La crisi globale che investe l’intero pianeta chiede di affrontare in modo del tutto nuovo il tema della cooperazione internazionale.Occorre un’altra idea di economia e un’idea di un’altra buona politica.La povertà e le diseguaglianze aumentano nel mondo anziché diminuire e al degrado ambientale si accompagna il degrado dell’essere umano.
_ Occorre procedere con un nuovo passo e un diverso approccio.
_ Ma il governo nazionale del Paese procede verso il sostanziale smantellamento della cooperazione internazionale operando drastici tagli ai finanziamenti e privilegiando attività di cooperazione civile- militare nelle aree dove sono presenti le nostre missioni e quelle per frenare e controllare i flussi migratori. I finanziamenti per i progetti delle Ong sono sempre più ridotti.

Rispetto al 2008 il Ministero Affari Esteri (Mae) nel 2009 registra un {{decremento di fondi pari al 56% e un meno 71% nel 2010}}.
_ E anche i fondi alle organizzazioni multilaterali subiscono pesanti ridimensionamenti.

Sarebbe necessaria una forte e larga ripresa di parola attorno a questi elementi così importanti per la politica estera del nostro Paese. Una convocazione di Stati generali di tutte le organizzazioni sociali, Ong, comunità di migranti, sindacati, esperienze di movimento che agiscono sul campo per rifondare una proposta all’altezza dei tempi.
Ma la crisi è internazionale. E la politica da ridisegnare deve essere globale.

Nel 2000 un vertice solenne dell’Onu adottò gli [Obiettivi del Millennio->http://www.campagnadelmillennio.it]: i famosi 8 traguardi per combattere la povertà e l’esclusione. I leader dei 189 paesi si impegnarono a dare il loro contributo con stanziamenti specifici e programmi mirati in diversi ambiti per sconfiggere la fame e la mortalità infantile , promuovere il ruolo delle donne nella società, salvaguardare l’ambiente, innalzare il livello di istruzione.

Oggi siamo di fronte a un loro fallimento. {{La povertà cresce e crescono l’esclusione e la povertà relativa anche nei paesi sviluppati}}.

La {{finanziarizzazione dell’economia}} ha prodotto ovunque crisi e le misure proposte e attuate dall’Europa e dall’Italia per affrontarle ripropongono in larga parte politiche ingiuste e antipopolari, già fallite nel passato. Ma sono i paesi già impoveriti che continuano a pagare maggiormente gli effetti della crisi sul piano economico, sociale e democratico.

{{I processi di partecipazione alla vita politica e sociale rallentano }} anche perché si indebolisce la capacità di programmazione degli Stati e di rafforzamento dei sistemi nazionali, in particolare, per la salute e l’istruzione.

{{Il reddito pro capite}}, soprattutto in Africa rischia di non crescere più, dopo alcuni anni di tassi positivi, nonostante il Fondo di emergenza di circa 940 milioni di euro creato ad hoc dalla Banca Africana per lo sviluppo. E ‘invece essenziale assicurare un flusso certo di finanziamenti per compensare i minori investimenti privati e il minore accesso al credito.

Gli studi sul campo ci dicono che se un paese riceve il 2% del suo Pil in aiuto per le infrastrutture, il numero di persone che vivono sotto la soglia di povertà si riduce del 1,2%; il raddoppio dell’aiuto pro capite destinato alla salute riduce del 2% la mortalità infantile e l’incremento di aiuto pari a un punto percentuale del pil aumenta il 5% la partecipazione scolastica.

{{Servono, dunque, maggiori finanziamenti su programmi condivisi tra attori sociali e governi dei diversi Paesi}} superando l’odiosa gerarchia costruita tra Paesi “donatori“ e quelli “beneficiari” sia nei progetti bilaterali sia in quelli delle Agenzie Internazionali che troppo spesso hanno assunto una politica aggressiva di condizionamenti dei paesi donors.
_ Dove a dominare è sempre il punto di vista e il modello economico dei paesi più ricchi, anche quando sono attraversati dai flussi della crisi.

–Si pensi che ancora oggi la {{Wto chiama la comunità internazionale a un nuovo impegno per la liberalizzazione dei mercati}} e per ampliare la produzione destinata all’esportazione dei paesi africani innalzando la propria competitività interna (Valentine Rugwabiza, vice direttore generale WTO), in continuità con le politiche liberiste ormai in crisi anche nei Paesi ricchi.

All’opposto {{sono i mercati locali- regionali quelli che maggiormente devono essere aiutati a svilupparsi}} e ad aprirsi per meglio creare benessere, a partire dalle comunità marginalizzate e tenute subalterne. Si legge in un recente rapporto redatto dalle Nazioni U–nite dal titolo “[Land Grab or development opportunity?->http://www.ifad.org/pub/land/land_grab.pdf] che paesi come l’Arabia Saudita e Corea del sud preoccupati per la stabilità delle loro riserve alimentari stanno promuovendo l’acquisto di terreni agricoli in Paesi stranieri come alternativa all’acquisto di cibo sui mercati internazionali.
_ E paesi come Etiopia, Ghana, Mali, Sudan cedano la loro terra in cambio di vaghe promesse, mettendo in pericolo il loro futuro.

Perciò occorre prendere altre strade, orientate verso la costruzione di programmi quadro territoriali, co-decisi e partecipati dalle comunità interessate.
_ Programmi generali orientati a liberare energie e intelligenze e imprenditorie locali e a promuovere economie solidali e popolari.

