Il 27 luglio, #dallastessaparte al suo primo meeting, sulla piattaforma Zoom: oltre 500 donne collegate, a partire dalle 18.00 e fino a tardi, per oltre 3 ore e mezza; si sono succedute 3 relazioni, 9 interventi programmati, 35 interventi liberi, il tutto moderato da Luisa Garribba Rizzitelli.

IL PAESE CHE VOGLIAMO, questo il titolo dell’incontro, al di là dei numeri, ha mostrato la ricchezza e la diversità del femminismo italiano. Un soggetto politico che c’è e che in Italia, da nord a sud, vive in migliaia di gruppi di donne: “realtà molto attive, ma separate, spesso nemiche tra loro” come ha detto Alessandra Bocchetti nel suo contributo, “Torniamo” (un po’ il manifesto di convocazione dell’incontro).

Tornare ad essere Movimento, questa la scommessa, superando le divisioni, “altrimenti – è sempre Alessandra Bocchetti che parla – manderanno tutte a casa e ci racconteranno che è da sempre il nostro destino.”

Perché ora? Quale urgenza muove tante donne a rivedersi e parlarsi per poi parlare al Paese? E di che cosa?

Proprio ora, perché l’emergenza Coronavirus ha mostrato quanto e con quanta competenza, non solo nel lavoro di cura, le donne siano il fondamento del Paese; proprio ora, perché si tratta di ricostruire e di spendere i miliardi messi a disposizione dall’Europa per cercare non di ri-costruire, ma di costruire un mondo nuovo.

Nel meeting non hanno circolato ideologie e astrattismi perché, come ha detto Elisa Ercoli, che ha svolto una delle relazioni, “partiamo dall’esperienza e dalla vita reale” e “abbiamo pratiche, saperi, forme di comunità” che costituiscono una ricchezza.

Di che cosa c’è l’urgenza di parlare? Nel corso del lungo incontro, tutti i temi sono emersi, perché sono chiare a tutte le questioni urgenti per le donne, a partire dal tema cruciale del lavoro, anzi, come ha detto Livia Turco nella sua relazione, della dignità del lavoro. Umiliate per troppo tempo, le donne devono cominciare a porre il tema del tempo di lavoro, un tempo “ormai tiranno rispetto agli altri tempi di vita”. Sul lavoro, molte altre sono tornate, arricchendo il discorso con diversi punti di vista e diverse competenze: Giuliana Brega ha raccontato la propria storia personale e denunciato che non esistono programmi di reinserimento lavorativo per le donne non più giovani; di tutto il lavoro, come nella prima guerra mondiale, le donne si sono fatte carico durante la pandemia, ha detto Elena Petrosino: il comitato donne del sindacato europeo sta portando avanti la propria piattaforma su smart working, lavoro pubblico, digital divide.

Seppure scandita dai tempi di un meeting online, cosa che magari mortifica le argomentazioni ma fa emergere, a forza di sintesi, la sostanza delle cose, la discussione ha affrontato tutti i nodi tematici da trasformare in proposte, e i titoli dei laboratori sui quali ognuna potrà lavorare nei prossimi mesi: Lavoro, Ambiente e sostenibilità, Salute/bene comune, Scuola maestra, Libertà e diritti delle donne.

Restano aperti alcuni interrogativi, sulla politica soprattutto. Con grande passione, Livia Turco ha detto che ci vuole un atto pubblico, nella politica, che consenta alle donne di contare. Contemporaneamente, però, Maura Cossutta, reduce dalla trattativa con l’assessora del Comune di Roma sulla Casa Internazionale delle Donne – una riunione andata malissimo, ha precisato – ha detto che nella politica manca ormai una sponda: “nessun partito accetta il paradigma della radicalità” espresso dal femminismo. Il nodo della politica resta, e forse i prossimi mesi ci diranno in che direzione il femminismo si muoverà per affermare le proprie visioni. Dobbiamo contare, ha detto Paola Concia, ma come? Intanto contando sulle donne che sono nelle istituzioni, dalla stessa parte significa dalla parte della libertà femminile. “Serve un’alleanza tra di noi, ispirata alle madri costituenti” ha detto Jasmine Cristallo del movimento delle Sardine.

Per il momento, l’approccio pragmatico è prevalso: “Facciamo un manifesto con le nostre proposte” ha detto Flavia Marzano, un manifesto da proporre a tutti in occasione delle prossime elezioni, perché i nostri contenuti siano inseriti nei programmi: sono più di mille i comuni che vanno al voto tra poco, insieme alle regioni. Idea accolta da Alessandra Bocchetti che l’ha rilanciata nelle sue conclusioni.

