Il 16 febbraio Sos Infertilità Onlus ha tenuto a Milano il Convegno: “Cosa non si fa per i figli! I viaggi per la provetta, come, quanti e perché”, moderato da Chiara Valentini e Lisa Corva.Sono emersi dati e riflessioni importanti, dai quali risulta evidente come oggi siano in gioco diritti acquisiti e costituzionalmente garantiti relativi al ruolo delle donne in quella che dovrebbe essere considerata una sfera autonoma di decisione e di responsabilità vale a dire il desiderio e la possibilità di avere un figlio e portare avanti una gravidanza.

{{La situazione è sconfortante per diverse ragioni}}: per le difficoltà di cambiare la Legge 40/2004 a causa dello stallo parlamentare e dal contemporaneo rischio di veder modificare la legge 194/78; per il dibattito pubblico e politico caratterizzato da atteggiamenti ingiuriosi e calunniosi con accuse alle donne e alle coppie di voler sopprimere esseri umani e di fare eugenetica; per l’aumento di viaggi in altri paesi per poter avere un figlio in condizioni normali.

Le associazioni presenti all’incontro riconoscono che sia necessario avviare una nuova stagione che le veda maggiormente protagoniste per:

– {{sconfiggere la situazione di solitudine}}, isolamento e amarezza delle coppie infertili e portatrici di malattie genetiche, organizzando una rete di assistenza e solidarietà;
– {{modificare la Legge 40/04}}, attraverso la promozione di azioni legali al fine di accedere alla diagnosi pre-impianto e di eliminare gi obblighi relativi all’imposizione dell’ impianto obbligatorio di 3 embrioni qualsiasi siano le condizioni di salute e di età della donna:
– {{intervenire per informare le coppie e in particolare le donne sui loro diritti}} e sulle corrette procedure di procreazione medicalmente assistita così da essere consapevoli nell’accesso ai centri medici sia italiani che esteri;
– {{difendere la Legge 194/78}}, facendola applicare in tutte le Regioni italiane.

{{Nicoletta Vigorelli}}, Responsabile delle Politiche di Genere della Provincia di Milano colloca, nei saluti Istituzionali, la tematica del Convegno tra quelle attualmente più importanti per le donne.
E {{Rossella Bartolucci}}, Presidente Sos Infertilità Onlus, prima di lasciare la guida alle due moderatrici, Chiara Valentini, L’Espresso (autrice di “La fecondazione proibita”) e Lisa Corva, scrittrice (“Confessioni di un’aspirante madre” e “Glam Cheap”) e giornalista, entrambe esperte della tematica, sottolinea come, in un’attualità come questa, in cui si è {{in attesa delle nuove Linee Guida della Legge 40}} che il Ministro della Salute dovrebbe già aver emanato e in cui si mette in dubbio una legge come la 194, vero cardine della maternità serena e consapevole, un tale Convegn, che affronta la tematica Legge 40 da più punti di vista, possa fornire importanti contenuti al dibattito.

{{Il riconoscimento dell’infertilità come patologia che genera sofferenza}}. Questa una delle finalità di [Fertility Europe->http://www.fertilityeurope.eu/], Organizzazione europea di pazienti infertili di cui Conrad Engler, intervenuto al Convegno, è segretario, indubbia finalità-cardine anche per noi.

Affrontando il tema delle {{migrazioni “procreative”}} da una irrinunciabile prospettiva Europea, Engler prosegue: “noi vogliamo mostrare come l’estrema disparità delle Legislazioni in materia di procreazione assistita nei vari Paesi Europei, da Leggi liberali come quella spagnola e inglese a leggi fortemente restrittive come quella italiana, seguita a ruota dalla svizzera e dalla tedesca, dia origine all’incremento del cosiddetto “turismo procreativo” attraverso l’Europa, con un {{forte impatto negativo sulle coppie infertili}} coinvolte e su donatori/donatrici di gameti dei paesi più poveri, meta essi stessi, sempre più gettonata per i prezzi bassi, della “migrazione”, termine saggiamente suggerito da Emanuele Levi Setti, di aspiranti genitori.”

