Dopo un qualche silenzio, Lidia Cirillo*, indagatrice dell’attualità e priva del timore di toccare temi roventi, ritorna in libreria con un’opera consigliata alla lettura per la novità d’angolazione e il rigore con cui ripercorre un Novecento racchiuso tra due personaggi indicativi, audaci e assai scomodi alla propria contemporaneità , ma chiari simboli dei percorsi di liberazione e di rivoluzione analizzati nel loro definirsi, procedere, affermarsi, modificarsi, assimilarsi o soccombere nella società . L’Autrice esemplifica la pratica femminista del nominare gli apporti altrui dando all’opera il valore aggiunto della sincerità e responsabilità storica oltre che del rigore con cui ripercorre, dall’idea originaria “delle ragazze e dei ragazzi del movimento studentesco universitario‚¬ , le relazioni con loro discusse su “marxismo e rivoluzione, femminismi e spazi queer, soggetti di liberazione, ¬ e con la possibilità di continuare a parlarne fuori dalla parte più logora dei miti, ma ancora all’interno di un orizzonte di emancipazione e di lotta .

L’indice dei capitoli-relazioni (attualità e inattualità di Marx; la donna: questo soggetto che non è un soggetto; l’enigma delle liberazioni e i soggetti dal buon narciso; il soggetto che prese il palazzo d’inverno; corporazioni, ceti e caste della politica; il soggetto civilizzatore: femminismi e critica del potere e della violenza; ciao Vladimir; alla ricerca del soggetto smarrito), rende conto del ventaglio e della complessità degli argomenti che sempre dichiarano la loro micro-storia, il contesto del dove e con chi sono stati dibattuti, offrendo ulteriori e preziosi strumenti d’approccio e d’approfondimento.

Un esempio. {Ciao Vladimir} nasce dalla relazione preparata da Lidia Cirillo per il collettivo femminista “Colpo-di-strega” e riproposta nella quinta edizione dell’Università popolare di Attac (dicembre 2006), essendosi dimostrata adeguata, come primo approccio, a un pubblico giovanile . In essa l’Autrice, insieme ad Arcilesbica, e subito chi legge è informata/o che “le lesbiche non sono le sole abitatrici della città queer e Arcilesbica non è la sola associazione di lesbiche , con chiaro esempio del rispettoso rapportarsi all’esistente e analizza alcuni articoli della rivista {{“Towanda”}} a partire dal ribaltamento del termine {queer} (stravagante, strano o bizzarro), prima usato in senso dispregiativo per lesbiche e omossessuali e oggi “dopo trentacinque anni di lotte, trasformato da docenti universitari e industria culturale da stigma in enigma, di cui non è possibile non sapere”.

L’acronimo {{ {Glbtq} }} è ridondante, perché la Q dovrebbe già contenere le altre lettere. Un G (gay) queer, una L (lesbica) queer, così come una B (bisessuale) o una T (trans); se lo desidera anche una E (eterosessuale) può transitare per la città queer, purché senza pregiudizi e disponibile a incontri ravvicinati di ogni tipo.
_ Ma la E non ha diritto a comparire nell’acronimo, perché una E che entra nella città dove queer diventa T, termine che non indica solo il travestimento o il cambio chirurgico e farmacologico di sesso, ma anche la disponibilità a transitare da un’esperienza sessuale all’altra. Le/i paria della città queer sono le/i bisessuali. Nessuna/o si dichiara bisessuale e viene subito sospettata/o di essere un gay o una lesbica o una/un eteresosessuale ficcanaso senza il coraggio della visibilità .

Poche righe dopo, s’affronta l'{{uso non sessista del linguaggio}}, la fatica dello “scrivere politicamente corretto, senza prestarsi a contestazioni, perché in realtà tutte le desinenze maschili e femminili dovrebbero essere trasformate in asterischi, almeno a voler essere coerenti con lo spirito queer più sofisticato. L’affollameno di lettere nell’cronimo Glbtq testimonia invece che il desiderio di visibilità più forte della filosofia e delle suggestioni decostruttiviste .

Esaminati i vari aspetti della città queer, luogo in cui convivono modi diversi di intendere la politica e che è attraversata dal conflitto delle generazioni (poliche e anagrafiche) sul come intendere le politiche delle lotte, delle manifestazioni, ecc. l’Autrice indica nella lettera T, “quella che ha guadagnato molti punti negli ultimi anni, il simbolo e la morale della favola, poiché {Transgender} indica il passaggio da un sesso all’altro, ma anche con una possibilità di ritorno e comunque senza l’obbligo al percorso difficile con cui si cambia il corpo per garantirsi con una nuova carta d’identità il riconoscimento sociale”.

Dopo aver affermato che la politica queer è “un soggetto di liberazione perché civilizza le società che costringe ad accettare l’idea semplice che ognuno/a ha il diritto di andare a letto con chi desidera, purché adulta/o e consenziente” . Infine, il capitolo-relazione riflette sugli integralismi, poiché l’ascesa degli integralismi di origine islamica, come del resto gli altri integralismi, ha un legame stretto con l’omofobia e la misoginia, cioè con spazi interni di una sessualità non liberata.

Varie e interessanti biografie costellano il libro di Lidia Cirillo, aiutando nel decostruire e ricostruire le tante dinamiche storiche ed eventi del Novecento e approfondirne il linguaggio e i non detti. Sono pagine che “pensano di nuovo alla rivoluzione. Una “rivoluzione di un altro tempo, di cui ancora non è prefigurabile il soggetto” , come segnala l’Editore nel porre appropriatamente l’opera nella collana {Futuro anteriore} e consentirne la riproduzione per favorire la circolazione della cultura purché a scopo non commerciale . Una non piccola e indicativa rivoluzione anche questa.

* Lidia Cirillo, responsabile del seminario femminista permanente che pubblica i Quaderni Viola, collabora con quotidiani (Liberazione), giornali e riviste femministe (Il Foglio de il Paese delle donne, Erre); ha scritto “Meglio orfane” (Nuove edizioni internazionali, 1993), “Lettera alle romane” (Il dito e la luna, 2001), “La luna severa maestra” (Il dito e la luna, 2003).

Lidia Cirillo {{ {Da Vladimir Ilich a Vladimir Luxuria. Soggetti di liberazione, rivoluzioni e potere} }}
_ (Edizioni Alegre, 2006)