indexSu 8 persone morte per il freddo, 6 erano in strada. Nonostante i Piani freddo attivi in quasi tutte le città, c’è chi rifiuta il dormitorio o ha paura di andarci come gli irregolari e i cronici. Cristina Avonto: “Interventi strutturali durante l’anno, promozionali all’uscita dall’homelessness”

BOLOGNA – “Adesso diamo il tè caldo e le coperte e si fa tutto quello che è possibile per aiutare chi è in strada. Ma non si può aspettare il freddo per intervenire”. A parlare è Cristina Avonto, presidente della Fio.psd, la Federazione italiana che riunisce gli organismi che si occupano di persone senza dimora. In poche ore, da quando l’ondata di freddo ha colpito l’Italia, sono almeno 8 le persone morte per il freddo, 6 di loro erano in strada. “A fronte di una situazione climatica come quella attuale era più che prevedibile che succedessero queste cose, soprattutto se ci si occupa di questi temi solo quando c’è l’emergenza – continua Avonto –. Purtroppo delle persone senza dimora si parla solo quando muoiono per il freddo, ma se si lavorasse in una logica di programmazione, durante tutto l’anno, quando arriva l’inverno non saremmo in questa situazione”.

Delle 6 persone morte in strada, 4 erano in Campania, Puglia e Sicilia, le altre 2 a Firenze e Milano. Tre di loro erano di origine straniera. “In ogni città ci sono Piani freddo che prevedono interventi salvavita per chi è in strada, forse il Sud è meno preparato a queste temperature mentre al Nord un po’ dappertutto si aprono strutture con posti letto per accogliere chi è in strada”, precisa Avonto. Ci sono però persone che non vi accedono: “Sono i migranti senza permesso di soggiorno o che non si rivolgono alle strutture che non lo richiedono per entrare per paura di essere identificati e le persone particolarmente in difficoltà ovvero quelle che sono da più tempo in strada che, spesso, associano alla condizione di senza dimora problematiche legate alla salute mentale”, spiega Avonto. Rispetto a queste ultime, Avonto precisa che il loro numero è “in aumento perché, spesso, i servizi non sono promozionali all’uscita dalla condizione di senza dimora ma tendono a cronicizzare la situazione”.

Un cambio di paradigma. “Servono servizi promozionali all’aggancio della persona in strada e all’uscita dalla condizione di senza dimora, servizi che siano realmente di tutela e di ‘tregua’ rispetto alla strada, cosa che a volte i dormitori non sono – aggiunge Avonto – Con le stesse risorse economiche si possono riconvertire i servizi con coraggio per renderli più efficaci”. La Fiopsd ha scelto di puntare sull’housing first, “un obiettivo alto ma vanno bene anche le situazioni intermedie, l’abitare sociale o altre forme che restituiscano la dignità e l’umanità alle persone”.

Sulla proposta di Piazza Grande, che a Bologna si occupa di senza dimora e gestisce l’Help Center della stazione e il servizio mobile, di “inserire operatori sanitari e psicologi nelle unità di strada”, Avonto è positiva. “Le unità di strada sono un servizio importante per agganciare le persone in strada – dice – L’erogazione di beni materiali, tè e coperte, non è sufficiente ma deve essere uno strumento per incontrare la persona. Da questo punto di vista, gli operatori devono avere la capacità di percepire la pericolosità della situazione e valutare le condizioni in cui si trova la persona e le capacità di aggancio”. (lp)  Agenzia giornalistica