La legge 40 rischia di andare in pezzi. Il divieto di fecondazione eterologa, contenuto nella legge 40 del 2004, è incostituzionale. Questa la conclusione di un giudice del tribunale civile di Firenze, che su ricorso di una coppia di Padova, ha depositato ieri una ordinanza, in cui chiede alla Corte Costituzionale di pronunciarsi, vista la manifesta violazione della nostra Costituzione, in base agli articoli 2 e 3, ma anche dell’articoli della Convenzione dei diritti dell’uomo.

Ancora una volta protagonisti della difesa della Costituzione e della coppia, il {{Tribunale civile di Firenze}} e l’{{avvocato Gianni Baldini}},docente di biodiritto alla Università Cesare Alfieri, da anni impegnato con l’{{associazione Madre Provetta}} e già artefice del successo di altre due sentenze, che hanno preceduto e seguito la sentenza 151/2009 della Corte Costituzionale, che ha già modificato la legge 40 in alcune parti.
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Ieri, l{{’ordinanza di Firenze}} che richiama i diritti fondamentali e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per chiedere l’abrogazione del divieto di eterologa, perchè è di questo che si tratta, non suona più come un’utopia giuridica. La giurisprudenza, anche a livello europeo, ha ampliato lo scenario giuridico di riferimento.

Così l’argomento fino ad oggi più utilizzato, quello secondo il quale, il divieto, rientrerebbe nella discrezionalità politica del legislatore del 2004, è fragilissimo o l’Italia rischia di aprire un grave contenzioso con l’Europa e il suo, ormai nostro, quadro giuridico di riferimento. Infatti, {{in una sentenza del 2009, la Consulta aveva già stabilito}} che in caso di contrsto tra norma interna e Convenzione europea, il giudice debba interpretare in modo conforme, o sollevare la questione di legittimità, se il contrasto non fosse componibile.

Il punto fermo è stato messo dalla recente{{ sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo del 1 aprile 2010,}} a cui, una coppia austriaca, ha chiesto di pronunciarsi sul divieto discriminante della legge austriaca di non poter effettuare la fecondazione in vitro eterologa, nel proprio paese, ovvero la donazione di ovociti, mentre avrebbe potuto ricorrere alla inseminazione semplice con donazione di seme maschile. Così la Corte Europea, ha stabilito che questa limitazione è contraria a due articoli della Convenzione per i diritti dell’uomo, quelli che richiamano il divieto di intromissione nella vita familiare e il divieto di discriminazione (in questo caso in base ad una patologia), ovvero gli articoli 8 e 14.

In Italia, nel caso della coppia di Padova,“abbiamo proceduto in base all’art. 700 del codice civile, cioè con una richiesta di urgenza, vista la situazione psicofisica della donna e chiesto l’applicazione immediata della sentenza della Corte europea”, racconta, il prof..Gianni Baldini Tuttavia, il magistrato, ha scelto di non risolvere solo il caso singolo, ma di {{porre la questione alla Consulta, perchè la violazione dell’ordinamento giuridico internazionale e degli articoli 2 e. 3 della Costituzione (equità di trattamento) non è manifestamante infondata}}.

L’ eco delle polemiche del Vaticano per il Nobel a Robert Edwards non si è ancora spenta, e in Italia, la legge “cattiva”, come fu definita da molti, quella sulla fecondazione assistita, rischia di perdere{{ un altro dei suoi divieti, il più odioso, il più moralista}}: quello del ricorso alla fecondazione eterologa. Cioè quello che nega la donazione oblativa, gratuita e anonima, di seme ed ovociti a giovani donne in menopausa precoce, a uomini sterili anche a causa di malattie oncologiche o genetiche.

{{Un divieto che resiste solo in Italia e nei paesi islamici}} (Egitto, Turchia e Arabia Saudita) che temono di depotenziare così il ruolo del marito, “adulterando” la derivazione genetica. In tutto il resto mondo, è lecita, ed il percorso verso questa scelta è sostenuto, ma libero e responsabile. Come sappiamo, infatti, è la sua clandestinità a renderlo rischioso, dal punto di vista igienico-sanitario e pericoloso per l’ordine pubblico, in quanto alimenterebbe compravendite clandestine, ben note soprattutto nei paesi dell’Est Europa. Fenomeni di arricchimento illecito che occorre monitorare e perseguire con strumenti ben diversi da un sordo e cieco divieto contro tutti.