futuro interioreFiglia dei baby boomers e madre dei nativi digitali, quella degli anni Settanta è una generazione ammarata nel mezzo di due fondamentali cambiamenti paradigmatici, uno sociale e uno tecnologico, una generazione che ancora fatica a trovare una dimensione storica. Esiliati dai simboli ideologici e giunti ai linguaggi tecnologici come adulti con una lingua straniera, i quarantenni di oggi hanno mancato il tempo di ogni rivoluzione; ora abitano il proprio presente con la sensazione di non potervi davvero risiedere, infragiliti da un’instabilità che li costringe a immaginare mondi inespressi, ma senza dimenticare due urgenze primarie: sopravvivere e restare visibili. Ma quale mondo avremmo costruito se avessimo avuto la percezione di poterlo fare? Quali cose, col senno di mezzo di chi nasce mediano, avremmo voluto migliori? Quale cambiamento avremmo generato se non avessimo avuto la sensazione di essere arrivati cosí dopo o cosí prima di tutti gli altri? Un libro scritto con la convinzione ostinata che non ci siano colpe del passato né pesi del presente che esimano dal prenderci la responsabilità di sognare il futuro.

 

Michela Murgia – Nel suo primo libro (Il mondo deve sapere), dapprima concepito e praticato come un blog, ha descritto satiricamente la realtà degli operatori di telemarketing all’interno del call center di un’importante multinazionale (Kirby Company), descrivendo lo sfruttamento economico e la manipolazione psicologica a cui sono sottoposti questi lavoratori precari. Il libro, nato da una personale esperienza all’interno del telemarketing della Kirby, è stato portato in scena con l’opera teatrale Il mondo deve sapere (di David Emmer, con Teresa Saponangelo), e ha ispirato la sceneggiatura del film Tutta la vita davanti[1] di Paolo Virzì con Isabella Ragonese, Sabrina Ferilli, Elio Germano, Valerio Mastandrea e Massimo Ghini.

Aveva un blog, Il Mio Sinis, nel quale descriveva, anche con fotografie, la penisola del Sinis. Nel 2007 è già con un suo scritto tra i 42 scrittori riuniti da Giulio Angioni in Cartas de logu: scrittori sardi allo specchio. Nel 2008 pubblica, per Einaudi, Viaggio in Sardegna, una guida letteraria a luoghi meno noti dell’isola. Nel 2009 pubblica, sempre per Einaudi, il romanzo Accabadora, una storia che intreccia nella Sardegna degli anni cinquanta i temi dell’eutanasia e dell’adozione. Il romanzo è uscito in traduzione tedesca nel 2010 per l’editore Wagenbach e poi in un’altra trentina di lingue.

Con Accabadora ha vinto la sezione narrativa del Premio Dessì nel 2009. Di questo romanzo è uscito nel 2010 anche l’audiolibro, letto da lei stessa per la casa editrice Emons Audiolibri. Nel 2010, sempre con Accabadora, vince il SuperMondello nell’ambito del Premio Mondello e nel settembre dello stesso anno vince il Premio Campiello.[6] Nel 2011 pubblica, per Einaudi, Ave Mary. E la chiesa inventò la donna, il romanzo riscuote molto successo ma è anche criticato dall’Osservatore Romano in quanto sarebbe fatto di idee banali.[7]

Nel 2012, sempre da Einaudi, pubblica L’incontro e un racconto all’interno dell’antologia Presente (AA.VV.). Sempre nello stesso anno, per conto di Caracò Editore, pubblica, all’interno dell’antologia Piciocas. Storie di ex bambine dell’Isola che c’è, il racconto L’aragosta. Nel settembre 2010 ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera di “auspicare l’indipendenza della Sardegna“.[8] Ha sostenuto come simpatizzante dapprima il movimento iRS – Indipendentzia Repubrica de Sardigna, e in seguito il partito indipendentista ProgReS – Progetu Repùblica de Sardigna.[9] Il 3 agosto 2013 a Nuoro ha affermato di volersi candidare alle elezioni regionali sarde del 2014, alle quali effettivamente si presenta come candidato presidente[10], risultando terza con il 10% circa delle preferenze, mentre le liste che la appoggiano ottengono complessivamente meno del 7%, percentuale non sufficiente a superare lo sbarramento imposto dalla legge elettorale.[11]

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