Nella puntata del 18 settembre di Porta a Porta Lucia Panigalli è stata intervistata da Bruno Vespa, sul tentato femminicidio da cui è scampata circa dieci anni fa.

La scelta del suo caso, ragionevolmente, si pensava riconducibile al fatto che la signora ha presentato una proposta di modifica dell’art. 115 del Codice penale, che riguarda la concretizzazione di azioni propedeutiche rivolte a commettere un omicidio che poi non viene eseguito.

La proposta della Panigalli va a infatti a modificare la norma che avrebbe causato l’assoluzione del femminicida, che ha scontato la pena per averla pestata ed accoltellata, da una seconda imputazione per aver ordito in carcere il tentativo di portare a compimento l’uccisione della vittima attraverso un sicario al quale aveva già versato una somma in denaro. Commissionare un omicidio, sembra, non costituisca reato secondo la legge italiana.

Il caso presenta un interesse particolare proprio per questi motivi che tolgono dall’area dei generalismi il tema delle pene, spesso irrisorie, comminate ai femminicidi e ai violenti contro le donne.

Nella trasmissione di Porta a Porta, Vespa non ha mostrato di voler parlare di questo e ha seguito invece la traccia viziosa dello scavo nel reato già passato per l’aula di un tribunale e già punito, rappresentando concretamente la mentalità degli uomini che considerano veniali i reati violenti ed al contempo attribuiscono alle vittime l’enfatizzazione di ciò che hanno subito. Solo grazie all’insistenza garbata della signora Panigalli si è capita la ratio della sua presenza in trasmissione, trasmissione che era intenzionalmente l’occasione per ripetere stereotipi e vizi di un giornalismo guardone.

Il ruolo del giornalismo è, più volte, chiamato in causa nei protocolli e nelle strategie di contrasto al femminicidio ed altrettante volte si può constatare l’ipocrisia con la quale, per esempio, le raccomandazioni sull’uso del linguaggio vengono recepite.

Anche se in modo del tutto rituale viene ripetuto che la lotta al femminicidio è anche culturale, proprio chi ha il potere di suggestionare, diffondendo notizie e valori, si esprime con adagi arcaici e maschilisti.

È un simile giornalismo, probabilmente in contrasto col codice che qualifica la professione, che contribuisce a reiterare la coltivazione della violenza maschile, avvertita come elemento necessario al mantenimento dell’ordine sociale.

La violenza maschile è un dato strutturale, come dimostra l’affidamento di trasmissioni di punta, da parte del servizio pubblico, a soggetti che cercano come Vespa il consenso di chi non vuole cambiare le cose.

UDI di Napoli, Resistenza Femminista, Ass. Salute Donna, Arcidonna, Associazione Iroko

Napoli 20 set. 19