124236923-18a683c4-dc21-4098-9727-822f0efdded1 Vi proponiamo questa intervista a Elena Long di  Rosita Rijtano uscita su Repubblica.it

Elena Long, 33 anni, è stata inserita da Nature tra le dieci scienziate più influenti del 2016. ““La ricerca deve essere più inclusiva e aperta a tutt*”

VOLEVA studiare fisica per lavorare alla Pixar e proiettare sui nostri schermi effetti speciali perfetti. Invece è finita in un laboratorio nucleare. Con l’immaginazione catturata dalla meccanica quantistica: “Capire come funzioniamo è di gran lunga più affascinante di qualsiasi finzione cinematografica”. Elena Long, 33 anni, non è solo una brillante ricercatrice con già due premi nel cassetto. