Lo scorso 31 Marzo 2017 Ozlem Tanrikulu, Presidente di UIKI-Onlus (Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia), riceve la targa Premio Pace Città di Ferrara dal Sindaco Tiziano Tagliani e dall’Assessora alle Pari Opportunità Annalisa Felletti. Ozlem è stata proposta per questo premio dall’UDI di Ferrara per il merito nel diffondere informazioni e promuovere il neonato sistema di democrazia paritaria basato sulla co-responsabilità delle cariche in atto nella Regione siriana del Rojava.

Le tre giornate in cui Ozlem è stata ospite a Ferrara, 30, 31 Marzo e 1 Aprile, sono state molto emozionanti, ricche di momenti di riflessione e messa in discussione su vari livelli, a partire dal significato stesso di identità culturale di un popolo e di (non) riconoscimento giuridico e politico della stessa. Colpisce come un’apparentemente banale forma di legittimazione da parte dello Stato, quale il nome sul passaporto, diventi uno specchio della situazione di repressione in cui il popolo kurdo è da anni relegato. Nel 1923 il trattato di Losanna spezza un sogno dividendo 40 milioni di kurdi in quattro Stati confinanti: Turchia, Siria, Iran e Iraq, privandoli di elementari diritti umani, tra i quali la legittimazione della propria identità.

La questione kurda è, quindi, un fatto prima di tutto identitario e Ozlem ne è una testimonianza: a dodici anni è costretta a scegliere un nome turco per poter essere registrata negli ingranaggi della macchina burocratica ed ottenere un documento d’identità riconosciuto. E così, Rojin (in kurdo, “Sole della vita”) Parvi diventa per tutti Ozlem (in turco, “Nostalgia”) Tanrikulu. Diventare Ozlem è un momento decisivo nella sua vita, che marca un confine tra passato, presente e futuro. Questo momento di svolta, avvenuto in seguito all’uccisione del padre, per più di dieci anni detenuto ingiustamente in carcere per “terrorismo” insieme a molti altri ed altre, assume per Rojin oltre che una valenza individuale anche una collettiva. Quella di Rojin è una storia di “nostalgia e lotta”, ma anche di responsabilità. È un’enorme impegno farsi portavoce della volontà comune del popolo kurdo di riconoscimento e libertà, anche nel rispetto e valorizzazione delle diversità che lo caratterizzano: Rojin lo fa con grazia, sensibilità e umiltà.

Il programma consiste in: quattro incontri con studenti ed insegnanti di altrettanti istituti superiori ferraresi, la consegna ufficiale del premio in Comune da parte delle autorità istituzionali, l’incontro alla Casa delle Donne ed un pranzo curato dagli studenti dell’istituto alberghiero della città. Rojin si destreggia nel fitto carnet di eventi e condivide la sua esperienza con naturalezza e una semplicità disarmante, sapendo calibrare gli interventi ai diversi tipi di pubblico. Nelle scuole, Rojin tratta varie tematiche: dall’importanza del rapporto con la natura e con la terra, dalle cooperative agricole in Rojava, al riscatto del ruolo femminile all’interno delle loro comunità, fino al desiderio di libertà e pace non solo per il Kurdistan, ma per tutte le società del mondo.

L’incontro con l’istituto alberghiero

All’incontro presso la Casa delle Donne, l’intervento di Rojin si concentra sull’esperienza politica e sociale di Rojava, sottolineando come forme democratiche e paritarie di questo tipo non possano essere importate o esportate, ma siano specifiche al contesto in cui nascono e debbano necessariamente partire da una consapevolezza e sforzo collettivo dal basso. Sorge spontaneo il parallelismo con il movimento partigiano al quale presero parte attivamente anche le donne, spesso rischiando la propria vita. Così come negli anni conclusivi del secondo conflitto mondiale in Italia, oggi in Rojava la condivisione di una vita segnata da un conflitto drammatico, aggravato dalla presenza incombente dell’ISIS, ha portato ad un progressivo mutare delle divisioni dovute ai tradizionali ruoli di genere anche nell’imbracciare le armi insieme. Rojin ci parla di speranza, amore, pace e solidarietà tra esseri umani, valori ed ideali che, nonostante tutto, rimangono vivi, tangibili e pulsanti in Rojava mentre Italia ed Europa paiono averli dimenticati.

Rojin si congeda da Ferrara consegnando all’UDI un docu-film che sarà portato al prossimo Festival di Venezia, sulla storia di Sakine Cansız, un’attivista kurda divenuta un simbolo, incarcerata in Turchia e poi assassinata a Parigi nel 2013. Un ultimo gesto, questo, che rispecchia l’affiatamento nato in quei giorni.

L’incontro con Rojin a Ferrara ha un duplice significato: consegnarle un segno di riconoscimento istituzionale come “donna di pace” e, al contempo, tentare di valorizzare e scoprire un’identità negata, individuale e collettiva, per cui ancora oggi 40 milioni di kurdi continuano a lottare.

Liviana Zagagnoni, Valeria Bevilacqua, Micaela Compagno, Micaela Gavioli e Catalina Golban