Articolo di Franco Berardi Bifo su Alfa+più

— L’Unione europea è un blocco granitico se la guardiamo da un lato, mentre si sgretola come un castello di sabbia se la guardiamo dall’altro. La governance finanziaria è di granito sia pure immateriale: implacabile essa persevera nel saccheggio delle risorse sociali, incurante delle conseguenze.  Le conseguenze sono lo sgretolarsi sociale, politico e psichico dell’Unione medesima.

La crisi catalana, come la Brexit, non hanno vie d’uscite ragionevoli, e sono solo i casi più evidenti di uno sgretolarsi d’Europa che coesiste con l’irrigidirsi della gabbia. Può la gabbia ingabbiare lo sgretolarsi?  Cos’è successo in Catalogna, e come andrà a finire?

La discussione si è finora concentrata sulla legalità o illegalità della secessione indipendentista, ma la legalità si giudica dal punto di vista della legittimità storica, e lo Stato Spagnolo non ha più alcuna legittimità agli occhi della maggioranza dei catalani. Né ha legittimità la monarchia borbonica, né il partito franchista di Rajoy.

Nè ha senso la questione se la Catalogna sia o no una nazione. Le nazioni non esistono, sono soltanto la proiezione dai nazionalisti, i quali creano le nazioni sulla base dell’illusione di un fondamento reale, ontologico, storico, se non addirittura spirituale della nazione, poi prendono lucciole per lanterne, e scambiano la loro proiezione per realtà. Quindi la nazione catalana esiste dal momento che i nazionalisti catalani la costruiscono nella loro immaginazione, e l’hanno formata attraverso politiche centrate soprattutto sulla lingua.

Ma queste sono questioni di lana caprina. Legalità non vuol dire niente quando una nuova soggettività emerge fuori e contro la legalità esistente. E fondare una nuova legalità sulla nazione non significa niente dal momento che la nazione non è che la proiezione di una legiferazione nazionalista. Interessante invece è la genesi sociale e le prospettive che l’indipendentismo può produrre.

Gran Bretagna e Spagna, gli stati nazionali più antichi (insieme alla Francia) si destrutturano. Perché?

La spaccatura verticale del corpo elettorale britannico non è un evento che si risolverà nell’ambito dell’unità nazionale. Il 51% che ha votato exit e il 49% che ha votato remain non si conciliano in un futuro comune. Non si tratta più della vecchia opposizione di destra contro sinistra, fattore dinamico seppur conflittuale negli stati nazionali democratici. Si tratta di una divisione profonda tra ceti metropolitani bene o male integrati nel ciclo globale e ceti emarginati e impoveriti dalla globalizzazione.

La spaccatura che si è determinata in Spagna contrappone in modo irreversibile una parte (più della metà degli elettori catalani) allo stato nazionale. Il potere madrileno potrà anche sconfiggere gli indipendentisti, vincendo improbabilmente le elezioni del 21 dicembre, ma i catalani ora percepiscono la Spagna come una potenza occupante, così come metà dell’elettorato britannico considera l’Europa una potenza nemica.

Gli stati nazionali più antichi del continente si sfasciano, l’ordine europeo uscito dalla seconda guerra mondiale si sfascia. Perché?   Come si è potuti arrivare a questo punto?

Il disgregarsi degli stati nazionali è un effetto della compressione sociale determinata dal saccheggio finanziario della società europea. La crisi catalana è l’ennesima prova del fatto che l’Unione europea ridotta all’essenziale è solo il fiscal compact: austerità infinita che succhia risorse dalle società nazionali per riversarle nel sistema finanziario. Nient’altro. L’Unione europea non ha tempo per null’altro: lo sterminio dei migranti alle frontiere meridionali non la riguarda. La disgregazione degli stati nazionali non la riguarda. L’arroganza coloniale delle truppe borboniche in Catalogna non la riguarda. Il nazismo che dilaga nelle provincie orientali non la riguarda. Il fascismo che riemerge nelle provincie meridionali non la riguarda.   Soltanto la riguarda il bottino che ogni giorno viene sottratto alla società per riversarsi nelle casseforti del ceto finanziario.

