La legge 40 del 2004, quella in materia di fecondazione assistita, è stata modificata. Lo ha deciso la Corte Costituzionale il primo aprile scorso, con una sentenza parzialmente abrogativa di alcuni articoli della legge 40. Solo il 14 maggio, a ventiquattr’ore dalla pubblicazione in gazzetta ufficiale della Corte Costituzionale (n° 19/2009 del 13 maggio), la nuova normativa è formalmente vigente e nessun atto amministrativo (regionale o nuove linee guida ministeriali), né tantomeno una nuova legge parlamentare, potrebbe ledere i principi sottolineati con vigore e chiarezza dai giudici costituzionali.

Tra questi, primo tra tutti, quello della {{tutela della salute psico-fisica della donna}} e quello della discrezionalità clinica e della{{ valutazione “caso per caso”}} che viene restituita al medico, nell’ambito di quella relazione medico-paziente, in cui nessun legislatore può entrare.
_ Lo ha sottolineato la Consulta, facendo trapelare anche per il futuro una indicazione formidabile per tutte quelle materie, nel campo medico-scientifico, soggette al legislatore. Ed il pensiero corre subito al {{testamento biologico}}.

In sintesi, i magistrati costituzionali hanno dato ragione alle donne di questo Paese e alle associazioni che hanno chiesto giustizia, sia con i quesiti referendari, sia, contemporaneamente con la strada dei ricorsi nei tribunali civili e,successivamente, in Corte Costituzionale.
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Lo statuto dell’embrione}}, di cui la legge 40, era il manifesto ideologico e giuridico, cade sotto la scure della Costituzione. All’embrione non si nega la tutela giuridica, ma la si bilancia con quella della salute della madre, perché la stessa difesa formale dell’entità “concepito-embrione”, non sia vanificata dalla realtà dei fatti.

{{Il rischio di proteggere l’embrione senza fare i conti con la pratica medica della fecondazione in vitro}}, lo abbiamo detto molte volte su questo giornale, era quello di non riuscire a farlo nascere o di procurare alla madre gravidanze a rischio con nascite di prematuri, a causa della plurigemellarità.

{{Cancellato dunque il limite dei tre embrioni}} e soprattutto l’obbligo a trasferirli tutti in un unico e contemporaneo impianto. Obbligo, che ha procurato alle donne italiane il più alto tasso di plurigemellarità a livello europeo (da una media del 4% a punte del 6% , secondo i dati della relazione Ministero della Salute, 2007).

I magistrati della Consulta hanno compreso tutto questo, quando hanno motivato la loro interpretazione, alla luce di fatti e dei problemi concreti delle coppie ricorrenti.
_ Infatti, hanno scritto nero su bianco che la possibilità di creare massimo tre embrioni e l’obbligo di un contemporaneo impianto, senza alcuna possibilità per il medico di considerare “le caratteristiche dei medesimi, le condizioni soggettive della donna, l’età della stessa”, poneva alcuni problemi.

Tra questi la necessità di moltiplicare i cicli di fecondazione (in contrasto anche con il principio di minore invasività e gradualità), con il rischio di una iperstimolazione, da un lato, e di gravidanze multiple dall’altro.

Inoltre, è stato riconosciuto che {{la legge 40, così come era, ledeva la salute stessa del feto}}. La violazione dell’art. 3 della Costituzione era chiara. Situazione cliniche diverse venivano trattate allo stesso modo dalle regole rigide della legge 40, creando di fatto una disparità di trattamento tra donna e donna. Non solo, ma è stata evidenziata la irragionevolezza tra le finalità espresse dalla legge e gli effetti concreti che generava.

Con questa chiave di lettura è stato {{ridimensionato anche il divieto assoluto di congelare gli embrioni non trasferibili}} (perché malati) o perché eccedenti il numero strettamente necessario, in relazione alle condizioni di quella singola donna.
_ E’ evidente, quindi, che ora i centri medici per correre ai ripari, da un punto di vista medico-legale, vogliono capire come standardizzare alcune valutazioni cliniche, alla luce dei noti protocolli europei e della medicina basata sull’evidenza.
_ Perché non si torni a produrre troppi embrioni, che rischierebbero di restare nei congelatori ed è per questo che oltre 30 centri di PMA (pubblici e privati) hanno sottoscritto un documento, che sta girando in tutta Italia.

{{Dall’altra parte, la battaglia legale contro la legge 40, non finisce qui.}} Ricordiamo, infatti, che la Consulta ha dovuto pronunciarsi in relazione alla specificità delle storie personali di quelle coppie ricorrenti. _ Per questo {{non sono stati accolti altri punti di incostituzionalità della legge 40}}, che pure erano stati sollevati. Tuttavia, le associazioni ed in particolare Madre Provetta, è in attesa, entro pochi giorni, di una nuova sentenza, questa volta dal tribunale civile di Bologna, che potrebbe riaprire la strada verso la Corte Costituzionale.