebbero incontrare» ha detto Calamai, portavoce del Comitato Giustizia e Verità, asserendo che i/le Migranti «non sono criminali ma i primi soggetti a dover decidere della propria vita. Contro la negazione della giustizia, l’ossessione della difesa del proprio territorio, i respingimenti, occorre una rete di base che metta al centro la dignità delle persone».

Torino, Firenze, Roma, Pescara, Lanciano, Aversa, Caivano (Napoli), Altamura, Palazzo San Gervasio, Riace, Caulonia e le sei tappe in Sicilia, ultima Florida, Ciuriddia in siciliano, in provincia di Siracusa, sono le tappe di una Carovana che ha obiettivi plurali, si muove su molti piani, parla linguaggi socio-politici, stimola la presa di coscienza e la partecipazione attiva, solidarizza con tutti gli aspetti della mediazione presente sul territorio (es. caporalato, le mafie, il narcotraffico, ecc.). Nella tappa di Catania è annunciata una manifestazione contro Frontex.

Calamai ha ricordato che il Comitato Giustizia e Verità «chiede l’apertura di corridoi umanitari nelle zone più colpite dal fenomeno migratorio (es. Messico, Mediterraneo e area balcanica) e la creazione di un Tribunale internazionale di opinione, un Tribunale dei Popoli, attraverso il coinvolgimento dal basso e con percorsi che siano di giustizia ma anche politici: «La migrazioni non sono eventi naturali ma derivano da precise responsabilità politiche; determinare un rapporto di causa ed effetto con le morti e le scomparse nelle migrazioni.» Nell’attraversare l’Italia in piena campagna elettorale, la Carovana chiede a Sindaci e Sindache, o aspiranti tali, una «firma impegnativa, per l’oggi e per il domani, siano o siano eletti, su un Appello che chiede loro disobbedienza civile alle leggi di chiusura della Ue e azioni positive in nome dell’umanità e della pace come quella che a Lesbo ha visto assegnare ai rifugiati siriani un Premio internazionale d’artisti così adesso potranno chiedere la cittadinanza anche come tali. Esiste una realtà che si muove e vuole rimanere umana in questo momento così delicato per il mondo intero e il Comitato chiede di rendere sanzionabili le responsabilità giuridiche di chi opera a qualsiasi livello contro i Migranti».

Di «trattato capestro con la Turchia» ha parlato Francesco Martoni, del Comitato: «Noi individuiamo e vogliamo divulgare forme di organizzazione comunitaria sui territori, nuove forme di partecipazione, legami di solidarietà, buone pratiche che possono invertire, o almeno rallentare, la corsa verso un nuovo Medioevo (…) Ci sono nessi evidenti tra le politiche migratorie nordamericane e messicane e quelle che puntano al Mediterraneo o ai confini orientali e sud-orientali della Ue. Non è possibile fare finta di nulla, di non sapere che le politiche difensive ed escludenti d’oltreoceano non hanno fermato la moltitudine di persone in movimento e non le fermeranno quelle della Ue».

La Carovana Messico-Italia denuncia «la coincidenza delle rotte della migrazione con quelle del narcotraffico. Le mafie nella penisola italiana e di quelle che in pochi mesi hanno preso il sopravvento sul corridoio balcanico, allargano inesorabilmente il controllo sui Migranti diretti nella Ue o già entrati in Europa. È doveroso interrogarsi sul peso che l’economia illegale ha sul bilancio del nostro paese. É doveroso far sì che i nuovi cittadini arrivati dal sud del mondo entrino in contatto, in primo luogo, con la parte più disponibile del nostro paese, facendo in modo che il mondo dell’integrazione e dell’accoglienza sia il tramite più efficace verso la trasformazione di queste persone in cittadini tra i cittadini».

«Un numero inquantificabile di vittime, vive e morte, attende giustizia, non processi farsa, verità di comodo, indifferenza o criminalizzazione e il loro numero si allunga ogni giorno» ha detto l’esponente del Comitato, denunciando i mercanti degli esseri umani: «il loro agire indisturbato ha cambiato in poco tempo il volto d’intere regioni del pianeta. La tratta di esseri umani è diventata redditizia almeno quanto il commercio di stupefacenti». Per sottrarre a loro le risorse economiche e politiche di quel vergognoso ma ricchissimo mercato e ridare dignità e diritti alle vittime, il Comitato ha annunciato «di stare pensando ad azioni di risarcimento anche come mezzo per tenere alta l’attenzione».

 

Testimoni della Seconda Carovana sono tre messicani, Omar Garcia Velazquez (unico sopravvissuto al massacro di Ayotzinapa), Guadalupe Gonzales-Herreras (Las Patronas), Ana Gricélides Enamorado (Movimiento Migrante Mesoamericano), Imed Soltani dell’associazione tunisina La Terre Pour Tous.

«In Messico ogni due ore scompare una persona» ha detto Omar Garcia Velazquez, «il regime ritiene particolarmente pericolose le scuole rurali gratuite che sono gli unici luoghi non corrotti dove si costruisce un mondo di giustizia sociale contro le violenze alla natura e all’uomo e che sono oggetto di attacchi mirati; chi vi insegna è considerato pericoloso.»

Unico sopravvissuto all’attacco alla scuola rurale di Ayotzinapa dove sono morti 43 studenti, i loro corpi scomparsi, Omar Garcia Velazquez ha sottolineato come il principale problema del Messico sia l’indifferenza, «anche io sono stato indifferente ma nessuno lo può essere.»

Il massacro di Ayotzinapa è stato seguito da manifestazioni, inchieste, ma è ancora senza una vera verità.

