Il comune di Napoli è retto, se la parola può ancora essere usata, da una coalizione che ha esplicitamente chiesto il sostegno femminile, ottenendolo col contributo di donne autorevoli, promettendo un cambiamento politico e l’uscita dalle emergenze croniche che tuttora affliggono la città.In Italia, anche a Napoli, le donne servono {{da schermo e da parvenza di modernità}}, ma dietro di loro gli accodi sono quelli di sempre ed è a loro, alle donne, che vengono estorti {{competenza e prestigio per sostenere progetti che non hanno nulla a che vedere con i loro bisogni.}}

Nulla di diverso da quanto avviene nel paese è avvenuto a Napoli da quell’azzardata promessa del 2011. Tutti i passaggi politici tesi a tacitare le spinte del movimento delle donne verso un cambiamento radicale nel percorso verso la democrazia sono stati rispettati. La rivoluzione politica avvenuta si è limitata a quella delle parole e la parte femminile della cittadinanza è stata trattata dal punto di vista civile come un serbatoio di servizi sostitutivi e dal punto di vista politico come un ingombro. Dalle manovre esplicitamente strumentali con le quali è stata dimissionata l’assessora alle Pari Opportunità, con un precedente straordinariamente analogo alle dimissioni della Ministra Idem, a quelle che oggi postulano le dimissioni della Vicepresidente del Consiglio Comunale, tutto suggerisce che{{ il rifiuto dei partiti a instaurare la relazione con il genere femminile}} è radicato e sicuramente strutturato nella politica come s’intende nel nostro paese.

I nostri politici di fronte alle emergenze possono tranquillamente regolarsi come sempre, perché le emergenze postulano l’obliterazione della democrazia: forse per questo riproducono sempre un contesto nel quale tutto precipita.

{{Lo slogan del Marzo donna}} “dai bisogni ai desideri” riassume il valore simbolico di un’amministrazione che preferisce continuare a parlare di sogni per nascondere la realtà.

A Napoli e in Italia, si vorrebbe che le donne tra il pane e le rose scegliessero il primo. Per la politica le donne sono {{la famiglia Welfare }} che deve prima provvedere agli altri: le rose non sono previste.

In questo falso problema anche il pane ha un sapore cattivo: di mafia indisturbata, di donne picchiate, di un mercato dominato da affaristi che avvelenano senza scrupoli, di immondizia buttata chissà dove.

{{La giunta di Napoli aveva a disposizione pane e rose,}} di ottima qualità, e ha scelto di sprecarli, come ultimo atto, liberandosi dei simboli della buona politica,{{ togliendo ogni autonomia decisionale alle poche donne presenti in consiglio.}}

Per la politica che conosciamo lo speco è l’ultima cosa cui rinunciare, perché è il modo migliore per non restituire alle contribuenti ciò che consentirebbe loro di alzare lo sguardo dal ruolo al quale i potenti politici, religiosi e finanziari vorrebbero riassegnarle.

La giunta De Magistris ha sprecato perfino i fondi europei destinati alle donne di Napoli, ha rinunciato a una parte di questi.

Parlando di bisogni, ovvero del pane, e non delle rose, {{alle donne tocca un pane dal sapore cattivo,}} senza controllo da parte del solito carrozzone che ha sempre altro da fare. La salvaguardia di quell’unico gesto che la politica sembra riconoscere, quello di comprare, è esclusa dal gesto politico di chi governa in attesa “delle retate” in cui colpevoli e mafiosi restano sempre fuori. Gli angeli del focolare, devono cavarsela da soli, scavalcando ostacoli di pattume e buchi nei così detti marciapiedi con o senza passeggini.

Le donne e alcuni movimenti hanno fatto molto, e a costo zero, per predisporre soluzioni e svolte, hanno lasciato un’eredità e un tessuto di dignità vivente di cui si vorrebbe cancellare la pratica e anche il ricordo.

La cura verso quello che le donne hanno costruito nella città è stata esclusa dalle pratiche di governo, come se fosse il peggio da cui allontanarsi per “compiere una svolta epocale” che non c’è stata. Stiamo parlando della presa in carico pressoché totale, nella latitanza di Comune, Provincia e Regione, dell’emergenza nello smaltimento dei rifiuti, della campagna (e di una delibera) per la legalità di genere nella pubblicità, della prima campagna politica contro il femminicidio, dei primi testamenti biologici, del registro delle unioni civili. Non stiamo parlando di cose cancellate materialmente o parole, ma di cose sotterrate dal silenzio e da cattive pratiche. Cattive pratiche e pessime idee come quella di destinare la zona più fatiscente della città al commercio delle prestazioni sessuali, senza che la stessa amministrazione avesse mai mosso un dito per ostacolare la rete criminale dello sfruttamento della prostituzione, promuovendo coi sindaci della provincia e della regione azioni che appunto spettano in pieno alle amministrazioni.

Un ripensamento sulla vicenda delle dimissioni della vicepresidente, sia nella Giunta sia nei partiti che compongono il Consiglio, sarebbe un segno di ragionevolezza e di tardiva attenzione verso le cittadine. Se questo dovesse avvenire, come ci aspettiamo e come si aspettano molte elettrici, sarebbe l’implicito riconoscimento dell’urgenza di {{girare pagina }} e la conferma della necessità che {{a farlo siano le donne}}. Anche e principalmente quelle in consiglio, così mal tollerate dai manovratori.

{{UDI di Napoli (Stefania Cantatore portavoce)}}