Dopo dodici anni di Große Koalition era del tutto prevedibile che l’Spd ne pagasse caro il prezzo. Una netta débâcle dovuta anche al modo in cui è stato affrontato il tema immigrazione e rifugiati, questione che ha tenuto banco per tutta la campagna elettorale. A tutto vantaggio dell’Afd, il partito xenofobo per la prima volta in parlamento.

Poco dopo la diffusione degli exit polls, che ieri alle 18 in punto (orario di chiusura dei seggi) già annunciavano chiara e lampante la sconfitta dell’Spd, il suo capo Martin Schulz ha dichiarato che il partito non sarà disponibile a entrare nel governo e che si collocherà all’opposizione. L’epoca della Große Koalition in Germania sembra dunque finita, e questa è l’unica buona notizia di queste elezioni. Ed è anche l’unico punto di partenza possibile per rimettere insieme i cocci della socialdemocrazia tedesca – e forse europea – e provare a costruire per il futuro una seria e radicale alternativa ai Cristianodemocratici. I quali, pur rimanendo il primo partito in Germania, non hanno di che rallegrasi: circa un milione di voti si sono chiaramente spostati dal partito della cancelliera ad Alternative für Deutschland, il partito xenofobo di estrema destra, vincitore indiscusso di questa tornata elettorale. Meno 8,6 percento di voti rispetto al 2013 è il prezzo che Angela Merkel ha pagato per la sua politica sui rifugiati, che ha rappresentato il tema decisivo in questa campagna elettorale.

 

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