Sono rimasta stupita, quasi attonita, di fronte al breve annuncio diffuso dal notiziario…:”Si è spenta oggi pomeriggio a Roma all’età di 103 anni, Rita Levi-Montalcini”, come di fronte ad una notizia così semplice nella sua ineluttabilità, ma al tempo stesso quasi incomprensibile nella sua sostanza…poi, riflettendoci, ho capito perchè…Lo stesso pilastro solido di cui era costituita la sua personalità, il nucleo inossidabile su cui era basata la sua essenza e la sua esperienza di vita, e che le aveva fatto dire, all’età di cento anni: “Fate del mio corpo ciò che volete, io sono la mia mente”, rendeva quasi impossibile la comprensione di quell’evento in fondo così semplice, così “banalmente” umano come la sua morte.
Ed in fondo è così, difficile comprendere lo spegnersi di quel corpo minuto, da scricciolo tenero, tra le braccia della sua fidata assistente, quando ciò che nella vita ha scoperto, ha cercato tenacemente di capire e trasmettere agli altri come scienziata, trascende certamente i limiti circoscritti di un’umana esistenza.

La scoperta dell’ NGF, il fattore di accrescimento delle fibre nervose, e la ricerca dei meccanismi che provocano la morte di intere popolazioni nervose nelle fasi iniziali del loro sviluppo, argomento di ricerca scientifica su cui ha basato la sua stessa vita di neurobiologa, si ritrova e si riconosce in parallelo, di fronte agli occhi di questo argomento vuole vederlo.
Nella sua stessa vita di donna, ed è un messaggio nei confronti di tutte le donne che cerchino un profondo significato rispetto al loro “stare al mondo”.

Mi sembra di vederla, costretta forse negli abiti austeri di inizio-secolo, camminare sotto i portici di Corso Vittorio, dove era nata ed abitava con la sua famiglia, in una Torino ottocentesca e sabauda, una Torino che certamente non esiste più, se non per certe atmosfere che riesce a rievocare di tanto in tanto, ad uno sguardo attento… “Cresciuta – secondo le parole che lei stessa riferisce – in un mondo vittoriano, nel quale dominava la figura maschile e la donna aveva poche possibilità, e di cui avevo risentito, poichè sapevo che le nostre capacità mentali – uomo e donna – sono le stesse: abbiamo uguali possibilità e differente approccio”.
Questo che già costituiva, oltre che socialmente, anche psicologicamente un grosso ostacolo per lei, considerato lo sviscerato amore che nutriva nei confronti del padre e del fratello Gino, le due figure maschili della sua famiglia.

Poi gli anni di guerra, le persecuzioni razziali di cui poteva essere bersaglio, essendo di religione ebraica sefardita, le peregrinazioni prima in Belgio poi da sfollata nell’astigiano e nella stessa Firenze, dove aveva prestato la sua opera come medica, a contatto diretto con la sofferenza fisica indicibile ed il pericolo di contagio durante le epidemie, nell’incapacità, per profonda sensibilità in una tempra altresì così forte, di assumere il necessario distacco dal paziente…
Problematiche enormi, insomma, anche per la personalità più granitica, senza contare la necessità subentrata successivamente di emigrare negli Stati Uniti per proseguire le sue ricerche.
Obiettivo principale, nei suoi primi studi insieme al Prof. Giuseppe Levi (padre di Natalia Ginzburg, istologo di fama), fu quello di comprendere il ruolo dei fattori genetici ed ambientali nella differenziazione dei centri nervosi, ed ecco che qui ci imbattiamo, secondo me, nel nucleo più profondo, nel filo conduttore della sua traiettoria nello stesso tempo di scienziata e di donna così tenace, carismatica, indomita nella sua Ricerca: la scoperta del “Nerve Growth Factor” andava contro l’ipotesi dominante nel mondo scientifico che il sistema nervoso fosse statico e rigidamente programmato dai geni.

Evidentemente esisteva quel “qualcosa in più” che permetteva fondamentalmente al cervello di espandersi, di crescere, di perfezionarsi… Soltanto lei è riuscita a focalizzarlo come scienziata (e questo le è valso il Premio Nobel per la Medicina nel 1986). Prima di tutto come donna è riuscita con il suo coraggio, con il suo amore per il prossimo, con la sua propensione a vedere in ogni persona il suo lato migliore, con la sua determinazione a trasformare “ogni avversità in opportunità”, a capire qual è, psicologicamente, il vero “fattore di accrescimento” della mente umana, e della vita umana.

Grazie, nostra grande Scienziata in un corpo di “piccola” donna… e che questo tuo grande messaggio venga raccolto da tutte noi donne, dagli uomini e dai giovani che non vogliono che una realtà predefinita ed imposta inibisca la loro “capacità di inventare il mondo e distrugga il fascino dell’ignoto”…