Partecipare a una kermesse della Società degli Storici di Trinity College Dublin è assitere a una scena della massima importanza antropologica. La sala a pianterreno del ‘Memorial Buiding’ dove hanno luogo questi incontri è l’arena dove i giovani delle classi bene si allenano ad essere quel che sono destinati ad essere: i futuri dirigenti del paese.E che fanno i dirigenti di un paese? Fanno {chamber speech,} ossia, fanno discorsi pubblici, assumono cariche, {chairman, guest speaker, speaker, audience}, leggono regolamenti, si annunciano al microfono, prendono la parola, chiedono la parola alzandosi in piedi, sollevando il braccio e volgendo, con grazioso gesto, la palma della mano verso l’alto, rifiutano la richiesta con un cortese “{No, thank you}”, e proseguono col loro discorso. Oppure la concedono dandosi del ‘{Signor}’ o chiamandosi per nome , “{Yes, I’ll take yours, Mr…}”; ne nasce un breve contenzioso cui lo speaker di turno risponde brevemente e poi riprosegue col suo discorso.
_ Completano il discorso ringraziando per l’attenzione, “{I’ll finish there. Thank you all very much for your attention}.”

Fanno tutti sul serio, compunti nei loro completi scuri e cravatte colorate; e, nel contempo, tutti sanno che giocano una parte e lo fanno con cosciente ilarità e ironia. È una cosa seria ed è uno spettacolo teatrale insieme, e si divertono.
_ Al tavolo che presiede al centro della stanza, siedono {{14 persone, una sola di sesso femminile}}.

Al microfono si alternano {{10 persone, una sola di sesso femminile}}. Non la stessa che presiede al tavolo, silente tutto il tempo e non sempre scrupolosa ascoltatrice. Spesso si mangia le unghie.

Gli speaker, tutti, argomentano sulla legittimità di un secondo referendum sul Trattato di Lisbona, sostenendolo o respingendolo a seconda che propendano per il si o per il no al trattato. E c’è chi ne propone un terzo, e anche un quarto, perché no?, “perché la gente cambia idea ed è giusto verificare come stanne le cose. In fondo le elezioni si tengono di frequente, no?”
_ E se dispiacciono i risultati, è sempre bene ritornare al voto per vedere se le cose siano nel frattempo cambiate…. .
_ Nessuno si sogna di mettere in dubbio il diritto di dare valenza pubblica ai propri intendimenti politici.

Nel frattempo la caraffa sul tavolo è andata vuota e subito viene passata di mano in mano fino a raggiungere una {{graziosa signorina}} che con garbo e discrezione, prende la caraffa, sale le scale, ritorna poco dopo reggendola ricolma e, con altrettanto garbo, la ripone sul tavolo.

{{La signorina, invece, l’unica del suo sesso sui 10 intervenuti}}, che prende la parola al suo turno, è anche l’ unica che viene interrotta senza aspettare che lei stessa dia l’assenso alla richiesta d’interruzione. Lei ribatte, per un attimo si scombina, perde il filo, ma subito si riprende con compostezza e determinazione e prosegue il suo discorso.
_ “La gente non sa. E se non sa, fa bene a votare {no}. Quelli che hanno votato {si} senza sapere, hanno sbagliato. Dovevano, coerentemente, votare {no}.
_ Di fronte a cose tanto complicate, non sta alla gente normale occuparsi di tali complicazioni. Abbiamo loro dato il nostro voto perché ci rappresentino, perché facciano il lavoro per noi. Non dovevano neppure consultarci. Sono loro che dovevano decidere, nell’interesse del paese….”

Il discorso più retrivo, il sostegno all’infantilismo politico dei cittadini, {{la delega assoluta di potere ai sacri padri dello stato viene dalla bocca più graziosa della {societas} }}.

A novant’anni esatti dal voto alle donne – in Irlanda le donne hanno ottenuto il diritto di voto a seguito delle lotte suffragiste britanniche nel 1918 – {{le donne bene non sanno che farsene di questo diritto}}.
_ C’è di che rabbrividire.
_ Ma forse è meglio non generalizzare.