In un nuovo rapporto, reso pubblico oggi, Amnesty International ha accusato i governi dell’Unione europea di complicità in “sistematici, illegali e spesso violenti respingimenti e nelle espulsioni collettive di migliaia di richiedenti asilo verso campi squallidi e insicuri della Bosnia ed Erzegovina”. Amnesty ha presentato le sue accuse nel rapporto “Spinti ai margini: violenza e abusi contro i rifugiati e i migranti lungo la rotta balcanica”. Il rapporto include denunce e testimonianze di presunte violenze commesse ai danni dei migranti da parte della polizia croata, ma sostiene anche che “persone bloccate in Italia e in Slovenia sono spesso soggette a respingimenti a catena, consegnate con procedure sommarie alla polizia croata e poi rimandati ulteriormente indietro verso i campi della Bosnia ed Erzegovina senza che le loro domande d’asilo siano mai state prese in esame.” “Quasi tutte le persone che si trovano attualmente nei campi di Bihac e Velika Kladusa”, in Bosnia, sono state “respinte in Bosnia ed Erzegovina dalla Croazia o dalla Slovenia e quasi un terzo delle persone incontrate da Amnesty International ha subito violenze da parte della polizia croata”, ha scritto Amnesty (ANSA)

Da osservatorio balcani e caucaso “I governi europei sono complici di respingimenti sistematici, illegali e spesso violenti e delle espulsioni collettive di migliaia di richiedenti asilo negli squallidi e pericolosi campi profughi in Bosnia Erzegovina” scrive Amnesty International nel rapporto reso pubblico oggi, dal titolo “Pushed to the edge: Violence and abuse against refugees and migrants along Balkan Route”.

Filo spinato (Berke/Shutterstock  )

Il rapporto riporta nel dettaglio  come, dando la priorità al controllo delle frontiere invece che al rispetto del diritto internazionale, i governi europei stiano non solo semplicemente chiudendo un occhio rispetto alle violenze perpetrate dalla polizia croata, ma stiano anche finanziando le loro operazioni, alimentando così una crescente crisi umanitaria ai margini dell’Unione europea.

“Per comprendere quali siano le vere priorità dei governi europei basta seguire la linea dei soldi. Il contributo finanziario all’assistenza umanitaria è infatti diminuito rispetto ai fondi dedicati alle operazioni di sicurezza e controllo delle frontiere, che comprendono la fornitura di equipaggiamento alla polizia di frontiera croata oltre alla copertura degli stipendi”, ha dichiarato Massimo Moratti, curatore dell’indagine e vicedirettore di Amnesty International per l’Europa.

Moratti ha poi aggiunto che alle persone in fuga da guerre e persecuzioni che attraversano il confine bosniaco per entrare nell’UE viene non solo impedito di fare richiesta di asilo, come loro diritto, ma queste ultime vengono picchiate e derubate dalla polizia croata e costrette a tornare forzatamente in Bosnia Erzegovina, finendo in quello che Moratti definisce un “limbo legale, in balia di un sistema di asilo fallimentare”.

Al momento, secondo i dati riportati da Amnesty, circa 5.500 persone tra donne, uomini e bambini sono intrappolati in due piccole cittadine della Bosnia al confine con la Croazia, Bihać e Velika Kladuša, concentrati in ex fabbriche abbandonate. Campi in cui non viene loro offerta un’adeguata protezione e non vengono garantite condizioni di vita decenti: improvvisati e antigienici, privi di acqua calda, cure mediche e cibo sufficiente. Inoltre, ostacoli burocratici, assistenza legale inadeguata e limitata capacità amministrativa fanno sì che i potenziali richiedenti asilo non riescano a far valere i loro diritti.

La situazione nel paese rappresenta per queste persone un’ulteriore spinta a tentare il viaggio, chiamato dagli stessi “The Game”, verso Croazia e Slovenia e quindi l’UE. Un viaggio pieno di insidie anche solo per le fitte foreste da attraversare, in alta montagna con basse temperature, fiumi pericolosi e, in alcune zone, campi minati eredità della guerra degli anni ‘90. Come riporta il documento di Amnesty, nei primi 10 mesi del 2018 sono almeno 12 le persone annegate nei Balcani occidentali, in maggioranza al confine tra Croazia e Slovenia.

Da interviste realizzate nei campi delle due città bosniache risulta che la maggior parte di chi vi è alloggiato è stato respinto sia dalla Croazia sia dalla Slovenia – pur essendo entrati sul territorio di queste ultime – e circa un terzo degli intervistati avrebbe subito violenze per mano della polizia croata che ha distrutto i loro documenti e rubato loro ogni avere, “in quella che sembra essere una politica sistematica e deliberata da parte delle autorità croate allo scopo di dissuadere i futuri tentativi di entrare nel paese”, come viene descritto nel report. Una politica di respingimenti che viene effettuata anche in Italia e Slovenia: i migranti fermati dalla polizia di frontiera italiana vengono rimandati in Slovenia e da qui in Croazia e in Bosnia, subendo una catena di violazioni, senza che le loro richieste di asilo vengano prese in considerazione.

Rispetto alla Croazia vengono inoltre riportati casi di aggressioni a volontari delle ong e delle associazioni che operano a sostegno dei migranti. Questi ultimi sarebbero stati anche sottoposti a molestie, trattenuti per ore dalla polizia senza alcune accusa formale e minacciati di essere sottoposti a procedimenti penali.

Nonostante tutto ciò, l’Unione ha continuato a stanziare ingenti fondi per assistere la Croazia nelle infrastrutture di sicurezza frontaliera, ignorando volontariamente i fallimenti del sistema europeo di asilo che rendono questi viaggi l’unica possibilità per entrare nell’UE. “I leader europei”, conclude Massimo Moratti, “non possono più evitare di assumersi la responsabilità delle continue espulsioni collettive e dei violenti respingimenti lungo la rotta balcanica, che sono il risultato della loro determinazione a fortificare i confini dell’UE, a prescindere dal costo umano che tutto ciò ha”.