La figura della de Fonseca Pimentel è certo nota, e non mancano gli studi che ce ne restituiscono tutta la complessità e la grandezza, nella breve stagione della Repubblica partenopea del ‘99. Quello che rimane ancora da fare – ed è il motivo per cui ci pare giusto inserirla in questa ideale “collana”- è una ricostruzione della ricezione della sua vicenda nella memoria delle protagoniste del Risorgimento nazionale.

Perché varie e di grande interesse sono le tracce che testimoniano di un’influenza del suo personaggio in settori della mobilitazione femminile repubblicana, a fronte di una tendenziale prevalenza di modelli molto più rassicuranti in ambito moderato.

Non a caso la giornalista napoletana fu studiata e celebrata nell’ambito del nascente movimento emancipazionista di marca mazziniana: la direttrice del periodico “{La Donna}”, Gualberta Beccari, nel promuovere una delle sue operazioni editoriali femminili (in questo caso a beneficio dei “danneggiati poveri” dell’inondazione di Roma del 1871), non dimenticò di includervi proprio la Pimentel.

Anche Jessie White Mario, nota tra l’altro per aver seguito Garibaldi nelle sue varie campagne militari, in un’opera sullo stato delle opere pie scritta alla fine dell’800, la collocava in una sorta di genealogia femminile che arrivava fino ad Adelaide Cairoli, con l’intento di richiamare le italiane ad una ripresa dell’azione patriottica nell’impegno sociale.

E ancora fonti indirette ci dicono che pure su Elena Casati Sacchi –madre delle suffragiste Beatrice e Ada Sacchi- la figura della de Fonseca esercitò forte attrattiva per le capacità intellettuali, la fierezza del carattere e la dignità mostrate fino alla morte.
_ La chiave di questa influenza crediamo sia nella eccezionalità della sua testimonianza di libertà come donna e come intellettuale.

Nata nel 1752 a Roma, dai portoghesi Clemente e Caterina Lopez, Eleonora de Fonseca Pimentel aveva mostrato grande intelligenza e propensione agli studi, studiando greco, latino, matematica, storia naturale.
_ La famiglia si era trasferita a Napoli nel 1760, davanti al peggioramento drastico dei rapporti tra la S. Sede e il Portogallo in seguito all’espulsione dei gesuiti ordinata dal primo ministro Pombal, mentre nella città partenopea gli stimoli all’approfondimento culturale e al dibattito politico erano favoriti dalla stagione riformatrice avviata dal governo Tanucci.

A sedici anni grazie alla sua produzione poetica Eleonora fu cooptata nell’accademia dei Filaleti e successivamente nell’Arcadia di Napoli; alcuni suoi componimenti furono elogiati da Metastasio.
_ Così nel 1776 fu nominata bibliotecaria della regina Maria Carolina d’Asburgo e in questa posizione prestigiosa ebbe la possibilità di frequentare importanti esponenti dell’illuminismo, addirittura di avviare un rapporto epistolare con Voltaire.

Le infelici vicende del suo matrimonio, deciso dal padre dopo una lunga trattativa economica, non ne fiaccarono la volontà di conoscere e scrivere; dopo la separazione dal marito nell’85, la de Fonseca chiese ed ottenne un sussidio mensile dalla corte per i suoi meriti letterari.
_ Nel ’90 tradusse dal latino e corredò l’importante opera del Caravita: Niun diritto compete al Sommo Pontefice sul Regno di Napoli, pronunciandosi apertamente per la separazione tra stato e chiesa.

Intanto le notizie sulla rivoluzione francese e i nuovi assetti politici facevano precipitare il clima a corte e nel Regno; la de Fonseca fu dapprima licenziata dalla sua funzione di bibliotecaria, quindi accusata di promuovere riunioni di sediziosi: incarcerata nel ’98, poco prima dell’inizio della campagna del Regno di Napoli contro la Repubblica romana, scrisse un Inno alla libertà che sarebbe poi stato recitato al momento della proclamazione della Repubblica partenopea.

Nel gennaio ’99 guidò un gruppo di donne che, travestite da uomini, portarono alla conquista di Forte di S. Elmo prima dell’arrivo delle truppe francesi e dal febbraio dello stesso anno avviò la nota esperienza del “Monitore napoletano”, organo della Repubblica, di cui rimase direttrice fino alla fine.
_ Alla caduta della Repubblica fu nuovamente incarcerata, quindi processata e impiccata nella pubblica piazza del Mercato: le testimonianze raccontano che perfino nel supplizio -proprio perché donna- le si vollero imporre condizioni particolarmente vergognose.