L’11 e il 23 Aprile, la Loups Garoux ha presentato nella Casa internazionale delle donne, a Roma, i suoi due ultimi Dvd, “Le Dame di casa d’Este” e “Sexum Superando: la storia di Isabella Morra”, nell’ambito di un’iniziativa curata dall’area cultura del Consorzio e promossa dal Centro di documentazione “Alma Sabatini”. La Loups Garoux Produzioni S.R.L è una giovane produzione che “vanta un’esperienza autoformativa molto singolare”: la collaborazione con Onlus come Amnesty, ass. Saljarpffe per l’infanzia, Campagna Italiana contro le Mine, Fondazione Gorbachev, si è tradotta nella strutturazione di “una fitta rete di relazioni fra le Istituzioni teatrali, audiovisive ed artistiche” e in un percorso che l’ha portata in breve a prestigiosi riconoscimenti (es. Premio Croce Rossa Internazionale 2002-Montecarlo).
_ Alla spiccata sensibilizzazione su temi umanitari e di recupero delle cancellate memorie ed eccellenze del “genere femminile”, la Loups Garoux accompagna una tecnica gestionale indipendente che recupera i contenuti del patrimonio storico-artistico-ambientale, specie italiano, e crea prodotti con innovativa logica di marketin di territorio, oltre a individuare figure professionali capaci di renderli competitivo.
L’11 e il 23 Aprile, la Loups Garoux ha presentato nella Casa internazionale delle donne, a Roma, i suoi due ultimi Dvd, “{Le Dame di casa d’Este}” e “{Sexum Superando: la storia di Isabella Morra}”, nell’ambito di un’iniziativa curata dall’area cultura del Consorzio e promossa dal Centro di documentazione “Alma Sabatini”.
_ Entrambi i prodotti partono da storie non troppo note per raccontare “attraverso documenti storici, contribuiti filmanti, testimonianze storiche, il pensiero femminile attraverso la letteratura, l’arte, la storia, la musica, la filosofia, la politica” e coniugano al rigore della ricerca l’efficacia di una didattica semplice ma raffinata.
_ Il Dvd sulle estensi ha ricevuto nel 2002 il Premio Donne Europee – Bruxelles, e molto pregevole è anche il secondo, sempre girato nei luoghi originari, con buona sceneggiatura di Francesca Pedrazza Gorlero e attenzione ai costumi e al linguaggio, presentato alla Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia. La Prima, per il predetto rapporto col territorio, è stata accompagnata da eventi finalizzati a far conoscere la produzione culturale, ma anche i prodotti alimentari della Basilicata, terra di Isabella di Morra.

Di sé, la regista, Marta Bifano, dice “di essere nata in una città di mare; di voler indagare la sostanza dell’invisibile; di aver avuto una famiglia che ha assecondato le curiosità; di avere una fede profonda e un’energia inesauribile dedicata a un’arte che è soltanto un mezzo, non un fine; di avere come unico vero punto di approdo suo figlio; di sperare di non assomigliare a nessun altro ma di essere costantemente ispirata”. Un lungo curriculum cinematografico e teatrale e televisivo rendono conto di una vita e di una carriera “in fermento”.
La breve e infelicissima vita di [Isabella Morra->http://www.letteraturaalfemminile.it/isabellamorra.htm] (Napoli 1520 – Favale 1546) è raccontata con vivezza da Marta Bifano nel film {Sexum Superandum}, con un’esordiente Isabella (Micaela Ramazzotti) che ne trasmette la segregazione dell’anima e del corpo. La sceneggiatura, di Francesca Pedrazza Gorlero, coglie la finalità, didattica, di denunciare, attraverso Isabella, la situazione di “tutte le donne schiave e vittime di una realtà ostile, che impedisce la libera espressione di vita e di sentimenti”.

{{Il Dvd su Isabella di Morra}}, puntato su un solo personaggio, maggiormente si è prestato a evidenziare la difficile situazione di vita delle donne nel Cinquecento e non solo. La Poeta lucana, tra le più disconosciute e le maggiori voci peninsulari, ebbe vita breve, infinitamente triste e attraversata da un costante anelito al saper e alla libertà continuamente frustrato dal contesto violento e maschilista di nascita. Conobbe solitudini e disillusioni, continue attese, l’abbandono del padre, barone Giovan Michele Morra, che le aveva “permesso” di studiare e di scrivere ma poi aveva abbandonato la famiglia, profugo, per motivi politici, in Francia, dalla quale non era tornato ma in cui aveva chiamato solo uno dei suoi otto figli, Scipione, gemello di Isabella. Anche costui la dimenticò e dopo il sororicidio protesse i due fratelli salvatori “dell’onore” familiare, ottenendo per loro, da Caterina de Medici, una ricca abbazia (Cesare) e un ricco matrimonio (Decio).
_ Più che probabilmente tra Isabella di Morra e Diego Sandoval di Castro, ex ufficiale di Carlo V, castellano della rocca di Cosenza e marito di Antonia Caracciolo, governatrice del feudo di Bollita, la relazione fu platonica, entrambi divorati dall’amore per la poesia e spinti a rompere, insieme, la gabbia delle loro vite insoffribili. Il “disonore” d’Isabella fu quello di tutte le donne che volontariamente o involontariamente uscivano dagli schemi; che si prendevano spazi, più mentali che fisici, svincolati da ingerenze e autorità maschili; che entravano in contatto con uomini senza la presenza fisica di un’altra donna o di un parente maschio che ne tutelasse “l’onore”, specie contro il veto di fratelli-tutori. Morì di quel “delitto d’onore” rimasto nella nostra legislazione fino al tardo Novecento e cancellato solo per le istanze femministe.
_ La perdita della sua eccellenza fu colta dall’avvocato fiscale Antonio Barattuccio che rigorosamente allegò, alle carte processuali, tutto ciò che trovava, compreso il Canzoniere.
_ L’avvocato, nella realtà e nel Dvd, ebbe infatti un ruolo centrale: inviato a indagare le motivazioni dell’assassinio non della “poeta fanciulla”, vittima di una “giustizia familiare” non indagabile, ma di quello del precettore di lei e principalmente di Diego, caduti sotto gli stessi pugnali, si convinse che la vendetta desiderata da Antonia Caracciolo, cui imputò trame istigatrici, non era che gelosia di facciata che copriva interessi “filospagnoli”, opposti a quelli “filofrancesi” dei Morra. L’innocenza di Diego le avrebbe allargato il feudo e aggiunto titoli. L’alta posta in gioco, la potenza delle parti, l’insignificanza della fanciulla, fece rubricare Isabella come “una leggerezza” del barone. Senza l’avidità di Antonia Caracciolo e la fascinazione postuma di Antonio Barattuccio, non avemmo ritrovato, secoli dopo, il Canzoniere.