{{
Occorre sostenere e sviluppare l’agricoltura rurale}}, oggi colpita dalle grandi multinazionali del cibo , promuovere commercio di area regionale e sovranità alimentare, così come la democrazia della terra.
_ C’è bisogno di {{programmi incentrati sul partenariato , sulla salvaguardia ambientale e della biodiversità}}, e sul riconoscimento dei diritti dei viventi , umani e non umani.

La nuova strategia deve saper{{ sempre più riconoscere e valorizzare l’esperienza e l’autonomia femminile}}, fondamentale per la crescita umana e la democrazia economica e politica. E’ qui il senso della Campagna per l’attribuzione del [premio Nobel per la pace alle donne africane->http://www.noppaw.net/]. Donne non solo vittime ma anche protagoniste.

Per l’efficacia degli interventi di questa nuova strategia, gli assi portanti su cui poggiare una nuova cooperazione andrebbero co-decisi in un quadro di nuovo multilateralismo, abbandonando sia l’idea assistenzialistica fine a se stessa, sia quella di dominio “neocoloniale” che favorisce solo i paesi sviluppati. Il prossimo vertice Onu , RIO+20, può rappresentare una occasione importante.

Lo stesso appuntamento di [Cochabamba->http://www.carta.org/campagne/dal+mondo/americhe/19414], conclusosi di recente, nelle sua dichiarazione finale indica una prospettiva utile. C’è il tentativo di creare una convergenza dei punti di vista dell’America latina sia in termini di governi che di movimenti, ricchi di elementi profondamente innovativi.

E di proiettarla già nei processi in campo per definire un possibile{{ nuovo accordo mondiale sul clima}} nel decisivo appuntamento di Cancun.

Anche il {{tema dell’acqua}} come recentemente avanzato con la proposta di un protocollo integrativo a quello di Kyoto rappresenta un punto cardine. La condizione già drammatica dell’accesso all’acqua è ulteriormente resa insostenibile dai mutamenti climatici che determinano un’ulteriore compromissione del ciclo idrico.

Per di più {{proprio sulle politiche per l’acqua sono in campo elementi particolarmente negativi}} come i processi di privatizzazione e pratiche inaccettabili di cooperazione compromesse in usi impropri come anche di veri e propri accaparramenti.

Un grande {{progetto di cooperazione pubblico-pubblico per l’accesso all’acqua}} può invece rappresentare un elemento capace di indicare un intero cambio di segno. Deve riprendere a questo proposito, con vigore, l’iniziativa per il riconoscimento in sede ONU dell’{{acqua come diritto umano e bene comune}}, privo di rilevanza economica.

{{La condizione dei migranti}} è direttamente connessa al segno complessivo della globalizzazione neoliberista. Siamo in presenza di una crescita imponente della condizione migratoria sia per ragioni di guerra, povertà e cambiamento climatico, sia per il realizzarsi di un mercato del lavoro globale che ha visto aumentare i lavoratori migranti nel mondo.
_ {{Cartina al tornasole del carattere reazionario di questa globalizzazione}} è proprio la condizione dei migranti e la asimmetria che si è determinata tra i vari fattori in campo nell’economia.

Libertà totale di movimento delle attività produttive, delle merci, dei capitali e non riconoscimento, anzi, {{negazione di tale diritto alla mobilità per le persone}}. C’è in campo la grande questione della cittadinanza comune, e dei diritti globali. In questo quadro e dentro questa prospettiva diventa essenziale per un nuova idea di cooperazione riconoscere come attori fondamentali coloro che da migranti abitano con noi gli stessi territori, città e campagne. E favorire l’incontro e il dialogo.

Anche perché non si può pensare a una idea progressiva di cooperazione e a iniziative di contrasto alla povertà separate e indifferenti al {{nuovo razzismo che sta attraversando il nostro Paese}}.

La cooperazione decentrata ha offerto in tanti anni un importante contributo alla costruzione e consolidamento delle relazioni comunitarie.
_ Le pratiche concretamente agite sui territori da Enti locali, Ong, associazioni, reti di volontariato, università sono state un patrimonio particolarmente prezioso proprio della cooperazione italiana. E questa pregevole esperienza rischia oggi un involuzione in assenza di finanziamenti adeguati e di un quadro propositivo di riferimento.

Ma {{sono proprio le esperienze territoriali a rappresentare l’elemento più fecondo}} perché capaci di leggere meglio sul campo i bisogni delle comunità locali . Queste, infatti, hanno un sapere specifico che sfugge spesso agli analisti di professione. Un sapere tradizionale intessuto di pratica sociale, che può tornare indispensabile per costruire programmi e progetti coordinati. {{Eppure assistiamo a un progressivo indebolimento di queste azioni}}.

Da qui bisogna ripartire. I diritti dei popoli indigeni, la cancellazione del debito, il {{riconoscimento del debito ecologico}}, la {{giustizia ecologica}}, le {{azioni civili di pace}}, l’{{economia solidale e sostenibile }} per il benessere delle popolazioni,autonomia e {{libertà femminile}} devono diventare perno centrale per caratterizzare la ripresa della nuova cooperazione e per rispondere positivamente alla crisi globale. E’ un grande impegno e una grande sfida. Molto difficile, ma bisogna provarci.