Genova 23 luglio: Oltre trentamila partecipanti, donne e uomini da ogni parte d’Italia , molte/i delle /dei quali tanto giovani da non poter esserci 10 anni fa. A dire forse che “le idee di cambiamento non moriranno mai”. “Nicoletta?! Che bello incontrarti qui, ci speravo” E’ stata Mercedes la prima delle tantissime e dei tantissimi amici (anche alcuni comaschi che a Como vedo ormai raramente…) che ho incontrato nella bella manifestazione di Genova, sabato 23 luglio 2011, 10 anni dopo quella in cui, mentre “chiedevamo un altro mondo possibile” , abbiamo sentito sulla nostra pelle la violenza del “potere costituito”. Soprattutto l’ha sentita Carlo Giuliani, ragazzo.

Oltre trentamila partecipanti, donne e uomini da ogni parte d’Italia, molte/i delle /dei quali tanto giovani da non poter esserci 10 anni fa. A dire forse che “le idee di cambiamento non moriranno mai”.

Un clima positivo e pacifico che ha voluto agire il conflitto senza farsene travolgere, come nel caso dei comitati No TAV che hanno aperto la manifestazione, capaci di far valere le proprie ragioni spiegando che ci sono alternative all’alta velocità socialmente ed ecologicamente sostenibili, capaci anche di non farsi intimorire e di rifuggire, al contempo, dalla violenza gratuita di cui pure sono oggetto.

I 10 anni che sono passati hanno lasciato segni profondi (anche in termini personali). Credo che nessuna/o di quelle/i che sabato 23 luglio sono tornate/i a Genova non ne tenessero conto.

Genova 2001 fu una tappa del grande movimento altermondialista che da Seattle a Porto Alegre, da Firenze a Mumbay “sconvolse” il mondo, determinando (penso al Sud America o all’India) trasformazioni profonde.
Provammo allora ad opporci, a livello globale, all’applicazione delle ricette del capitalismo neoliberista (precarizzazione del lavoro e della vita, militarizzazione, machismo, autoritarismo, legislazioni razziste e xenofobe….) e mettemmo in guardia dai rischi di tale applicazione.

Purtroppo non fummo ascoltate/i o forse fummo anche noi incapaci di farci ascoltare.
_ L’attuale crisi, non solo economica, del mondo occidentale dice che qualche ragione ce l’avevamo e che queste ragioni sono valide ancora.

Non a caso c’è chi nel risultato dei referendum a favore dell’acqua pubblica e dell’enegia pulita ci ha visto proprio “l’onda lunga” di quel movimento altermondialista (non sono in grado di dire se tale “visioni” abbiamo basi “scientifiche” però anche a me piace crederci).

Purtroppo la crisi che stiamo vivendo mette anche a nudo le difficoltà di proporre un’alternativa condivisa nel quale riconoscersi. Non che manchino i contenuti o le soggettività sociali, tutt’altro.

La manifestazione di Genova li ha messi “in piazza” in modo esemplare: diritti umani, autodeterminazione, diritti del lavoro, laicità, disarmo, beni comuni.
_ Quel che manca è un progetto politico che faccia sintesi condivisa e proponga un nuovo “umanesimo” ed un diverso modello di società.

Ce lo siamo detti con Michele (un caro amico della FIOM che mi confermava la durezza della condizione operaia ed i rischi che corre un sindacato che non vuole accettare il pensiero unico dell’impresa) o con Alfonso, intellettuale indomito che “cerca ancora”.

L’esito delle recentissime elezioni amministrative rafforzano però la speranza e ci consentono di non dimenticare che un altro mondo è sempre possibile.
_ Proprio di questo ho parlato con Anita, Laura, Nadia, Luigia, Anna mentre discutevamo, in mezzo alla manifestazione, di progetti femministi o di incontri per approfondire aspetti ruvidi quali il rapporto con le donne islamiche che vivono accanto a noi, nelle nostre città.

Insomma la manifestazione genovese del decennale è stata tante cose. Chi voleva vederci solo reducismo resterà con le pive nel sacco, chi sperava in scontri o disordini (Patrizia un’amica genovese mi spiegava quanto ha lavorato sulla città la “fabbrica della paura”) è rimasto a bocca asciutta, chi si aspettava presenze risicate dovrà mangiarsi le unghie.

Non so dire quanto la manifestazione genovese del 23 luglio peserà a livello sociale o politico, spero solo che non sia l’ennesima voce che grida nel deserto….
_ Credo che dipenda anche da ciascuna/o di noi.