L’immagine conta e i politici lo sanno. La lotta politica è a colpi d’immagine, la lotta di conquista del mercato è a colpi d’immagine: analogie straordinarie tra due mondi ed anche coincidenza d’interessi.
Senza andar oltre va detto che mai come nell’ultimo scorcio del secolo passato e a tutt’oggi, nell’ambito della società dei consumi, stanti le cicliche contrazioni del potere d’acquisto, l’interesse a convincere, da parte dei produttori di beni, si è spinto fino interessare la “conformazione dei cittadini ai beni da consumare”. Per far questo c’è il continuo bisogno di stupire e forzare l’ordine individuale dei desideri.
In questa trasformazione, anche per il ruolo fondamentale che hanno le istituzioni in economia, è difficile non cogliere che l’autorappresentazione produttiva e quella amministrativa siano infine parte dell’immagine complessiva percepita dai cittadini anche all’estero.

È spiacevole, ma va detto: {{troppe imprese Campane e Partenopee si sono mostrate poco responsabili nel reclamizzare i loro prodotti}}, e più volte a turno sono incorse nelle ingiunzioni dello IAP per non aver rispettato il codice di autodisciplina pubblicitaria.

L’UDI è un’associazione politica e ha naturalmente una visione propria ed un giudizio proprio sulla realtà culturale del Paese, che intende affermare dialetticamente e mai imporre: questo significa che le azioni intraprese verso le Istituzioni e le aziende in materia di immagini è e resta volta al rispetto delle regole che gli stessi pubblicitari sottoscrivono nell’esercitare la loro professione.

In assenza di una legislazione nazionale in materia, prescritta peraltro da risoluzioni Europee, sotto la spinta dell’UDI ed altre associazioni Napoli si è dotata di regole per l’affissione, esprimendo così a livello amministrativo la volontà di salvaguardare il diritto collettivo al rispetto umano nell’impiego delle immagini e delle parole negli spazi di sua competenza.

È certo che una delibera non cambia la cultura, come non la cambiano automaticamente le leggi, sono piuttosto dei {{punti di partenza}}: chi recalcitra e chi auspica una rappresentazione differente da quanto convenuto dai governi Italiani in Europa invoca una spregiudicatezza grossolana che si pretenderebbe essere conveniente per le donne, se non addirittura per le femministe.

La cosiddetta caduta delle ipocrisie consiste nel mostrare la violenza e lo sfruttamento della prostituzione come valori positivi, la mercificazione del corpo come passaggio necessario per l’emancipazione.

{{Chi parla di censure, in realtà, non sopporta le regole}}. Altri paesi come la Francia e la Spagna che hanno nei loro retaggi una storia di affrancamento dalla censure, non hanno avuto dubbi nell’applicare le regole per il contrato agli stereotipi sessisti e violenti in pubblicità.

La caparbietà con la quale l’assessorato alle pari opportunità agisce quanto prevedono le regole Europee, che pochi applicano in Italia, dovrebbe essere la caparbietà di una giunta che lotta per riposizionarsi nel panorama internazionale.

La RELISH srl, facendo un certo tipo di pubblicità al suo prodotto pretende di agire la rottura di presunti tabù, con l’effetto di cadere in un conformismo gaglioffo: pretende di farlo usando le parole per le quali siamo globalmente vilipese ed additate, e lo fa nella città che già lotta per riemergere da immagini di corruzione e sporcizia. La rappresentazione di donne che fanno orgogliosamente le “escort” è {{frutto del provincialismo}} di autori che non hanno forse compreso che quella parola ha perso ogni margine di dubbio, all’estero e in Italia, e che se leggessero i giornali saprebbero che quella parola più di ogni altra sottintende lo sfruttamento della prostituzione tal quale.

Dopo i poliziotti stupratori, i pubblicitari della RELISH, vorrebbero accogliere i turisti confermando il peggior luogo comune che accompagna la nostra immagine all’estero.

Alcune aziende locali, tra cui FRACOMINA che ha affidato la sua campagna “ad un artista noto per il suo spirito liberale verso le donne”, hanno ingaggiato da anni un braccio di ferro con la bellezza, l’intelligenza, il decoro delle donne napoletane, facendo perdere tutti e la città nel suo complesso.

Le idee che stanno prima della politica vengono ancorate alle coscienze con le immagini, con quelle si aprono le porte a ciò che pareva impensabile. I pubblicitari, in questo senso, hanno compreso con grande tempestività, anticipando la politica, che {{alle immagini possono essere affidati messaggi la cui forza è la loro stessa immediatezza}}, l’anteposizione della pulsione alla critica e la debordanza della suggestione, quest’ultima studiata a tavolino.

Chi rappresenta male le donne di questo paese, chi rappresenta la legittimità della gioiosa repubblica dei tenutari, chi rappresenta la prostituzione come uno sbocco lavorativo, sono gli stessi che per anni hanno esaltato l’arte di arrangiarsi, dei piccoli imbrogli, che hanno esaltato il primato della furbizia sull’intelligenza e i saperi. Sono gli stessi che vogliono un paese senza orgoglio né pensiero.

Un branco di animali col corpo da uomo, sebbene rappresentati con le forme care alle illustrazioni dei libri di favole (Toscani ha dimenticato il riccio?) che brandiscono un corpo di donna è un’immagine infamante per uomini e donne, e non ha nulla di ironico, se non{{ l’eterna domanda degli stranieri di scalo a Napoli }} : “ Ma qui non ci sono le femministe?” .
Dove siamo o dove siano in pochi vogliono davvero saperlo, ma il fatto che ci siamo, davvero, è una delle buone cose di questo Paese.