Il giorno successivo alla presentazione del Patto che ha dato l’avvio ufficiale alla campagna elettorale di Ségolène Royal, un gruppo di elette socialiste ha lanciato una nuova iniziativa a sostegno della candidata: la catena per la vittoria.{{ Martine Aubry}}, ex ministra degli Affari sociali del governo Jospin, ha definito questa nuova iniziativa come la possibilità di prolungare immediatamente la dinamica positiva dell’impegno concreto della candidata per la Francia: essa si tradurrà in una presa di parola chiara su alcuni dei temi presenti nel programma da parte di settanta donne impegnate a livello politico sul territorio durante i settanta giorni che la separano dal primo turno di votazioni.
_ In qualità di sindaca della città di Lille, {{Martine Aubry ha inaugurato la catena scegliendo di parlare dei giovani}}: “La sfida è ridare ai giovani il desiderio di credere nel loro avvenire (…) attraverso misure concrete come l’indennità di autonomia e di accesso alla vita attiva, un percorso di studio o di formazione, dei prestiti a tasso zero per la realizzazione di un progetto, un accesso alla sanità gratuito fino a venticinque anni e la contraccezione gratuita per le giovani donne”.

L’ha seguita {{Marie-Noëlle Lienemann}}, vice presidente della Regione Nord Pas-de-Calais, che ha scelto di parlare del diritto alla casa, con particolare riferimento ai 120 000 alloggi sociali da costruire ogni anno, come annunciato nel programma, e da {{Catherine Génisson}} che ha posto l’accento sulle proposte in materia di promozione della salute. La “catena della vittoria” attraverserà da Nord a Sud il paese e si concluderà a Marsiglia.

Questa iniziativa porta un contributo di genere alla campagna elettorale della candidata socialista che, fin dall’inizio, si è dimostrata piuttosto innovativa. Centrata sulla {{partecipazione cittadina}}, ha permesso a tante e tanti di esprimere la propria opinione.
_ “Ho preso il tempo di ascoltarvi e ora ho capito” ha dichiarato domenica scorsa Ségolène Royal a Villepinte, davanti alla platea venuta ad ascoltare le sue proposte per “dare un futuro più giusto alla Francia”.

{{Un Patto presidenziale}}, il suo, le cui radici affondano effettivamente (nel bene e nel male) nei 6.400 dibattiti partecipativi organizzati nell’ultimo anno a livello locale e sul forum {Désirs d’avenir}. Un {{programma in cento punti}} che esplora molti temi e offre diverse misure: da quelli di una politica economica e sociale più vicina ai cittadini (innalzamento del reddito e delle pensioni minime), della sanità (accesso alla sanità gratuita fino a 25 anni), dell’occupazione giovanile, del diritto alla casa (costruzione di nuovi alloggi sociali e nuove garanzie di gestione), della sicurezza, dell’ambiente, dell’immigrazione (regolarizzazione dei sans papiers secondo criteri precisi), della riforma delle istituzioni, ecc.

{{Le donne nel Patto}}

Nel patto presidenziale compaiono alcune misure presentate da più di un anno, quando ancora era in gioco la sua candidatura all’interno del partito socialista. Alcune di esse riguardano specificamente i {{diritti di genere}}, fatto che l’ha posta in confronto diretto con i movimenti e le organizzazioni attive per i diritti delle donne, con risultati molto diversi.
_ Di fronte alla dichiarazione di volere, {{come primo atto di presidenza, una nuova e più completa legge contro la violenza sulle donne}}, “che offra uno strumento adeguato per lottare contro quello che è ormai divenuto un affare di Stato”, il {{Coordinamento delle associazioni per il diritto all’aborto}} (Cadac) risponde in maniera ironica, ricordando che sono anni che si battono per una simile legge, mentre il {{Collettivo nazionale per i diritti delle donne}} (Cndf) ha semplicemente definito “pertinente” questa intenzione.

Su altri temi c’è un accordo unanime. Essi riguardano l’opposizione netta contro ogni forma di discriminazione che colpisce il diritto al lavoro delle donne (lotta alle disparità di trattamento, ai salari minimi che riguardano l’80% delle lavoratrici e ai part-time imposti); l’esame di alcune misure previdenziali per le lavoratrici penalizzate dalle interruzioni di carriera o dall’opzione del part-time; la creazione di un servizio per l’infanzia e la proposta dell’obbligo scolastico a partire dai tre anni.

{{Un femminismo singolare?}}

Nel mese di novembre 2006, la dichiarazione di Ségolène Royal di essere “venuta al socialismo dal femminismo e dalla rivolta contro la posizione subalterna assegnata alle donne” le era valsa il titolo di “femminista singolare” da parte del quotidiano francese {Libération}, che aveva sondato gli umori di alcune militanti francesi.
_ Ad oggi, se fosse necessario individuare schematicamente il profilo delle potenziali elettrici di Ségolène Royal in base alle diverse dichiarazioni di appoggio o di rifiuto della sua candidatura, si potrebbero rintracciare almeno tre posizioni:
– quella di chi considera la sua appartenenza al sesso femminile come una garanzia sufficiente a farne una “difensora” dei diritti di genere,
– quella di chi la voterà “perché è la prima volta che si presenta una donna” anche se non approva politicamente parti importanti del suo programma,
– e, infine, quella di chi trova pericoloso il suo approccio alla politica e si riserva di votarla solo al secondo turno, se mai ci arriverà.

Molte tra le militanti e le politiche apprezzano la candidatura di Ségolène Royal “perché è donna e perché è lei: una donna che ha tutte le possibilità di essere eletta, fatto di per sé rivoluzionario perché la presidenza rappresenta ancora l’archetipo del patriarcato” come ha affermato {{Aurélie Filippetti}}, ex deputata verde, recentemente votata alla “causa Ségolène”.

Altre invece non vanno per il sottile: come {{Monique Lucchini}}, scrittrice e membro del partito comunista francese che sul sito di {Les Pénélopes} ha definito Ségolène Royal uno strumento al servizio di un partito in difficoltà e chiama all’indignazione delle donne “perché {{desiderare che una donna raggiunga il posto più alto in politica non può essere a qualsiasi prezzo}}”.