{{Elisabetta Chelo}}, Centro Medico Cerva di Milano, sottolineando, con giusta e amara ironia, che nessuno parlerebbe di “turismo cardiologico” o “turismo ortopedico” per chi va all’estero a farsi operare al cuore o al ginocchio e che invece si accetta supinamente questa triste definizione di “turismo procreativo” per chi, obbligato da una Legge, va a curarsi l’infertilità, racconta delle 470 coppie passate dal suo centro e dal Centro Demetra di Firenze poi “migrate” oltrefrontiera: {{193 per accedere alla donazione di ovociti}}, per infertilità femminile, {{101 per donazione di seme}}, in casi gravissimi di infertilità maschile, {{164 per fecondazione assistita omologa}} con la speranza di aumentare le percentuali di successo grazie alla possibilità di fecondare tutti gli ovociti e congelare gli embrioni (in realtà, solo l’8,2% di queste coppie hanno avuto i loro embrioni crioconservati) e 12 per necessità di diagnosi preimpianto (nessuna di queste coppie ha avuto una gravidanza a termine).

Continuando l’affresco dei “viaggi per un figlio”, {{Andrea Borini}}, Tecnobios Bologna e Presidente dell’{{Osservatorio per il Turismo Procreativo}}, analizza il fenomeno partendo proprio dai Centri esteri che accolgono le coppie italiane, 21 quelli più significativi usati per la ricerca, che, se prima della Legge 40 vedevano 1315 aspiranti genitori del nostro paese in un anno, l’anno seguente all’applicazione della Legge ne hanno visti 3610, il 200% in più.

Borini sottolinea la necessità, da parte delle Associazioni di pazienti, di {{fare della corretta informazione sull’opportunità o meno di migrare}} e anche su, eventualmente, dove, aiutando chi soffre di infertilità a non cadere in situazioni all’apparenza attraenti per prezzi bassi, liste d’attesa minime, comodità, scegliendo un centro, italiano o straniero, in base alle informazioni importanti: {{efficacia delle cure, percentuali reali di gravidanza}}.

Anche Sos Infertilità Onlus, nella relazione di {{Stefania Aulicino e Stefania Grandi}}, offre la possibilità di riflettere su chi, come e perché va all’estero, presentando i dati preliminari di uno studio destinato all’ESHRE di Barcellona 2008, condotto tra pazienti, soci e utenti delle associazioni, attraverso la diffusione di un questionario fatta anche attraverso la {{linea verde-infertilità (800.097999)}}:
_ l’{{83% di chi si reca all’estero, lo fa per le tecniche proibite dalla legge}} (teniche eterologhe e diagnosi preimpianto), mentre {{solo il 17% lo fa per migliorare i risultati delle tecniche omologhe}}.

E, come da copione, l’{{81,8% di chi espatria non ha problemi economici contro un 18,2% che invece fa grossi sacrifici}} per realizzare fuori Italia quel sacrosanto sogno di un figlio, come a dire che si è creata una grande disparità di trattamento tra ceti alti e ceti bassi.
_ Da una lettura globale dei dati, si nota una confusione, una mancanza di corretta informazione sui reali vantaggi della pma fatta all’estero, soprattutto da parte di quelli che hanno iniziato il percorso di fecondazione assistita dopo la Legge 40 e che quindi non ne comprendono compiutamente i limiti: {{si impone l’incremento di campagne informative}} come quella che Sos Infertilità e Osservatorio Donna della Provincia di Milano lanceranno in primavera, in occasione del secondo compleanno della loro collaborazione.

Ma, chi va in Svizzera/Spagna/Grecia/Turchia a concepire un figlio, oltre ad indubbi danni economici, {{quali danni subisce?}}
“Indubbiamente quelli psicologici”, ci rispondono Cristiana Dorsi, psicologa psicoterapeuta e Simona Capurso, psicologa, affermando che “in nome di una regolamentazione necessaria, sembra essere messa in secondo piano la degnità di una donna e di un uomo di essere semplicemente genitori”, sottolineando poi il {{senso di clandestinità}} indotto da una legge troppo restrittiva nelle coppie che si trovano già in una condizione di imbarazzo e di sofferenza e che devono oltretutto affrontare l’ingiusto peso di essere dei fuorilegge.

