In un nuovo rapporto diffuso oggi, dal titolo ‘Iraq: civili nel mirino’,
Amnesty International ha chiesto alle autorita’ irachene di migliorare
urgentemente la protezione nei confronti della popolazione civile, al
centro di una nuova ondata di violenza mortale.Secondo il [rapporto di Amnesty International->http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/IT/D/b%252F0%252Ff%252FD.8dc1125c581898683654/P/BLOB%3AID%3D3364], (per ora disponibile solo in inglese) ogni mese vengono uccise o
ferite centinaia di persone, molte delle quali prese di mira per motivi
religiosi, a causa dell’origine etnica o dell’identita’ sessuale o perche’
hanno osato denunciare le violazioni dei diritti umani.
_ La perdurante
incertezza sulla formazione del nuovo governo ha dato vita a una nuova
spirale di attacchi, con oltre 100 civili uccisi solamente nella prima
settimana di aprile.

‘La popolazione irachena vive ancora in un clima di paura, a sette anni
dall’invasione diretta dagli Usa. Le autorita’ di Baghdad potrebbero fare
molto di piu’ per la sua incolumita’, ma continuano a non assistere le
persone piu’ vulnerabili della societa’’ – ha dichiarato Malcolm Smart,
direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty
International.

L’organizzazione per i diritti umani sollecita le autorita’ irachene a
impegnarsi maggiormente per proteggere coloro che sono particolarmente a
rischio e portare i responsabili di reati violenti di fronte alla
giustizia, evitando il ricorso alla pena di morte.

Pur attribuendo la responsabilita’, in alcuni casi, alle forze di
sicurezza irachene, alle truppe straniere o ad attori privati come le
famiglie, Amnesty International sottolinea che la maggior parte delle
uccisioni di civili vengono compiute dai gruppi armati, compreso al-Qaeda
in Iraq, che mantiene una rilevante presenza nel paese nonostante la
recente morte di tre suoi alti dirigenti.

I difensori dei diritti umani, i giornalisti e gli attivisti politici sono
tra coloro che vengono assassinati a causa del loro lavoro. Il 13 aprile
Omar Ibrahim al-Jabouri, direttore delle relazioni esterne dell’emittente
televisiva Rasheed, ha perso le gambe nell’esplosione della sua
automobile, cui era stata fissata una bomba, mentre si stava recando al
lavoro a Baghdad.

Le minoranze etniche e religiose continuano a loro volta a essere prese di
mira. A febbraio a Mosul sono stati assassinati almeno otto cristiani. In
un caso, il 17 febbraio, i due studenti cristiani Zia Toma (22 anni) e
Ramsin Shmael (21 anni), sono stati bloccati da uomini armati a una
fermata dell’autobus e costretti a mostrare i documenti; immediatamente
dopo, gli aggressori hanno aperto il fuoco, uccidendo Toma e ferendo
Shmael.

{{Le donne e le ragazze sono particolarmente esposte alla violenza dei
familiari e dei gruppi armati}}. Il rapporto di Amnesty International
denuncia {{poche condanne per stupro e frequenti casi di ‘delitti d’onore’}},
commessi dai parenti nei confronti di donne il cui comportamento e’
ritenuto contrario ai codici morali, come nel caso del rifiuto di sposare
un uomo scelto dalla famiglia. Anche {{le attiviste per i diritti umani
vengono colpite per essersi schierate dalla parte dei diritti delle donne}}.

{{Gli appartenenti alla comunita’ gay}}, in un paese dove l’omosessualita’ non
e’ tollerata, vivono sotto la costante minaccia di violenza. Alcuni
predicatori musulmani hanno chiesto ai loro fedeli di attaccare persone
sospettate di essere omosessuali.

Spesso, le autorita’ non svolgono indagini esaurienti e imparziali sugli
attacchi contro la popolazione civile, non arrestano i presunti
responsabili e non portano questi ultimi di fronte alla giustizia. In
alcuni casi, le stesse autorita’ sono sospettate di coinvolgimento in atti
di violenza.

Il risultato di questo clima di sicurezza e’ che centinaia di migliaia di
iracheni, tra cui un’alta percentuale di appartenenti alle minoranze, sono
stati costretti a lasciare le loro case. I profughi interni e i rifugiati
sono ancora piu’ a rischio di subire violenza e di attraversare
difficolta’ economiche.

Amnesty International chiede alle autorita’ irachene l’introduzione
immediata di misure per rafforzare la sicurezza dei civili, attraverso una
consultazione con i gruppi a rischio che porti a individuare i
provvedimenti piu’ efficaci per la loro protezione.

Nel frattempo, sottolinea l’organizzazione per i diritti umani, e’
necessario che le autorita’ avviino adeguate indagini sugli attacchi
contro i civili e sottopongano a processi in linea con gli standard
internazionali i presunti responsabili, di chiunque si tratti. Le milizie
dovrebbero essere immediatamente disarmate e dovrebbe essere eliminato
l’obbligo di dichiarare sulla carta d’identita’ l’appartenenza religiosa.

Amnesty International chiede altresi’ ai gruppi armati presenti in Iraq di
porre immediatamente fine agli attacchi contro i civili, ai sequestri e
alle torture.

Infine, l’organizzazione per i diritti umani sollecita la fine di tutti i
rimpatri forzati di rifugiati in Iraq fino a quando perdurera’
l’instabilita’ nel paese. Diversi governi europei stanno eseguendo
rimpatri forzati in Iraq, persino nelle zone piu’ pericolose del paese, in
chiara violazione delle linee guida emesse dall’Alto commissariato delle
Nazioni Unite per i rifugiati.

Amnesty International ha parlato con un gruppo di 35 iracheni rimpatriati
a forza dal governo olandese il 30 marzo. Tra di essi c’era un turcomanno
sciita di 22 anni originario di Tal Afar, una citta’ a nord di Mosul, dove
negli anni scorsi sono state assassinate centinaia di persone per motivi
religiosi e politici e dove la violenza regna incontrastata. Il ragazzo,
un mese dopo, era ancora a Baghdad, in cerca di un riparo.

‘La continua incertezza sulla formazione del nuovo governo potrebbe
contribuire a un ulteriore escalation di violenza, di cui farebbe le
maggiori spese la popolazione civile. La situazione rischia di andare di
male in peggio. Tanto le autorita’ irachene quanto la comunita’
internazionale devono agire subito per pervenire altre morti evitabili’ –
ha concluso Smart.

– {Immagine reuters pubblicata sul sito http://www.repubblica.it}