Sono passati già 9 anni dalla morte di Dolores Madaro, ma sento ancora dentro di me echeggiare la sua risata, soprattutto la sua voce squillante che sapeva assumere varie tonalità. Dolores, quando doveva fare un discorso impegnativo, cambiava tono, impostava la voce per farsi valere, riusciva a dominare la scena, però, più che per il suo tono, per quello che diceva e nel modo in cui lo diceva, irriverente rispetto al potere. Ricordo come se fosse ieri, quando nel salone freddo e semioscuro del “Federale” del PCI in via Dei Fiorentini, scuotendo la sua chioma bionda alla fine di un suo intervento fece volare con un gesto teatrale, in segno di protesta e di rottura, la sua tessera di partito sul bancone della presidenza, nel silenzio attonito dei dirigenti del PCI napoletano.

Era però anche una donna tenera, di cuore, ricordo il suo pianto quando alla fine dell’ultimo congresso del PCI, tra le lacrime ci salutò dicendo che lasciava il partito ma non noi compagne. Infatti ci siamo incontrate con lei, fino all’estremo delle sue la forze, in convegni trasversali e interpartitici di sole donne. Dolores era una combattente inaddomesticabile, nessuno la poteva fermare quando si metteva in testa un obiettivo da raggiungere, era una vera donna–guerriera. La funzione guerriera, così come l’ha elaborata Angela Putino filosofa napoletana mia amica morta nel 2007, non ha nulla a che fare con la violenza e l’aggressività della guerra, ma è la capacità di fare tagli nel sistema simbolico e di potere maschile, aprendo spazi di libertà femminile. Pentesilea, regina delle Amazzoni, rappresenta ad esempio simbolicamente questa capacità di guerreggiare mettendo in scacco il gioco delle guerre date e la logica degli eserciti schierati. Dolores era una novella Pentesilea, capace di mettere in scacco disegni predeterminati, accordi di potere, mediazioni artificiose, tutti armamentari della “politica politicante”. Dolores ha combattuto soprattutto contro le discriminazioni dei più deboli, non solo su obiettivi materiali, ma promuovendo nel suo quartiere (il Vomero) oltre che il consultorio, biblioteche e scuole, e l’ha fatto senza mai dimenticare di essere-donna. Tutti i ruoli, che ha rivestito da dirigente di partito ad assessora, per lei erano troppo stretti, in nome della libertà femminile ha condotto una vera guerra contro il potere maschile in tutte le sue forme. I suoi obiettivi erano difficili da raggiungere, direi utopici, ma la funzione guerriera di cui parla Angela non si raggiunge a valle del risultato, si raggiunge a monte in quel taglio che il desiderio opera quando ci si spinge oltre l’ordine costituito. E Dolores era una donna che si spingeva, senza risparmio, oltre i confini dei ruoli pubblici e privati. Amava i suoi cari, i suoi figli ma anche per donare loro un mondo migliore, aveva assunto la militanza politica come compito prioritario. Era fiera, orgogliosa di essere napoletana, non appartenevano, però, a lei i toni rivendicativi e vittimistici di tanta donne meridionali in cerca di tutele. Era radicata nelle città di Napoli, eppure si sentiva nomade, la sua canzone preferita Gli Zingari parla di zingari/e in sella a cavalli dalle folte criniere che cavalcano senza limiti di frontiere al chiarore della luna e nella natte stellata.

Anche qui la mia mente corre verso Angela Putino, altra nomade radicata nella città di Napoli, che ha elaborato il “nomadismo” come nuova figura della libertà femminile e ci parla di Mongole, di Tartari che con le loro scorribande attraversano la steppa, al chiarore del luna e nella notte stellata. “La steppa è ciò che è in mezzo, la terra di mezzo – sostiene Angela – è ciò che è in mezzo e fa scolorire gli altrui confini, non li trova significativi, non sa cosa siano quei limiti per il suo passare, in questo passare trascorrono molti cambiamenti”. Nella notte stellata e sterminata della steppa ci si affida alla guida di una Signora, altra icona della libertà femminile che a dispetto “di una tradizione che la vuole solo tellurica o addirittura sprofondare nella telluricità come dice il racconto di Demetra e Core, collega cielo e terra come traluce nella curva lunare di Artemide scita e le Amazzoni ne portano il segno nell’arco. Nella notte stellata i fenomeni celesti fanno da cerniera per ciò che non si vede e costruiscono un primo movimento tra visibile ed invisibile”. Tra visibile e invisibile si estende il campo dell’esperienza, che non può non essere che quella femminile, dal momento che quella maschile è tutta intera nel visibile. Dolores, come Angela, nomade Signora della notte stellata, ha segnato con le sue battaglie la città di Napoli, la sua esperienza come quella di ogni donna si estende tra il visibile e l’invisibile. Spetta a noi renderla visibile.

A Dolores Madaro, nelle prossime settimane, saranno dedicate diverse iniziative: un evento incentrato sul “corto” a lei dedicato che, con la regia di Simona Cappiello, ricorda i momenti più salienti della sua vita privata, ma soprattutto pubblica, e lo scoprimento di una targa su una larga parete di tufo nello spazio bellissimo del belvedere del Petraio al Vomero, dove lei ha condotto tante battaglie.