Questo Convegno vuole anche sfatare falsi miti, come quello del “con il progredire delle tecniche, l’infertilità maschile si cura sempre e non c’è più bisogno di donazione di seme”.
_ {{Giovanni Beretta}}, andrologo, Centro Medico Cerva di Milano, afferma che sì, c’è ancora spazio per la fecondazione con donatore, in quei casi di assenza totale di spermatozoi, anche dal testicolo (azoospermia non ostruttiva) in cui a volte si tentano fecondazioni in vitro con gli spermatidi (cellule del testicolo che si trasformeranno in spermatozoo) rotondi o allungati (ROSI o ELSI): Beretta consiglia prudenza, perché, oltre alle bassissime percentuali di gravidanza che tali tecniche danno, ci sono studi che mostrano come gli embrioni che ne derivano siano per il 70% affetti da aneuploidie.
_ Quindi, conclude il dottore, “riserviamo la sperimentazione ai primati” e, in questi casi, pensiamo piuttosto alla donazione di seme per le coppie.

Direttamente dai paesi più gettonati dalle coppie Italiane, Marinella Rosselli, Centro Endomed, Bellinzona (CH) e Braulio Peramo, Clinica Tambre, Madrid (ES), ci raccontano cosa succede da loro.
_ {{Rosselli ci da i dettagli della Legge Svizzera}}, tanto restrittiva da esigere il certificato di matrimonio dalle coppie che vogliono accedere alla procreazione assistita e da non ammettere ovodonazione e diagnosi preimpianto: e tuttavia, si può crioconservare lo zigote e accedere al seme di donatore, e tanto è sufficiente per fare della Svizzera una meta di migrazione procreativa delle coppie del Nord Italia. Da dati statistici svizzeri, sono il {{17% delle coppie trattate a provenire da paesi diversi dalla Svizzera}}.

Peramo ci spiega invece {{quando c’è bisogno di ricorrere all’ovodonazione}}: in casi oncologici, in cui si siano dovute asportare le ovaie, in casi di endometriosi grave, in casi in cui l’aspirante madre abbia un’età in cui i suoi ovociti non sono più così fertili; ci racconta poi del rispetto che portano alle donatrici che, in quanto non malate esse stesse di infertilità, vengono trattate con stimolazioni ormonali blande, che non arrechino loro danno, in modo da far loro produrre un massimo di 8-10 ovociti.

Un punto di vista originale sull’argomento viene portato da Paolo Emanuele Levi Setti, Istituto Clinico Humanitas, Rozzano (MI) che, corroborato dai corposi dati del Centro di Medicina della Riproduzione da lui diretto, da una risposta al quesito “I pazienti che abbandonano la pma, lo fanno per andare all’estero?”. La sua risposta è non necessariamente, perché il fenomeno dell’abbandono, il cosiddetto drop out, esisteva anche prima della Legge 40, e per recarsi in un altro centro, italiano o straniero, e per la fatica di accettare la frustrazione di ripetuti fallimenti, un fenomeno che riguarda il 29,9% delle coppie dopo il primo ciclo e il 43,8% dopo il terzo.

Il messaggio che Levi Setti lancia ai pazienti, secondo lui non informati a dovere, è di essere coscienti che {{non riuscire ai primi tentativi non significa non riuscire mai}}: dati ancora non pubblicati dell’Humanitas, mostrano che il tasso cumulativo di gravidanza reale dopo 6 cicli di fecondazione assistita è del 45%, tasso che sarebbe salito al 58% se tutte le coppie avessero completato i 6 cicli invece di abbandonare.
E non ha abbandonato, ma è forzatamente “migrato” assieme alla moglie Sandra, Davide Sgroi, associazione Hera, coppia fertile ma ad alto rischio (1 su 4) di concepire un figlio affetto da Talassemia Major: e il viaggio, ahinoi, in Turchia (che l’Islam sia in questo meno fondamentalista di noi?), per fare la diagnosi preimpianto, ha dato vita alla felicità più grande, la gravidanza, di cui Davide ci racconta con voce rotta dall’emozione.

