Alex Zanotelli*  l’ 8 dicembre 2017  ha scritto:   Sigonella, Niscemi, Napoli, Amendola, Ghedi, Aviano, Domusnovas, Centocelle. La militarizzazione del territorio, la crescita della produzione di armi e il “baratro atomico” ricordano a tutti che siamo in guerra

Sono indignato davanti a quest’Italia che si militarizza sempre più. Lo vedo proprio a partire dal Sud, il territorio economicamente più disastrato d’Europa, eppure sempre più militarizzato. Nel 2015 è stata inaugurata a Lago Patria (parte della città metropolitana di Napoli) una delle più importanti basi Nato d’Europa , che il 5 settembre scorso è stata trasformata nell’Hub contro il terrorismo (centro di spionaggio per il Mediterraneo e l’Africa). Sempre a Napoli, la nota caserma della Nunziatella è stata venduta dal Comune di Napoli per diventare la Scuola Europea di guerra, così vuole la ministra della Difesa Roberta Pinotti. Ad Amendola (Foggia) è arrivato lo scorso anno il primo cacciabombardiere F-35 armabile con le nuove bombe atomiche B 61-12. In Sicilia, invece, la base militare di Sigonella (Catania) diventerà nel 2018 la capitale mondiale dei droni. E sempre in Sicilia, a Niscemi (Trapani) è stato installato il quarto polo mondiale delle comunicazioni militari, il cosiddetto Muos. Mentre il Sud sprofonda a livello economico, cresce la militarizzazione del territorio. Non è per caso che così tanti giovani del Sud trovino poi rifugio nell’Esercito italiano per poter lavorare.

La protesta del Comitato Parco archeologico Centocelle di Roma Bene comune contro il progetto del Pentagono italiano

Ma anche a livello nazionale vedo un’analoga tendenza: sempre più spese in armi e sempre meno per l’istruzione, sanità e welfare. Basta vedere il Fondo di investimenti del governo italiano per i prossimi anni per rendersene conto. Su 46 miliardi previsti, ben 10 miliardi sono destinati al ministero della difesa : 5.3 miliardi per modernizzare le nostre armi e 2.6 per costruire il Pentagono italiano ossia un’unica struttura per i vertici di tutte le nostre forze armate , con sede a Centocelle (Roma).

 

 

L’Italia investe sempre più in campo militare a livello nazionale, europeo e internazionale. L’Italia, non dimentichiamolo, continua a spendere una barca di soldi per gli F-35, si tratta di 14 miliardi di euro! Questo, nonostante la Corte dei Conti abbia fatto notare che ogni aereo ci costerà almeno 130 milioni di euro contro i 69 milioni previsti nel 2007. Quest’anno il governo italiano spenderà complessivamente 24 miliardi di euro in Difesa, pari a 64 milioni di euro al giorno. Per il 2018 si prevede un miliardo in più.

 

Ma è ancora più impressionante l’esponenziale produzione bellica nostrana: Finmeccanica (oggi Leonardo) si piazza oggi all’ottavo posto mondiale. Lo scorso anno abbiamo esportato per 14 miliardi di euro, il doppio del 2015! Grazie alla vendita di 28 Eurofighter al Kuwait per otto miliardi di euro, merito della ministra Pinotti, ottima piazzista d’armi. E abbiamo venduto armi a tanti paesi in guerra, in barba alla legge 185 che ce lo proibisce. Continuiamo a vendere bombe, prodotte dall’azienda RMW Italia a Domusnovas (Sardegna), all’Arabia Saudita che le usa per bombardare lo Yemen, dov’è in atto la più grave crisi umanitaria mondiale secondo l’Onu (tutto questo nonostante le quattro mozioni del Parlamento europeo). L’Italia ha venduto armi anche al Qatar e agli Emirati Arabi con cui quei paesi armano i gruppi jihadisti in Medio Oriente e in Africa (noi che ci gloriamo di fare la guerra al terrorismo!). Siamo diventati talmente competitivi in questo settore che abbiamo vinto una commessa per costruire quattro corvette e due pattugliatori per un valore di 40 miliardi per il Kuwait.

Non meno preoccupante è la nostra produzione di armi leggere: restiamo al secondo posto dopo gli Usa! Per la cronaca sono queste le armi che uccidono di più. E di questo commercio, naturalmente, si sa pochissimo.

