Questa sorta di immaginaria collana fatta di storie del nostro Risorgimento femminile, mi è sembrato imprescindibile aprirla con un omaggio ad una sua “perla” straniera. E non sembri una contaddizione: innanzitutto perché quest’anno –in cui ricorre il bicentenario della nascita- in Italia quasi nessuno sembra essersene ricordato; e ancor più per testimoniare, attraverso la vita di questa donna, come l’idea di patria nel primo Ottocento potesse facilmente sposarsi con un internazionalismo delle volontà e degli ideali che ben poco aveva a che fare con il nazionalismo xenofobico che caratterizzerà, invece, l’età degli imperi.

Parlo di [Margaret Fuller->http://it.wikipedia.org/wiki/Margaret_Fuller], nata appunto nel 1810 da una famiglia del Massachussetts di solida tradizione culturale e di fede puritana.
_ Nel suo ambiente Margaret potè studiare il latino, il greco e, tra le lingue moderne, soprattutto l’italiano e il tedesco, traducendo –giovanissima- testi del Romanticismo tedesco.
_ Dal punto di vista etico-spirituale aderì al trascendentalismo e alle posizioni espresse in particolare da Ralph Waldo Emerson.

Dopo aver lavorato per circa quattro anni come insegnante, si trasferì nella cittadina di Concorde, cenacolo del pensiero e della poesia americana dell’800. Nel ’40 con Emerson ebbe la direzione della rivista politico-letteraria del gruppo, “The Dial”, dove pubblicò i suoi primi scritti; nel ’44 fu assunta come critico letterario dalla “New York Daily Tribune” e si trasferì a New York.

La sua personale genealogia femminile passa, con ogni probabilità, attraverso la lettura delle opere di [Mary Wollstonecraft->http://it.wikipedia.org/wiki/Mary_Wollstonecraft], in particolare della nota [Vindication of the Rights of Woman->http://books.google.it/books?id=rUg4d_8UMQsC&printsec=frontcover&dq=Vindication+of+the+Rights+of+Woman&source=bl&ots=kp5Qbfrq3-&sig=rYVT5ARH3mP-8l6fxTEbhgBrhUo&hl=it&ei=R8m9TOb2NM7qOfy1zTc&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=5&ved=0CDIQ6AEwBA#v=onepage&q&f=false] (in inglese)scritta al tempo della rivoluzione francese; così nel ’44 Margaret pubblica il suo [Woman in the Nineteenth Century->http://pds.lib.harvard.edu/pds/view/3611315] (in inglese) , in cui giunge ad una sintesi originale tra dottrine trascendentaliste e teorie sull’emancipazione femminile, un libro certo fondamentale per le origini del femminismo americano e suscitatore di accese discussioni.

Nel ’46, realizzando un sogno nutrito fin dagli anni della formazione, Fuller accetta l’incarico di corrispondente in Europa per la “Tribune” e parte da sola per un viaggio che la porterà in vari paesi: dapprima in Inghilterra, dove incontra Wordsworth, Carlyle e Mazzini, che la introduce alla complessità della situazione italiana e la invita a scrivere sul nostro paese; quindi a Parigi, dove conosce George Sand e Adam Mickiewicz.

E’ così che nell’autunno del ’47 la Fuller giunge a Roma, da sempre attratta dalla città che è la culla della civiltà classica, e comincia il suo “engagement” per la causa italiana.
_ Sono i mesi in cui la popolazione dello stato pontificio conosce una breve, ma esaltante stagione di speranze per il “papa liberale” (come viene chiamato Pio IX), che si uniscono a quelle di tutta l’Italia e che furono –com’è noto- all’origine della prima guerra d’indipendenza; ma sono poi anche i mesi del clamoroso voltafaccia del papa, delle sconfitte militari sabaude, della proclamazione della memorabile repubblica romana, la cui costituzione rimarrà punto di riferimento ideale dei patrioti democratici italiani fino al secondo dopoguerra.

Certo le lettere di Margaret al “Tribune” costituiscono a tutt’oggi una fonte importante per lo studio dei fatti italiani e –soprattutto- romani di questo periodo, anche se le sue corrispondenze ebbero un’interruzione di ben sette mesi (dall’aprile al dicembre del ’48).

Margaret era, infatti, diventata madre: poco dopo il suo arrivo a Roma aveva conosciuto il marchese Giovanni Angelo Ossoli, un uomo che le fonti descrivono sicuramente inferiore a lei per intelligenza e cultura, ma pieno d’affetto per l’amante e poi per il figlio, che rompendo con la propria famiglia, da appassionato mazziniano si era arruolato nella guardia civica.

La stessa Fuller, non meno entusiasta del pensiero di Mazzini, parteciperà alla disperata lotta per la vita e per l’onore della Repubblica, impegnadosi personalmente nella cura dei feriti, incaricata della direzione delle ambulanze da un’altra protagonista delle nostre battaglie risorgimentali: Cristina Trivulzio di Belgioioso.

Proprio sulla condizione delle italiane Margaret sottolinea lucidamente la contraddizione di un paese in cui “la Madonna viene venerata assai più di frequente di Dio o Cristo,” mentre le donne vengono lasciate nell’ignoranza e nella mancanza di responsabilità publica e privata.

Nei suoi resoconti l’analisi critica del potere temporale della Chiesa -che a suo avviso compromette ogni possibilità di riforma del papato-, lo sguardo scandalizzato di fronte a riti cattolici come quello del “bacio del piede” (davanti al quale obietta che il padre celeste vuole che i suoi figli non stiano ai suoi piedi, ma all’altezza del suo cuore), il senso di rifiuto provato di fronte alla vestizione non libera di una giovane monaca occupano tanta parte delle descrizioni e dei racconti; eppure tutti questi fenomeni rappresentano anche una sfida alla sua capacità di comprensione, una sfida che l’intellettuale protestante accetta sforzandosi di conoscere da dentro le nostre identità storiche.

Caduta la repubblica, nella primavera del ’50 Margaret decide di tornare in America col marito e col figlioletto, che è riuscita a salvare nonostante la balia l’avesse ridotto in condizioni di debolezza paurose; porta con sè un intero baule di documenti sulla rivoluzione italiana e un manoscritto che avrebbe dovuto diventare la sua storia della Repubblica Romana.
_ La nave, però, carica di marmo di Carrara, fece naufragio proprio al largo delle coste americane e Margaret finì così la sua intensa vita spesa per la causa delle donne e dell’Italia.