Quanto scrivo di seguito, è dettato dalla cronaca genovese di venerdì 8
agosto 2008, con il presidio leghista, con l’europarlamentare
Borghezio contro la moschea, in piazza della Commenda al grido di
“Genova cristiana mai musulmana” e per far conoscere chi è {{Norma
Bertullacelli}} che fa parte della rete controg8 e di un gruppo di
pacifisti e di antirazzisti genovesi, una cinquantina in tutto, che
hanno distribuito volantini proprio davanti alla Commenda tra i gazebo
della Lega Nord e conclusasi con lei {{seduta sul marciapiede e trascinata
via dai poliziotti.}}

Il {{24 maggio del 99,}} cinque pacifisti genovesi, il più noto dei quali era
certamente Don Andrea Gallo, depositarono presso la Procura della
Repubblica un atto di denuncia nei confronti del presidente del
Consiglio Massimo d’Alema, per violazione di alcuni articoli della
Costituzione italiana. Tra questi cinque, c’era Norma Bertullacelli
nata e residente a Genova, insegnante elementare e storica pacifista
genovese. Denunciavano e motivavano:”Dal 24 marzo 1999 sono iniziati i
bombardamenti, decisi dal Comando Generale della N.A.T.O., sul
territorio della Repubblica Federale Yugoslava. Nel corso di queste
azioni l’Italia ha svolto un ruolo attivo, non solo fornendo le basi
operative per le missioni aeree, ma partecipando direttamente con i
propri bombardieri ai raid sul territorio della Yugoslavia”. Citarono l
espressione del Presidente del Consiglio “in guerra ci si difende con
le armi”, osservando che la Costituzione italiana ripudia la guerra
quale strumento di risoluzione delle controversie internazionali
(art.11), ma sottolineando anche come non siano state neppure rispettate
le procedure “formali” che la Costituzione elenca per l’entrata in
guerra del nostro paese.

{{Saltando al 20 luglio 2001}}, a Genova, mi ritrovai con mia figlia e i suoi
amici a Piazza Portello, dove eravamo in centinaia e almeno il nostro
gruppo senza aver convenuto niente prima. Si svolse lì, e c’era Norma
che ancora non conoscevo con la {{Rete controg8 per la globalizzazione dei
diritti}}, un’azione diretta nonviolenta per gruppi di affinità,
bloccando il cancello che metteva in comunicazione Piazza Portello con
la zona rossa. Avevano deciso a marzo del 2001 “Lanciamo una tre giorni
di assedio nonviolento al g8. Li lasciamo entrare (i partecipanti al
vertice) e li circondiamo lungo il perimetro della zona rossa, o nel
luogo piu’ vicino che riusciremo a raggiungere. Li’ ci sediamo e non
ce ne andiamo piu’, fino alla fine del g8 o fino a che non ci spostano:
se vogliono entrare o uscire devono attraversarci ed ascoltarci (oppure
entrare e uscire “di nascosto”, via mare o simili; lo stesso dicasi se
vogliono andare a teatro, o alla sfilata di moda a Portofino o dove
vogliono loro). Una volta che ci siamo messi comodi, diamo inizio al
“public forum”, ma lo facciamo in piazza: cosi’ rendiamo anche
evidente che li assediamo con i nostri corpi e con gli strumenti della
parola”.
Nello stesso giorno, mentre ci muovemmo dopo ore di presidio a Piazza
Portello, morì Carlo Giuliani. Ci aspettavano altre infami giornate,
anni di informazione sommersa, e riemersioni deviate.

{{Siamo ad agosto}}, e ieri venerdì 8 del mese, lascio alle parole di
Raffaele Riverso, la cronaca genovese, che titola “Soltanto noi a
difendere la Cristianità”:
“È con la profanazione dell´altare della chiesa di San Giovanni che
Mario Borghezio conclude la sua partecipazione al presidio leghista
contro la
moschea, in piazza della Commenda: «Noi cavalieri combattenti giuriamo di
difendere sempre e comunque e con ogni mezzo necessario la Commenda di
Prè per la difesa della cristianità dalla profanazione dell´islam. Lo
giuro». Al giuramento ha partecipato anche Francesco Bruzzone, segretario
regionale del Carroccio. Assieme ai due decani anche due giovani leghisti
che, per dare maggiore sacralità al rito, avevano il compito di reggere
le
bandiere con il guerriero di Giussano. Borghezio era arrivato, incitato
dallo slogan “Genova cristiana mai musulmana”, con il dito medio
alzato e con il gesto dell´ombrello: «Questo è per la signora Vincenzi e
per tutti quelli che vogliono la moschea. Il nostro dovere è quello di
preservare i nostri valori. Non abbiamo paura di queste merdacce.
Scateneremo un´intifada al contrario». L´intervento di Borghezio «in
questo giorno di orgoglio e appartenenza» è un inno retorico rivolto ai
«patrioti liguri» che si battono per la gloria «della Repubblica di
Genova» contro «la profanazione dei luoghi simbolici e i tentativi
immondi». Prima di fare irruzione nella chiesa di San Giovanni,
l´esponente della Lega ha ricordato che «le peggiori profezie della
Fallaci si stanno avverando» e che se gli eventi lo richiederanno «siamo
disposti a impugnare la spada di Giussano per fare pulizia etnica».
Bruzzone ha proposto «di destinare l´esercito al centro storico». E poi:
«Perché non destiniamo la Commenda a una scuola della lingua ligure o a
un museo della storia della città?». Bruno Ravera, fondatore della Lega
ligure, ha replicato a quanti accusano la Lega di intolleranza che «noi
non odiamo nessuno, però la moschea non la vogliamo né qui né altrove.
Non ci fermeremo davanti a niente e se necessario li cacceremo a calci
nel culo».

Prima dell´arrivo di Borghezio i{{ gruppi pacifisti della città}} hanno
distribuito in piazza della Commenda un volantino con l´articolo 8 della
Costituzione che sancisce «l´uguaglianza di tutte le religioni davanti
alla legge». Momenti di tensione quando {{Norma Bertullacelli}} si è
avvicinata al gazebo leghista per consegnare il volantino. I figli del
Po non l´hanno presa bene: «Perché venite a rompere i coglioni ai
comizi altrui?», ha intercalato Bruno Ferraccioli, del direttivo
provinciale leghista. A questo punto sono dovute intervenire le forze
dell´ordine per far tornare la situazione alla normalità. Prima {{gli
uomini della Digos hanno spostato la pacifista che si era sdraiata per
terra.}} Poi i carabinieri e la polizia hanno formato un cordone per
evitare che le due fazioni potessero arrivare al contatto. Prima di
andare via Borghezio, come Berlusconi a Napoli, ha raccolto un po´ di
immondizia davanti alla Commenda: «Questo è un simbolo, ora puliamo
tutta Genova».

Da anni, non saprei conteggiarli, {{Norma Bertullacelli e i compagni
genovesi, redigono un volantino aggiornato mensilmente}} e siedono di
solito il mercoledì dalle 18 alle 19 sui gradini del palazzo ducale di
Genova, un’ora in silenzio per la pace. L’ho incontrata sempre, dopo
quel 20 luglio 2001, non solo a Genova e in Rete. {{Si continua a
camminare, sempre più in ripida e franosa salita ma insieme}}.