Roma, Casa internazionale delle donne, giovedì 12 febbraio scorso terzo appuntamento del progetto “I racconti del lavoro invisibile”.
In materia di invisibilità forse le più invisibili sono le collaboratrici domestiche e le “badanti” che lavorano nelle nostre case, assistono i bambini, i vecchi, i malati. Nelle case diventano davvero invisibili, come invisibile ai nostri occhi è anche quanto si lasciano alle spalle, i loro bambini, i loro mariti, le loro famiglie, i loro affetti. Gli stessi affetti che hanno lasciato a casa i tanti uomini italiani che sono emigrati nel secolo scorso, in America, in Svizzera, in Germania. Le mogli che restavano al paese le chiamavano vedove bianche, orfani bianchi i bambini con il padre lontano.

Di questo si è parlato, su questo hanno parlato i film proiettati e i racconti letti in assemblea.

Sono state messe a confronto due nazioni: l’Italia degli anni 50-60, dove erano gli uomini a partire, e la Moldavia di oggi, dove sono le donne a partire. I documentari Deserto di uomini e Vedove bianche ci hanno mostrato il passato di un Sud dell’Italia senza padri e senza mariti, molto simile all’attualità di un villaggio moldavo in cui invece sono le donne che sono assenti, dove i bambini crescono con i nonni o con i padri, oppure in famiglie o case di accoglienza, con la sindrome degli orfani bianchi, così come le loro madri, che, quando tornano a casa, hanno la cosiddetta “sindrome italiana”, disadattate in patria e in Italia. Ce l’hanno raccontato Federica Araco, autrice del reportage fotografico e narrativo Draga Mama, e Tatiana Nogalic, presidente dell’associazione Assomoldave.

Dal racconto della scuola di italiano e delle esperienze di socializzazione con donne straniere, realizzate dall’associazione Asinitas, ne è nato un libro, Parole Alate – lo stesso titolo del progetto svoltosi alla Casa internazionale delle donne – ricchissimo di indicazioni di metodologia didattica e di testimonianze che ne confermano la validità, in termini di partecipazione e di costruzione di comunità interculturali. Al centro delle scuole di italiano di Asinitas sta la narrazione autobiografica, con la quale si impara la lingua del paese di accoglienza, ci si fa conoscere e si conoscono le altre, si sviluppano relazioni e percorsi comuni di crescita; queste stesse narrazioni autobiografiche delle donne straniere che hanno frequentato i corsi sono state lette durante l’incontro. Le giovani donne moldave, ucraine, rumene, che frequentano il corso di italiano di quest’anno, hanno partecipato con grande interesse.

(isabella peretti)