In attesa di dare corso ad incontri con le istituzioni, sia locali che nazionali, in vista della riapertura reale dei centri estivi, su “tematiche” centrali come la formazione di una nuova scuola e ad un confronto più serrato nel gruppo di lavoro e alla Casa internazionale delle donne, proponiamo la nostra visione su una diversa politica educativa e culturale.

Il gruppo di lavoro sulla scuola di Archivia e di alcune associazioni Affi (Reterosa, Eulalia, Pari Diritti, Wilpf, Associazione Arendt) propone una riflessione sulla realtà scolastica che, nel momento particolare dell’emergenza, ha mostrato non criticità, ovvero come è stato opportunamente scritto “una insostenibile pesantezza”, scaricando di fatto sulle famiglie e in particolare sulle donne, una didattica a distanza che ha penalizzato soprattutto le fasce più deboli Ora siamo nella fase della ripartenza, ma come scrive Maura, “far ripartire la vita richiede uno sforzo straordinario ed eccezionale, pari se non superiore a quello profuso per far ripartire le aziende, pari se non superiore a quello speso per cominciare a riparare in emergenza ai danni dei tagli alla sanità pubblica”.

Non chiara la ripartenza di settembre e, se questa, significhi ritorno alla “normalità”, cioè ad una scuola carente sia dal punto di vista didattico che formativo e fatiscente anche come edilizia scolastica. Non sono palpabili strumenti per contrastare la violenza di genere, il bullismo, l’omofobia. Non si ravvede nessun contenuto per ribadire il diritto delle donne di lavorare fuori casa e non assumersi i mille ruoli nelle mura domestiche.

Sull’inclusione scolastica: un terzo degli allievi non ha avuto lezioni a distanza perché non aveva i dispositivi tecnici, computer compresi o persone vicino in grado di assisterli, perché in casa svolgevano mille altre incombenze.

Occorre allora un significativo rinnovamento culturale, che significa una chiara rivisitazione dei contenuti quanto dei metodi educativi e dell’etica valoriale.

– “la scuola si fa a scuola”: serve la classe, il confronto, la relazione dal vivo, la corporeità dello scambio. Ma

la struttura della classe deve mutare: è necessario aumentare le classi e gli insegnanti, ridurre il numero di bambine/i e delle ragazze/i per classe, investire per rendere scuole, parchi, giardini e cortili agibili e ben tenuti. Utilizzo biblioteche di quartiere, musei e anche una maggior sviluppo di una coscienza ecologica. Cambiare modi, strumenti e contenuti della didattica. Contro una frammentazione che conduce alla ininfluenza. Un maggiore legame con il territorio da parte delle scuole. Da decenni infatti si assiste a una serie di interessanti esperienze sparse e disperse perché rimaste disorganiche, non raccolte dalle istituzioni centrali e dalla cultura mainstreaming.

Vogliamo invece costruire comunità educanti e formative sul piano culturale e civico sul territorio tramite il confronto tra comuni, autonomie scolastiche, associazioni e realtà del terzo settore.

-La Casa Internazionale deve entrare in rapporto strutturale con il mondo della Scuola. Occorre modificare le linee guida che sono alla base del processo formativo nel paese, influire sulla programmazione complessiva, sulla logica dei libri di testo, sul tipo di scuola che si offre, l’ampiezza delle classi, il metodo utilizzato, ecc. Pensiamo siano fondamentali:

-Il diritto allo studio e alla socialità nel rispetto delle differenze per tutte/i.

– Valorizzare l’importanza della comunicazione e informazione della carta stampata

– Valorizzare la cultura della cura- elaborata dalle donne, non caricandole di tutto il peso ma puntando ad una condivisione dei membri della comunità e l’ idea di scuola come nuovo rapporto fra le generazioni e generi.

– Riconsiderare programmi e materie scolastiche, con particolare riguardo allo studio della storia, del pensiero filosofico e politico, della storia del femminismo che ha segnato un cambiamento epocale, dell’educazione civica e del diritto/diritti

– Il concetto di scuola come comunità educante che esce dalle sue quattro mura, accoglie e si pone in relazione con le realtà sul territorio.

-Riconsiderare i ruoli sociali, familiari e personali per configurare tutti come persone, a cominciare dalle madri, dai padri, dalle sorelle e fratelli, dai figli

– Elaborazione del concetto di responsabilità personale e sociale, di educazione alla cittadinanza, alla solidarietà, alla relazione, come dimensione personale ma anche sociale e politica (non trascuriamo una formazione europeista, vista come capacità di relazionarsi fra culture e condizioni diverse, nonché come attitudine ai rapporti multilaterali fra le nazioni e i popoli)

-Rivalutazione del corpo: educazione sentimentale e sessuale, cura di sé e degli altri.

– Istituzione dei Women studies nelle università

– Formazione sistematica delle/degli insegnanti. concretamente: –chiediamo che si proceda ad un largo impiego di tamponi che rende più sicura l’apertura a settembre

–proponiamo la formazione di gruppi estivi all’interno dei quali assumere un ruolo determinante.

-chiediamo che l’associazionismo a settembre entri nella scuola, perché dopo il covid questo sarà particolarmente difficile; chiediamo che la valutazione degli studenti non sia espressa in termini numerici,

modalità del tutto inadeguata alla condizione in cui hanno vissuto i bambini e gli adolescenti negli ultimi mesi.

Etimologicamente la parola Scuola significherebbe occupare il tempo libero, ozio per i latini, ma deve essere sede di discussione, ricerca e comunità fra i giovani per la formazione di una coscienza personale e comunitaria, secondo una scala di valori che metta gli esseri viventi al centro dell’universo, non gruppi, corporazioni, gruppi di potere.

Gruppo di lavoro Scuola/formazione/nuova cultura educativa – Casa delle donne di Roma