Pubblichiamo il testo di una lettera di protesta contro l’ incontro programmato per il prossimo 12 giugno tra il leader libico Gheddafi e 700 donne italiane scelte da deputate, imprenditrici e semplici casalinghe guidate da Mara Carfagna e dalla presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia.Al Leader della Gran Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista

(Per conoscenza,
alle e ai rappresentati del governo italiano e dell’Unione europea)

Gentile Muammar Gheddafi,

noi non facciamo né vogliamo far parte delle 700 donne che lei ha chiesto di
incontrare il 12 giugno durante la sua visita in Italia.
_ Siamo, infatti, donne
italiane, di vari paesi europei e africani estremamente preoccupate e scandalizzate
per le politiche che il suo Paese, con la complicità dell’Italia e dell’Unione
europea, sta attuando nei confronti delle donne e degli uomini di origine africana e
non, attualmente presenti in Libia, con l’intenzione di rimanervi per un lavoro o
semplicemente di transitarvi per raggiungere l’Europa.

Siamo a conoscenza dei
continui rastrellamenti, delle deportazioni delle e dei migranti attraverso
container blindati verso le frontiere Sud del suo paese, delle violenze, della
“vendita” di uomini e donne ai trafficanti, della complicità della sua polizia nel
permettere o nell’impedire il transito delle e dei migranti.

Ma soprattutto siamo a
conoscenza degli innumerevoli campi di concentramento, a volte di lavoro forzato,
alcuni finanziati dall’Italia, in cui donne e uomini subiscono violenze di ogni
tipo, per mesi, a volte addirittura per anni, prima di subire la deportazione o di
essere rilasciati/e.

Alcune di noi quei campi li hanno conosciuti e, giunte in
Italia, li hanno testimoniati.
_ Tra tutte le parole e i racconti che abbiamo fatto in varie occasioni, istituzionali
e non, o tra tutte le parole e i racconti che abbiamo ascoltato, scegliamo quelli
che anche Lei, insieme alle 700 donne che incontrerà, potrà leggere o ascoltare.

[Fatawhit, Eritrea->http://www.storiemigranti.org/spip.php?article67] : “Il trasferimento da una prigione all’altra si effettuava con un
pulmino dove erano ammassate 90 persone. Il viaggio è durato tre giorni e tre notti,
non c’erano finestre e non avevamo niente da bere. Ho visto donne bere l’urina dei
propri mariti perché stavano morendo di disidratazione. A Misratah ho visto delle
persone morire. A Kufra le condizioni di vita erano molto dure (…) Ho visto molte
donne violentate, i poliziotti entravano nella stanza, prendevano una donna e la
violentavano in gruppo davanti a tutti. Non facevano alcuna distinzione tra donne
sposate e donne sole. Molte di loro sono rimaste incinte e molte di loro sono state
obbligate a subire un aborto, fatto nella clandestinità, mettendo a forte rischio la
propria vita. Ho visto molte donne piangere perché i loro mariti erano picchiati, ma
non serviva a fermare i colpi dei manganelli sulle loro schiene. (…)
L’unico metodo
per uscire dalle prigione libiche è pagare.”

[Saberen, Eritrea->http://www.storiemigranti.org/spip.php?article67]: “Una volta
stavo cercando di difendere mio fratello dai colpi di manganello e hanno picchiato
anche me, sfregiandomi il viso. Una delle pratiche utilizzate in questa prigione era
quella delle manganellate sulla palma del piede, punto particolarmente sensibile al
dolore. Per uscire ho dovuto pagare 500 dollari.”

{{ Tifirke, Etiopia}}: “Siamo state
picchiate e abusate, è così per tutte le donne”. (Dal film “Come un uomo sulla
terra”).

Siamo consapevoli, anche, che Lei e il suo Paese non siete gli unici responsabili di
tali politiche, dal momento che gli accordi da Lei sottoscritti con il governo
italiano prevedono ingenti finanziamenti da parte dell’Italia affinché esse
continuino ad attuarsi e si inaspriscano nei prossimi mesi e anni in modo da
bloccare gli arrivi dei migranti sulle coste italiane; dal momento, inoltre, che
l’Unione europea, attraverso le sue massime cariche, si è espressa in diverse
occasioni a favore di una maggiore collaborazione con il suo Paese per fermare le
migrazioni verso l’Europa.

Facciamo presente innanzitutto a Lei, però, e per
conoscenza alle e ai rappresentati del governo italiano, alle ministre e alle altre
rappresentanti del popolo italiano che Lei incontrerà in questa occasione, così come
alle e ai rappresentanti dell’Unione europea, una nostra ulteriore consapevolezza:
quella per cui fare parte della comunità umana, composta da donne e uomini di
diverse parti del mondo, significa condividere le condizioni di possibilità della
sua esistenza.

Tra queste, la prima e fondamentale, è che ogni donna, ogni uomo,
ogni bambino, venga considerato un essere umano e rispettato/a in quanto tale.

Finché tale condizione non verrà considerata da Lei né dalle autorità italiane ed
europee noi continueremo a contestare e a combattere le politiche dell’Italia, della
Libia e dell’Unione europea che violano costantemente i principi che stanno alla
base della sua esistenza e fino a quel momento, quindi, non avremo alcuna voglia di
incontrarla ritenendo Lei uno dei principali e diretti responsabili delle pratiche
disumane nei confronti di una parte dell’umanità.

– {{Firmatarie}}:

Federica Sossi, Alessandra Sciurba, Isabelle Saint-Saens, Glenda Garelli, Anna Simone, Floriana Lipparini, Cristina Papa, Enrica Rigo, Maria VIttoria Tessitore, Barbara Bee, Maddalena Bonelli, Chiara Gattullo, Elisa Coco, Gabriella Ghermandi, Elisabetta Lepore, Barbara D’Ippolito, Paola Meneganti, Anna Maria Rivera, Judith Revel, Vanessa Giannotti, Enza Panebianco, Angela Pallone, Di Lauro Gabriella, Sara Prestianni, Valentina Maddalena, Maria Iorio, Annalisa Caffa, M.Cristina Di Canio, Barbara Romagnoli, Alessia Montuori,

– {{Per adesioni individuali}} semir@libero.it )