Quest’economia di guerra sospinge il governo italiano ad appoggiare la militarizzazione della Ue. È stato inaugurato a Bruxelles il Centro di pianificazione e comando per tutte le missioni di addestramento, vero e proprio quartier generale unico. Inoltre la Commissione Europea ha lanciato un Fondo per la Difesa che a regime svilupperà 5,5 miliardi di investimento l’anno per la ricerca e lo sviluppo industriale nel settore militare. Questo fondo, lanciato il 22 giugno, rappresenta una massiccia iniezione di denaro pubblico nell’industria bellica europea. Sta per nascere anche la” PESCO-Cooperazione strutturata permanente” della Ue nel settore militare (la Shengen della Difesa). “Rafforzare l’Europa della Difesa – ha detto Federica Mogherini, Alto Rappresentante della Ue, per gli Affari esteri- rafforza anche la Nato”.

La Nato, di cui la Ue è prigioniera, è diventata un mostro che spende mille miliardi di dollari in armi all’anno. Trump chiede ora ai 28 paesi membri della Nato di destinare il 2 per cento del Pil alla Difesa. L’Italia destina oggi 1,2 per cento del Pil per la Difesa. Gentiloni e Pinotti hanno già detto di Sì al diktat di Trump. Così l’Italia arriverà a spendere100 milioni al giorno in armi. La Nato trionfa, mentre è in forse il futuro della Ue. Infatti è la Nato che ha forzato la Ue a creare la nuova frontiera all’Est contro il nuovo nemico, la Russia, con un imponente dispiegamento di forze militari in Ucraina, Polonia, Romania, Bulgaria, in Estonia, Lettonia e con la partecipazione anche dell’Italia. La Nato ha anche stanziato 17 miliardi di dollari per lo “Scudo anti-missili.” E gli Usa hanno l’intenzione di installare in Europa missili nucleari simili ai Pershing 2 e ai Cruise (come quelli di Comiso). La Russia ovviamente risponde con un altrettanto potente arsenale balistico.

Fa parte di questo piano anche l’ammodernamento delle oltre duecento bombe atomiche B-61, piazzate in Europa e sostituite con le nuove B 61-12. Il ministero della Difesa ha pubblicato in questi giorni sulla Gazzetta Ufficiale il bando di costruzione a Ghedi (Brescia) di nuove infrastrutture che ospiteranno una trentina di F-35 capaci di portare cadauno due bombe atomiche B61-12. Quindi solo a Ghedi potremo avere sessantina di B61-12 , il triplo delle attuali! Sarà così anche ad Aviano? Se fosse così rischiamo di avere in Italia una forza atomica pari a 300 bombe atomiche di Hiroshima. Nel silenzio più totale!

Mai come oggi, ci dicono gli esperti, siamo vicini al “baratro atomico”. Ecco perché è stato provvidenziale il Trattato dell’Onu, votato il 7 luglio, che mette al bando le armi nucleari. Eppure l’Italia non l’ha votato e non ha intenzione di votarlo. È una vergogna nazionale. Occorre essere grati a papa Francesco che ha convocato un incontro, lo scorso novembre, in Vaticano sul nucleare, proprio in questo grave momento in cui il rischio di una guerra nucleare è alto e per il suo invito a mettere al bando le armi nucleari.

Quello resta incomprensibile è l’incapacità del movimento della pace a mettersi insieme e scendere in piazza a gridare contro un’Italia e un’Unione Europea che si stanno armando sempre di più, davanti a guerre senza numero, davanti a un mondo che rischia l’olocausto nucleare. Eppure in Italia c’è una straordinaria ricchezza di gruppi, comitati, associazioni, reti che operano per la pace. Ma purtroppo ognuno fa la sua strada.

E come mai tanto silenzio da parte dei vescovi italiani? E che dire della parrocchie, delle comunità cristiane che si apprestano a celebrare la nascita del “Principe della Pace?”. “Siamo vicini al Natale – ammonisce papa Francesco – ci saranno luci, ci saranno feste, alberi luminosi, anche presepi… tutto truccato: il mondo continua a fare guerra!”     Oggi più che mai c’è bisogno di un movimento popolare che contesti radicalmente questa economia di guerra.

*Missionario comboniano, vive nel rione Sanità di Napoli