In uno scoppiettante duetto, Guglielmo Ragusa, Ospedale San Paolo, Milano e Enza Brunetti, paziente, Sos Infertilità Onlus attaccano e difendono I{{nternet come fonte di informazioni ai pazienti}}, con i suoi forum e le sue chat. Ragusa attacca, definisce Internet novello oracolo cui si da più fiducia che al medico, pretendendo poi che il medico esegua quanto ordinato dall’esperto virtuale o dall’amica conosciuta in chat che ci è riuscita. Brunetti di rimando sottolinea la grande utilità per i pazienti della libera informazione possibile solo in internet, in cui i pazienti si scambiano esperienze e opinioni, non sempre positive, su centri, medici, protocolli di cura e, soprattutto l’ineguagliabile empatia, mutua comprensione e consolazione che le infertili, finalmente non più sole in mezzo ad un mondo ostile popolato di irraggiungibili pancioni esibiti e passeggini di tutti i modelli, si offrono l’un l’altra.
_ Naturalmente, un tale Convegno, non può non contenere una riflessione sull’atteggiamento delle Istituzioni verso questi temi e un’attenta spiegazione della Legge 40 stessa.

E’ Claudia Livi, Centro Demetra di Firenze a mostrarci come, prima della Legge 40, la tematica, grazie alle Normative Regionali, al {{Codice di Autoregolamentazione Cecos}} e al Codice Deontologico FNOMcEO fosse in realtà ben normata e ben lontana dal “Far West” di cui calunniosamente si parlava.
_ Secondo {{Livi}}, è proprio {{dopo la Legge stessa che si è creata una situazione confusa}}, in cui i criteri organizzativi sono stati demandati alle Regioni che avrebbero dovuto emanarli entro 3 mesi, “ma chi ha controllato?”, – si chiede la Dottoressa-; in cui alcune Regioni hanno fornito limiti di età e di numero di cicli, per la pma fatta a carico del SSN e altre no, dando così vita ad un fenomeno di migrazione interregionale; in cui non è chiaro se i farmaci induttori dell’ovulazione siano prescirivibili a carico del SSN anche per chi va all’estero (e perché no, poi? In fondo, la Nota 74 che ne regola la prescrizione richiede come condizione la diagnosi d’infertilità, non definisce il luogo di cura) e nemmeno se i centri italiani siano autorizzati ad eseguire il monitoraggio dell’ovulazione a pazienti che effettueranno la pma in un centro estero, più o meno dichiaratamente.

E il fulcro di tutto questo, di queste migrazioni, di questi figli in meno, di questa confusione, la Legge 40 con tutti i ricorsi che ha generato, con la recente Sentenza del Tar del Lazio che ha annullato le Linee Guida, vere responsabili del divieto di Diagnosi Preimpianto, sono state oggetto della chiara riflessione di Maria Paola Costantini, Avvocato, Cittadinanzattiva Toscana.
_ {{Costantini}}, soddisfatta per la suddetta Sentenza del Tar, che ha il grande merito di rimandare la Legge con l’Art. 14, che limita il numero di ovociti da fecondare e impone il numero di embrioni da trasferire, alla Corte Costituzionale, ne sottolinea un passaggio fondamentale quello in cui “La sentenza affronta un punto che ha un suo interesse specifico: il {{contrasto esistente tra l’intento di favorire le gravidanze e la predisposizione di così tanti divieti e obblighi}} da far risultare inefficace la tecnica e soprattutto da produrre sulle donne e i nascituri rischi e danni rilevanti. Ciò in {{contrasto con l’art. 32 della Costituzione}} italiana che tutela la salute e con l’art. 3 sempre della Costituzione relativo al principio di uguaglianza. Nella legge, infatti, non si prendono in esame le differenti condizioni (età e situazione sanitaria) della donna che accede alle tecniche di fecondazione assistita imponendo al medico un comportamento uniforme che risulta anche in contraddizione con le regole deontologiche oltre che giuridiche.