«Le due Commissioni, una governativa e l’altra internazionale che adesso è stata cacciata» ha detto Omar, «non hanno raggiunto le stesse conclusioni. La prima ha puntato a connessioni di forze deviate con il narcotraffico dando la responsabilità alla criminalità organizzata; la seconda ha individuato connessioni tra l’operato della polizia e il narcotraffico, ponendo un problema politico ad alto livello.»

Durante l’incontro romano sono stati proiettati alcuni video molto forti sugli attacchi alla scuola rurale e sul problema dei rapimenti, specie dell’infanzia, in Centro America (Proiezionidalbasso.com).

Il rapimento d’infanti a scopi sempre illegittimi e in ogni caso delitto odioso s’intreccia con la ricerca dei desaparecidos; ci sono innumerevoli madri che in questo momento stanno cercando figli/e sottratti nello loro case o scomparsi durante la migrazione ed è questo stato il tema di un drammatico filmato (Sequia).

Il fenomeno è presente anche in nord-Africa perciò il Comitato ha ricordato che la Seconda Carovana, nel dare solidarietà globale, ha manifestato davanti all’ambasciata di Tunisia e a quella Messicana.

Tra le testimonianze d’eccezione, quella del Movimiento Migrante Mesoamericano che si occupa dei/delle desparecidos. Nell’elenco dei caratteri comuni a tutte le migrazioni, permeate d’innumerevoli violenze, c’è anche quella delle persone che scompaiono, rapite in casa loro o durante il percorso.

Un tema delicatissimo è la scomparsa dei/delle minori non accompagnati/e che è stato anche trattato dal comandante della missione EunvaFor Med nell’audizione alle Commissioni congiunte di Difesa di Camera e Senato, anche rispetto all’operazione Sophia nel Mediterraneo.

Quando un/una minore è rapita o se ne perdono le tracce, significa che è esposto/o a una serie di pericoli e tutti con grandi interessi della criminalità organizzata e non solo. Si va dal rapimento per adozioni illegali, a quelli per schiavitù lavorativa e sessuale, o per il traffico d’organi.

Già vari precedenti convegni nella Casa internazionale delle donne dove la Carovana ha fatto tappa il 4 aprile, avevano evidenziato ciò che è anche difficile aggettivare senza scadere in una vuota retorica e che questi rapimenti e sparizioni di/delle minori non sono solo un terribile effetto laterale della migrazione ma un affare nell’affare per i moderni schiavisti e loro clienti.

Ultima testimonianza della Carovana, ma che ha portato un raggio di sole anche se il tema non è dei meno atroci, è stata quella offerta da Guadalupe Gonzales-Herreras del gruppo di donne solidali, Las Patronas, che praticano un’inedita e sempre più diffusa forma di aiuto ai/alle Migranti lanciando viveri e bevande verso il treno, significativamente soprannominato La Bestia che dal Messico porta negli Usa.

La Bestia viagga carica di grappoli umani, con gente di ogni età, sesso, salute in ogni angolo sfruttabile del lungo convoglio, tetto compreso, da cui spesso si cade e si rimane feriti a terra e/o si muore.

Com’è nata Las Patronas? Guadalupe sorride. Vent’anni fa, due sue cognate mentre rientravano con la spesa udirono le grida di una quindicina d’affamati e assetati in precario equilibrio sul tetto La Bestia, di passaggio lì vicino, e gettarono loro quello che avevano comprato, pane e latte, ricevendo in cambio lacrime di commozione, ringraziamenti e benedizioni.

Da quel giorno, Guadalupe, le sue cognate e sempre più donne acquistarono e cucinarono e lanciarono viveri e bevande nelle soste de La Bestia.

Donne del quartiere Patronas, città de Los Reyes, stato di Veracruz in Messico, si dettero il nome di Las Patronas, espressione della parte più consapevole e solidale dell’umanità.

«Noi non avevamo piani quando abbiamo cominciato ma siamo entrate nel piano di Dio» ha detto Guadalupe, aggiungendo che non traggono nessuna forma di guadagno dalla loro iniziativa e che ricambiano l’ospitalità, quando sono invitate, con piccoli lavori o cucinando.

Negli anni, molta gente ha aiutato quelle straordinarie messicane perché possano continuare a cucinare e lanciare alimenti e bevande ai «fratelli e sorelle”, ai dannati e alle dannate de La Bestia il cui lunghissimo viaggio in una dimensione di ansia, dolore, disagio e pericolo senza tempo, si compie anche in mezzo alla perdita di chi si ama, figli e figlie, l’infanzia di minore età, la più esposta. Si perde anche la salute e la vita su La Bestia, per non pensare alle donne in gravidanza o puerpere, e le speranze sono le stesse di chi sale sui barconi nel Mediterraneo, avendo per meta a Ue anziché gli Usa.

«Comida!» gridano Las Patronas lanciando sacchetti di riso, fagioli ed acqua e rischiando loro stesse perché seppure sostenute dalla loro fede religiosa, dall’immensa gratitudine dei/delle Migranti e dalla Chiesa di base, e da numerosi Premi internazionali, quelle donne incarnano la maternità del mondo, un femminile arcaico d’esempio a tutta l’umanità, ostacolato e minacciato dai poteri forti, dagli interessi del narcotraffico e della tratta, talvolta hanno detto «anche dalla Chiesa ufficiale» che in Messico è su posizioni filogovernative e, nella quotidianità, anche da alcuni vicini che non amano l’incursione del reale nella loro ‘tranquillità’.