Nella legislazione attuale, la registrazione all’anagrafe di un bambino o una bambina deve seguire una prassi, il che tra l’altro rappresenta la garanzia soprattutto per il/la bambin* di ricostruire la sua storia e soprattutto la sua identità, quando come avviene spesso ne senta l’esigenza o la necessità materiale. Questo avviene o dovrebbe avvenire tanto quando si tratti di nascita da una madre che riconosce il figlio o la figlia  e tanto quando si tratta di registrare un bambino o una bambina  adottat* da parte del genitore adottivo.

Si tratta dei diritti del/della bambin* che appunto cominciano ad essere riconosciuti all’atto della registrazione, dunque i Sindaci o le sindache che omettono, attraverso giustificazioni di vario genere, di registrare  chi è nato agiscono la prima violazione di un diritto umano.

Ma la registrazione non è una semplice presa d’atto, e non solo in ragione dell’identità di chi è nato, infatti è un atto che implica l’accertamento della veridicità di quanto viene dichiarato circa le circostanze della nascita e dell’adozione. Una preoccupazione non superflua quella che suscitano i clamori intorno a registrazioni che rappresentano una novità nel panorama italiano e che ci auguriamo avvenute col necessario approfondimento. Se il diritto del bambino o della bambina è quello di essere comunque registrat*, questo non può rappresentare il diritto di chi si dichiara genitore.

La tratta di bambin*, le pratiche di acquisto “nel ventre di una donna non nominata ma sicuramente madre”, i numerosissimi casi nei quali neonat* vengono “acquisiti” nei campi di accoglienza (in molti paesi africani) e in orfanotrofi di paesi, come l’ex unione sovietica, da “associazioni benefiche” e poi ceduti in adozione con pratiche dubbie più volte segnalate, se non sanzionate dalla magistratura estera (p. es. Congolese per i/le bambin* di Goma, e quella di Volgograd in Russia) e indagate da quella Italiana, impongono alle autorità locali amministrative un attento vaglio delle richieste di iscrizione, proprio a tutela dei e delle minori.

L’assenza del nome della madre (indispensabile per logica), come viene argomentata nel caso di due padri?

Ancora, come è possibile sconfermare il dato biologico della maternità femminile, con l’avallo di un pubblico ufficiale del Comune, la generazione di un/una figli* da parte di due uomini che si proclamano ambedue padri legittimi, senza neanche fare riferimento all’istituto dell’adozione da parte di uno dei due?

 Ci auguriamo che ciò non sia accaduto, come emerso invece da notizie allarmanti sulla stampa, per una pratica illegale in Italia, ovvero della pratica della GPA (gestazione per altri o utero in vendita/affitto). Napoli, 16/10/18

 UDI di Napoli – Stefania Cantatore

Associazione Salute Donna – Elvira Reale e Annamaria Raimondi

Arcidonna Napoli – Rosa di Matteo e Clara Pappalardo