A Palazzo Pitti, a Firenze, il sipario si apre dal 28 maggio al 28 giugno, su un’artista eccezionale che pochi conoscono ma che merita tutta la nostra attenzione: Giovanna Garzoni.

“La grandezza dell’universo nell’arte di Giovanna Garzoni” è il bel titolo, giustamente altisonante, della mostra dedicata alla pittrice la cui vita scorre quasi interamente nel Seicento.

Giovanna con amore soffermava il suo sguardo sulla “natura morta”, genere del quale fu maestra incontrastata. Con grazia squisita, tratteggiava sulla tela, con fare sicuro e curioso, frutti saporosi e conchiglie, fiori e porcellane cinesi, insetti e vasi di vetro trasparenti e lucenti, cagnolini e savoiardi sbocconcellati. Quando morì, settantenne, nel 1670, fu sepolta nella chiesa della prestigiosa Accademia di San Luca con lo status di “esimia miniatrice” come si legge sulla lapide. Status che, purtroppo, non riuscì ad ottenere in vita solo perché donna!

Un momento dell’inaugurazione della mostra

Spiegando le ragioni della scelta di rendere omaggio a Giovanna Garzoni, il Direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike D. Schmidt sottolinea che “la mostra segna un fondamentale punto d’arrivo nella ricerca su un’artista la cui lunga e sorprendente biografia unisce idealmente Italia ed Europa in una fitta rete di scambi e vicende di committenza”. Infatti la pittrice riuscì ad imporsi e a farsi valere sia nelle corti italiane che in quelle europee “con un’accorta politica e – come ricorda Schmidt – un’intelligente flessibilità nel muoversi”.

Palazzo Pitti

Niente ci rende più felici, a questo punto, di accostare il nome di Giovanna Garzoni a quello di Artemisia Gentileschi. Ambedue antesignane di quell’apertura propria dell’arte e che prefigura l’abbattimento di ogni confine, esse varcarono terra e mare per raggiungere la allora assai lontana Inghilterra.

Entrambe hanno, inoltre, lavorato per un certo periodo a Firenze combattendo per realizzare la propria vocazione artistica a tempo pieno come del resto facevano i loro colleghi maschi e facendosi pagare il giusto senza venire deprezzate per il loro sesso. Il proprio valore Artemisia lo rivendicava spesso nelle lettere ai suoi committenti scrivendo con piglio sicuro: “L’opere mie saran quelle che parleranno”.

Se Artemisia fu al centro di un processo per stupro, la Garzoni fu vittima di un matrimonio forzato con il pittore veneziano Tiberio Tinelli che, fortunatamente, durò solo due anni e fu sciolto ufficialmente per il voto di castità della sposa.

Ma, forse, si può azzardare che la verità sia un’altra: sottrarsi al destino domestico di moglie e di madre per poter liberamente seguire la propria vocazione artistica!

Il nome di Giovanna Garzoni rievoca alla memoria anche un’altra pittrice: Fede Galizia. Nata Trento nel 1578, anch’essa amava soffermarsi a lungo su un cestino di pesche e a riprodurlo facendoci “sentire” il gusto della loro polpa matura. La critica d’arte Anna Banti nel soffermarsi su Fede Galizia titola così il ritratto letterario a lei dedicato: “Come catturare la vita silente”. Fede lo fece ottimamente e altrettanto ottimamente lo fece la nostra Giovanna Garzoni.

“La grandezza dell’universo nell’arte di Giovanna Garzoni” – Andito degli Angiolini di Palazzo Pitti dal dal 28 maggio al 28 giugno 2020.