“Hey Baby” è il nome di un nuovo videogioco già in commercio in America. Protagonista una donna che, armi in pugno, può reagire ad ogni tipo di approccio molesto da parte dell’altro. “{Anni fa, mia madre mi regalò un proiettile. E io me lo misi nel taschino della giacca. Due anni dopo, stavo camminavo per strada, quando un fanatico evangelista dalla finestra di un albergo mi lanciò addosso una Bibbia, colpendomi al petto. La Bibbia mi avrebbe trapassato il cuore, se non fosse stato per il proiettile}” Woody Allen

“[Hey Baby->http://www.heybabygame.com/info.php]” è il nome di un nuovo videogioco già in commercio in America. Protagonista una donna che, armi in pugno, può reagire ad ogni tipo di approccio molesto da parte dell’altro.
_ La qualità è bassa, le ambientazioni angoscianti: ad ogni passante che ci si avvicina con proposte o commenti discutibili si può reagire a colpi di mitra e lanciafiamme, a quel punto al posto del passante molesto comparirà una pietra tombale con tanto di epitaffio riportante la frase incriminata.
_ Si converrà che a pochi minuti dall’inizio ci si ritroverà a passeggiare per un cimitero …

{{L’intento del videogioco }} è chiaro: “dice quel che deve dire sulle esperienze delle donne negli spazi pubblici. È un modo di attirare l’attenzione su un problema che in tante vivono” come spiega la stessa autrice, Suyin Looui, trentenne di origini asiatiche.
_ Difatti, il campionario di farsi usate nel gioco sono tratte dalla realtà, così come ad un episodio reale – uno dei tanti, insulsi, apprezzamenti sessuali a lei rivolti – si è ispirata l’autrice nel dar vita al gioco.

In America il dibattito è già acceso, tra chi lo ha già comprato (ben 50 mila) e chi invece lo ha ritenuto offensivo: ma ‘bene o male, purché se ne parli’, ci sembra il commento più appropriato.

A parere di chi scrive {{l’utilità del gioco non è discutibile}}, richiama l’attenzione su un aspetto della condizione femminile ancora poco conosciuto, ovvero fortemente sottovalutato: quello dell’impossibilità di frequentare spazi pubblici senza essere costantemente accompagnate da battutine, guardatine, fischi e commenti osceni.
_ E lo fa utilizzando il mezzo per eccellenza, l’unico in grado di stuzzicare l’interesse di tutti: la violenza.

Riteniamo, inoltre, che sia {{un ritratto irrinunciabile anche della secolare condizione maschile}}: non è impossibile che un uomo che sia solito apostrofare ogni signorina intenta a passeggiare non inizi a provare imbarazzo per quello che fa ritrovandosi a guardarsi da ‘fuori’; difatti il pregio primo di questo gioco è proprio quello di riuscire a denunciare un abuso senza eccitare la fantasia di chi ne usufruisce rendendolo un potenziale abusatore: una risposta involontaria a un altro videogame, {Rapelay il simulatore di stupri}, ideato in Giappone nel 2009 e ritirato dal commercio nel giro di qualche mese.

Concludiamo con la speranza che il dibattito accesosi in questi giorni valga come ulteriore spunto di riflessione circa le innumerevoli difficoltà con le quali le donne sono costrette a fare i conti quotidianamente; che non ci si indigni più solo e soltanto davanti all’eclatanza di uno stupro o di un femminicidio, ché questi, semmai, sono solo il tristo epilogo di tante dolorose storie.