A Roma presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale si è tenuto un convegno dal titolo Immagini di donne sullo schermo – Gender e media rivisitati. Le relazioni di Claudia Padovani, di Monia Azzalini e Milly Buonanno hanno fatto il punto rispettivamente sulla situazione internazionale, europea e italiana.

{{Padovani}} ha riferito sui risultati del [Global Madia Monitoring Project->http://www.whomakesthenews.org/].
_ Una ricerca che ha coinvolto 108 Paesi dove persone competenti hanno tenuto sotto controllo, per un giorno intero,in una data uguale per tutti i Paesi coinvolti dalla ricerca, la produzione mediatica.
_ E’ questa una iniziativa che viene ripetuta ogni cinque anni facendo riferimento alla conferenza mondiale dell’ Onu sulle donne tenuta a Pechino nel 1995.

Secondo Padovani il [nuovo sondaggio->http://www.whomakesthenews.org/images/stories/website/gmmp_reports/2010/global/gmmp_global_report_en.pdf] (in inglese, ma disponibile anche in francese e spagnolo) relativo al 2010 non ha registrato grandi passi in avanti a meno che non si analizzino i dati riferiti a singoli continenti. Infatti, si può notare come l’Africa, rispetto ai Paesi occidentali, abbia fatto grandi passi in avanti: qui la presenza delle donne è molto più significativa.

Sulle differenze riferite all’Europa {{Azzalini}} faceva notare come i paesi dell’Est si differenzino in modo sensibile rispetto a quelli dell’Europa occidentale.

Una ricerca che, secondo {{Milly Buonanno}}, risente di interpretazioni troppo rigide, dovute alla necessità di omogenizzare letture di realtà molto diverse.
_ Per far questo vengono utilizzati termini come differenza di genere o di sesso che polarizzano fenomeni spesso molto più complessi. Così, per cercare di dare risposte più articolate a questo problema, é nato l’[Ossevatorio GEMMA->http://www.sdclab.uniroma1.it/stage/index.php?module=CMpro&func=viewpage&pageid=549] un acronimo che sottende i termini di Gender e Media Matter.

Questo gruppo di lavoro vuole tenere un occhio critico su tutta la produzione televisiva italiana, dai telefilm ai reality, dall’informazione all’intrattenimento, dai programmi musicali alla pubblicità.

Interessante la relazione di {{Paola Panarese}} sulla storia della pubblicità, del suo uso massiccio di stereotipi ma anche della capacità di stravolgerne il senso affidando però questi interventi di rottura solo a riviste o alla cartellonistica, non alla televisione! Perché?

Perché bisogna ancora parlare della difficoltà delle donne a far valere il loro essere persone tra presone e non sentirsi ancora discriminate come: l’altro sesso? La risposta a questa domanda è venuta dal regista {{Roberto Faenza}}.

Nel raccontare le sue difficoltà nel dirigere delle attrici quando queste interloquiscono in maniera attiva, si è chiesto il perché gli era più facile invece lavorare con gli uomini. E, a questa domanda si è dato risposta. Io con gli attori mi pongo alla pari con le donne no! Mi sento più forte, più capace e mi infastidisce quando queste non riconoscono questa mia pretesa superiorità.
_ Poi si è chiesto se ci sono uomini che incominciano a porsi queste domande. Peccato che chi era al tavolo con lui non gli ha ricordato che da anni ci sono gruppi di uomini che stanno lavorando proprio su questo., e che su questa più che decennale ricerca è pure stato pubblicato un libro { {{Essere maschi tra potere e libertà}} } di {{Stefano Ciccone}}.

Se si possono sintetizzare alcune ore di discussione in poche righe si può dire che mentre il giornalismo è rimasto ai blocchi di partenza, la fiction, l’intrattenimento e perfino i reality e la pubblicità hanno dato, sia pure con non poche contraddizioni, strumenti di presa di coscienza di quel senso di sé, di quell’autodeterminazione che hanno fatto dire alle donne di essere dei soggetto attivi non solo nei rapporti interpersonali ma anche in quelli sociali, meno, molto meno, in quelli istituzional-politici.

Da ciò che emerso si può dire che la fabbrica della notizia, nella sua struttura gerarchica, è rimasta ottocentesca nonostante la buona volontà di molte giornaliste che hanno cercato, con grande fatica, di far emergere a visibilità ciò che viene cancellato come il protagonismo delle donne ma non solo, come ha ricordato {{Nella Condorelli}}.

Protagonismo che i dati della ricerca dicono essere ancora troppo basso. Se questo protagonismo emerge è, come sempre, nei fatti di cronaca nera o rosa o in interviste fatte per ascoltare l’opinione media, quella così detta comune, quella che si raccoglie per strada. L’opinione, invece degli esperti ha sempre voce maschile e questo anche se è aumentata enormemente la presenza delle giornaliste.

{{Loredana Cornero}} attribuisce questo alla mancanza di una formazione professionale alta e generalizzata. Dunque le donne non devono più essere viste come oggetto dell’informazione ma come soggetti, insomma il o la giornalista deve sapere come dare voce a chi è protagonista di un fatto, come utilizzare le parole, le immagini, come selezionare le o gli interlocutori…

{{Donatella Diamanti}}, scrittrice e sceneggiatrice (ha lavorato anche a {Un posto al sole} e a {La squadra}) ha ricordato come anche nella produzione di fiction non poche siano le contraddizioni.

Quello che viene chiesto di solito è che le donne sì, devono essere protagoniste, ma devono essere eccessive. Ma non è nell’eccesso e nella semplificazione che si ripropone lo stereotipo? E’ così che avviene l’allontanamento dalla realtà nella sua variegata sfaccettatura. Ma anche qui le cose non vanno sempre male.

{{Mihaela Gavrila}} ha affermato che per lei la televisione, con tutte le sue contraddizioni, con i suoi eccessi, con le sue cancellazioni, ma anche con la sua normalità è pur sempre uno grande strumento di emancipazione. E qui mi è venuta alla mente la ricerca sui fotoromanzi, ricerca che ha portato a dire quanto siano stati anche questi uno strumento utile all’emancipazione di una fascia di donne che iniziavano, dopo la guerra, a riaffacciarsi ad una vita sociale.

La televisione lasciato il suo ruolo pedagogico dei primi decenni sembra essere diventata specchio e motore di una poliedricità di comportamenti che si avvallano o si rifiutano a vicenda con la forza di un moltiplicatore che spesso li deforma. E quando questi comportamenti fuori norma, deformati, spetacolarizzati, senza essere spettacolo, ci ritornano come una immagine allo specchio, come incidono sulla quotidianità dei comportamenti di donne e di uomini?