Bruges, capitale delle Fiandre Occidentali (Belgio), antica città dai cento canali con un porto di pesca e di commercio, e una piazza del mercato su cui svetta un altissimo campanile duecentesco, è lo scenario dell’ultimo romanzo di Adriana Assini, ambientato nel Trecento fiammingo, dominato dalle Gilde, le potenti corporazioni dei mestieri, perennemente intersecate da lotte di promozione sociale e regolamentazione del lavoro, per uomini e anche per donne.

In quei Paesi Bassi diventati un centro politico–economico nordeuropeo con un’economia del lusso, la Gilda dei Tintori si contendeva la clientela vantando, una parte, la superiorità del colore blu oltremare “legato al culto mariano, al firmamento, ai ‘nontiscordardimè’ del Paradiso, al manto regale di Luigi il Santo”; l’altra, il rosso di Tiro, dai rimandi antico testamentari (l’argilla rossa con cui fu impastato Adamo), e delle porpore imperiali. Chi lavorava l’uno non lavorava l’altro e nelle botteghe e nelle famiglie, sulle sponde opposte dei canali “le antiche rivalità, liti e vendette avevano finito per seminare odio e guastare i rapporti tra le Gilde”.

Sarebbe stato “più facile a una balena partorire un puledro piuttosto che a una Van Triele (Rose) sposare un Campen (Robin)”.

L’amore tra Rose e Robin affronta le necessarie difficoltà del pregiudizio, del pettegolezzo, dell’opposizione della Gilda e della famiglia. Lui parte per lunghi viaggi di commercio; lei seppellisce un inviso fidanzato, Faccia di Gatto, e ne sposa un altro, il Secco, sempre scelto dal padre tra i suoi lavoranti quando era già soprannominata La Muta, diventata tale per delusioni, soprusi e angustie. Ritroverà la parola alla notizia della sua vedovanza.

La storia evolve in un doveroso finale: Robin ritorna, innamorato più che mai; Rose, libera, senza prole, entrata a pieno merito nella Gilda dei Tintori (aperta a figlie e vedove di uomini del mestiere) non è più una fanciulla bionda, fragile, insicura, insonne e inappetente ma una donna che sventa nuove interferenze paterne cercando la felicità. È un cambio di passo sottolineato dal momento in cui la coppia si ricompone: la “festa dei folli, la più irriverente del calendario, da Santo Stefano a capodanno, quando si rovesciavano i ruoli e ognuno aveva diritto a diventare chiunque volesse essere.” Una festa molto popolare nel centro-nord d’Europa, detta anche festa degli innocenti o festa dell’asino (in ricordo di quello cavalcato da Gesù nell’ingresso a Gerusalemme) e celebrata con maschere, carri allegorici, danze e scorpacciate, in cui emergeva tutto ciò che era normalmente represso.

L’interesse per il romanzo storico incentrato su un soggetto femminile è un elemento ricorrente nella produzione letteraria della romana Adriana Assini che è anche un’acquarellista, perciò non mancando mai il colore (o la storia del colore) nelle sue “piccole finestre sul passato” aperte su vicende intriganti e con vivaci personagg* solo apparentemente di sfondo. Ha già compiuto quest’artificio narrativo-artistico in Le rose di Cordova (2007, tradotto in spagnolo), Un caffè con Robespierre (2016, più volte premiato), Giulia Tofana. Gli amori, i veleni (2017); Agnese una Visconti (2018) e altri scritti.

In Rosso di Tiro, blu d’Oltremare, i due innamorati sono quasi un pretesto per descrivere, a forti pennellate, il mondo febbrile che affascina l’Autrice con le sue tensioni socio-economiche (es. l’insurrezione delle Gilde dei tessitori, iniziata a Gand nel 1379), religiose e artistiche dettagliatamente rappresentate dai Primitivi fiamminghi: una scuola di estrema importanza, come quella italiana, nel panorama figurativo quattrocentesco, e di cui uno degli iniziatori fu Robert Campin (nome assonante a quello del protagonista).

Protagonista principale e non occulto del romanzo in cui compaiono beghine e streghe, è la Compagnia della Conocchia (dal latino conuccia, rocca per filare), formata da otto donne, compresa Rose, che nella diversità delle età, delle appartenenze sociali, delle inclinazioni personali e dei saperi in vari campi, specie in quelli che riguardano le donne, inseguono “sogni di libertà”.

Un gruppo che crea, commenta, indirizza situazioni (non solo a favore di Rose), agendo come Moire di tradizione classica greca (Parche romane, Norme norrene), collegate al destino, alla vita e alla morte, alla fortuna e che il Vangelo della Conocchia – manoscritto medievale conservato a Bruges da cui Adriana Assini prende le mosse – descrive come Compagnia di dame che si riuniva nella notte dei folli.

Tutti i rimandi, storici e simbolici presenti in un romanzo, sono di facile lettura e di suggestione:

Le otto dame si presero per mano e formarono un cerchio. Con gli occhi chiusi, restarono in bilico sull’esile soglia che segnava la rottura con il mondo autoritario degli uomini e delle loro leggi inique. Col tempo sospeso, cessarono i rumori, si fermò il vento. Il loro misterioso viaggio era iniziato.” (Retrocopertina)

Info: Adriana Assini, Rosso di Tiro, blu d’Oltremare. Una storia fiamminga, Srittura & Scritture, Napoli, 2020; isbn 978-88-85746-32-9.