Il fascinazismo, nelle forme che si sono ripresentate in Italia e in Europa, è di nuovo una minaccia molto seria per le persone e per le costruzioni democratiche che dal dopoguerra, nonostante tutto testimoniano la volontà di democrazia e pace di almeno quattro generazioni, tra le quali almeno una ha portato la testimonianza scritta e orale della strage compiuta in nome della nascita di una nuova specie: donne e uomini conformati ai sogni di dittatori, maniaci del controllo e violenti fino all’annientamento delle stesse terre in cui erano nati.

Le donne nella liberazione, tanto poco raccontate nella storia ufficiale, hanno condotto nella resistenza un’altra lotta di liberazione: dalle umiliazioni e i divieti che il patriarcato fascista, che aveva, tra l’altro, fatto dello stupro domestico, del ricatto sessuale, della prostituzione i luoghi trionfo della virilità “obbligatoria” per i nuovi cittadini.

La lotta delle donne è stata diversa da quella degli uomini, è stata l’altra resistenza contro il fascismo e l’invasione nazista.

Il revisionismo irresponsabile di questi anni ha narrato alle nuove generazioni la resistenza e il fascinazismo ponendoli sullo stesso piano, come forze uguali e contrarie, ha cercato di negare lo sterminio di milioni di ebrei, di decine di migliaia di omosessuali, sinti, rom e oppositori politici.

Di fronte alla storia di una tragedia, alle tracce fisiche della distruzione, alcuni, ma non pochi, rifiutano di sapere e ostentano la loro ignoranza del passato, però, riproponendolo, soprattutto depennando la lotta delle donne, il femminismo e la sua presenza determinante nel rendere credibile la prospettiva di una civiltà migliore.

La rivalsa, oggi palese, dei nostalgici dell’ordine cieco della dittatura, poteva e può essere avvertita nella violenza con cui molta parte della destra, ufficiale o no, si è scagliata contro le conquiste femminili: Poteva e può essere avvertita nel tono lusinghiero con cui si suggerisce la subalternità femminile, sessuale e di ruolo, in previsione di una convivenza fondata sulla repressione di un genere, per metterlo a disposizione dei bisogni maschili. Poteva essere avvertita, ma così non è stato e non è.

Il fascismo che si ripropone oggi non può fare a meno di chi ne minimizza gli effetti e le sfide, pronunciate nelle stesse istituzioni. Non può fare a meno di chi finge di non vederlo.

Negare il femminicidio, irridere la dichiarazione dei diritti, ignorare le convenzioni internazionali, favorire tollerare le nuove schiavitù, sono effetti dell’arroganza politica ma anche gli strumenti con quali si è riarmata la speranza di coloro che ragionano coi manganelli e che aspettano il buio per ferire “i nemici e i loro simboli”.

Le donne che prima di noi hanno rifiutato di fermarsi “alla liberazione di tutti”, hanno resa possibile la nostra lotta a viso aperto ai retaggi della dittatura che vivono nel maschilismo italiano che continua a processare le donne che denunciano la violenza subita.

Dopo le partigiane, per altre generazioni di donne è stato possibile rivendicare e ottenere tutto quello che abbiamo rivendicato e ottenuto; la memoria storica delle donne ci ha preparate alla sfida del nuovo fascismo che loro ci hanno insegnato a riconoscere quando vuole apparire innocuo, mentre continua ad allearsi con le mafie.

Il fascismo prima di essere una dittatura è stato un partito che ha vinto le elezioni con una sua propria forza di persuasione, con la strategia della paura e col contributo determinante della criminalità.

Quelli che affrontano la vita a calci e pugni, sparando all’occorrenza, che si rappresentano con svastiche e fasci, che spadroneggiano da anni sui “loro” territori, sono l’essenza più vera del nuovo fascismo. E andranno a votare

​ per chi dice che la dittatura non era una dittatura, che è tutta acqua passata e che Mussolini era uno statista, anche se non è più il caso di parlarne. ​

Noi risponderemo continuando a disobbedire a chi ci vuole far parlare solo nelle sedi appropriate, a denunciare la violenza e saremo in ottima compagnia di donne di tutte le generazioni viventi e resistenti. E andremo a votare.