Lo stato nazionale che un tempo era garante della coesione sociale, dell’educazione, della sanità, dei trasporti, oggi è soltanto esattore per conto della potenza astratta della governance finanziaria perciò è oggetto dell’odio popolare. L’assetto post-elettorale della Germania comporterà d’altronde un irrigidimento delle regole finanziarie: l’emergente della politica tedesca, Christian Lindner, ha attaccato Schaueble per avere avuto un atteggiamento troppo morbido nei confronti della Grecia. Non essendo riusciti a fermare l’implacabile potere del fiscal compact, gli europei se la prendono con gli esattori, gli stati nazionali.

Il ceto politico nazionale (italiano per esempio) è incapace di difendere le risorse sociali, perché su questo decide l’astrazione finanziaria. Gli elettori (che si riducono man mano che quote crescenti di popolazione si rendono conto della totale inanità del loro voto) se la prendono ora con questo ora con quello. Ma questo e quello non possono fare altro che imporre il debito infinito, oppure ribellarsi agli ordini europei (come fanno gli stati orientali) o scendere dal treno impazzito, come ha fatto la Gran Bretagna e ora rischia di fare la Catalogna.

I cittadini rompono il vincolo culturale con lo stato nazionale rivendicando favolose comunità di lingua di sangue o di chissà cosa. E’ il nazionalismo delle piccole nazioni che credono di essere migliori delle grandi. Si tratta naturalmente di un’illusione ottica, ma questa illusione di comunità anti-globale sta distruggendo gli stati nazionali su cui l’Unione Europea si fonda.

Quasi un milione di persone hanno marciato il 12 novembre a Barcellona, per chiedere la liberazione dei loro rappresentanti arrestati dallo stato centrale. La monarchia, la magistratura, il Partido Popular hanno mostrato di essere l’eredità del franchismo che la democrazia spagnola non ha mai avuto il coraggio di smontare. Quell’eredità pareva innocua, fin quando qualcuno non ha messo in discussione l’unità eterna della nazione.

Poiché la repubblica catalana non può sopravvivere fuori dal circuito della dittatura finanziaria europea Puidgemont ha dovuto rimangiarsi l’indipendenza come Tsipras si rimangiò il verdetto del suo referendum nel luglio 2015. La democrazia è vanificata dalle forme stesse dell’ordine tecno-finanziario; proporne la restaurazione è un esercizio puramente retorico.

L’illusione catalana rischia di sciogliersi come neve al sole. Si dovrebbe abbandonare il campo miserello dell’indipendentismo per aprire la vera questione: indipendenza dalla governance finanziaria europea di cui Madrid è solo l’ ottusa guardia armata. Il nemico non è a Madrid. A Madrid ci stanno dei fascisti arroganti che eseguono ordini decisi altrove: non a Bruxelles, ma a Francoforte.

Non serve un nuovo staterello catalano, anche se repubblicano. Una comunità colta e cosmopolita come quella catalana non deve essere ridotta, per disperazione, a credere nelle virtù della nazione. Occorre invece far tutto il possibile perché la rivolta, libera dalle illusioni nazionaliste possa dispiegarsi come fattore di destabilizzazione della dittatura finanziaria.

Barcellona è la città più europea d’Europa, nodo di interazioni ad alto contenuto cognitivo, punto di interconnessione di flussi di lavoro precario deterritorializzato. Eppure é minacciata di espulsione dall’Unione europea.In cambio del servizio di esazione che lo stato nazionale svolge, il regime finanziario minaccia con le sue armi astratte di distruzione di massa chiunque metta in discussione lo stato nazionale. Barcellona può giocare un ruolo importante nella crisi europea solo se abbandona l’illusione nazionale per avviare un esperimento di rifondazione dell’Unione sulla base di un’alleanza tra città ribelli e sperimentatrici.

Da Barcellona può iniziare un processo che non ha niente a che vedere con l’identità nazionale. Al potere centrale europeo Barcellona può dire: ridateci quello che avete sottratto alla società, non a quella catalana soltanto, ma a quella spagnola, italiana, greca, francese, e anche tedesca. Ridateci i soldi del fiscal compact sotto forma di un salario di esistenza. Restituite risorse alla scuola pubblica e alla sanità.

Nel processo di sgretolamento dell’Unione europa, Barcellona può avere un ruolo di avanguardia perché da qui possono emergere sperimentazioni di autonomia sociale che possano diffondersi durante il disgregarsi dell’unione.

L’energia che si è espressa nell’onda indipendentista può fare di Barcellona il punto di irradiazione di un processo di ri-costituzione d’Europa come rete di unità mobili intelligenti autonome.