Nei prossimi giorni e mesi, il confronto continuerà, nei laboratori, innanzitutto, ma anche oltre. Le cose da fare sono chiare a tutte: migliorare la sanità, dove tante giovani donne sono state protagoniste nell’emergenza, vuol dire valorizzarle e anche sgravare le donne dal lavoro di cura (Monica Bettoni); “non dobbiamo avere paura di mettere in campo il nostro desiderio” ha detto Anna Maria Carloni: durante il lockdown le donne hanno mostrato una grande capacità di resilienza, serve un nuovo sviluppo delle politiche sociali; bisogna diffondere la cultura scientifica, “l’amore dei dati” e della tecnologia, su cui tante donne, ma non abbastanza, sono competenti (Flavia Marzano). Sul modo con il quale rapportarsi alle tecnologie più marcate si sono evidenziate le differenze: sono una risorsa, per Flavia Marzano, una sfida da affrontare per Paola Concia, una minaccia, invece, per Eugenia Scalfi: “la scuola non ha bisogno di più tecnologia.” Della scuola ha parlato anche Cristina Tagliabue che ha inoltre voluto suggerire un metodo per la migliore organizzazione: serve un metodo che premi le migliori proposte, contro personalismi e protagonismi, sono i progetti che devono eccellere.

Altro tema su cui differenze sono emerse è quello dell’ambiente, proposto nella sua carica unificante da Laura Cima e posto invece come discriminante da Serena Omodeo: “è l’ambiente la fonte di tutte le soluzioni. Dalla stessa parte sì, ma solo se è dalla parte dell’ambiente.”

L’espressione “Dalla stessa parte”, l’ashtag della mobilitazione, ha avuto diverse letture e interpretazioni. Siamo nell’epoca della crisi della democrazia, ha detto Alessia Centioni e “dalla stessa parte, contro il governo dei tecnocrati, dobbiamo portare giovani, precari, migranti.” Ma le migranti sono a loro volta protagoniste e parlano in prima persona, come Maria José Mendez Evara, e in modo articolato e completo, della necessità di sviluppare un pensiero interculturale e, nell’immediato, di abolire la Bossi Fini.

L’attenzione al linguaggio, infine. Più volte è risuonato, anche in chat, il richiamo ad usare un linguaggio sessuato. Rigore anche nelle metafore, come Rosanna Pesenti: “preferisco mettere nel piatto” le proposte, piuttosto che “metterle in campo” e rigore serve anche nel distinguere: le donne sono credibili e da loro non bisogna dividersi, anzi, il femminismo, che è soggetto politico, deve fare da sponda alle donne.

Fare da sponda è cosa diversa dal rappresentare le donne, è più rispettoso delle diversità, meno falsamente universalistico e più pragmatico.

È a queste condizioni che il movimento può riprendere, nel 21° secolo, la sua marcia, come ha detto Sandra Macci: un’Europa finalmente a trazione femminile ha messo a disposizione dei soldi, il tema non è solo che cosa fare, ma come fare le cose. Ad esempio, non basta solo una legge sulla parità salariale, pure importante, ma serve agire nella contrattazione.

Serve portare a casa un risultato, ha detto Tatiana Cazzaniga, così come in Umbria la mobilitazione in pieno Covid-19 ha ottenuto di cancellare la norma vessatoria sulla RU 486 che imponeva il ricovero di tre giorni per utilizzarla.

Le donne “hanno voglia di lottare”, questa l’illuminante conclusione di Elena Gatti: in UK, come dovunque, soprattutto nel mondo della scuola, le donne, e in particolare le giovani insegnanti, subiscono discriminazioni, ma ci sono politiche e progetti che possono essere scambiati e messi a frutto.

Costante, insomma, nel corso del lungo incontro, è stato il richiamo agli obiettivi e ai risultati: serve contare per conseguirli, mettersi insieme senza sacrificare le differenze ma con generosità.

Le prossime tappe del percorso appena iniziato sono state annunciate nel corso del meeting: approfondire le proposte nei laboratori tematici e in due giornate di approfondimento seminariale, da tenere alla Casa, come ha proposto Maura Cossutta, infine, preparare una grande manifestazione nazionale per ottobre.

Nei prossimi giorni sarà pubblicata su YouTube la registrazione del meeting Zoom, annunciano sul loro sito Fb le promotrici di “Dalla stessa parte”.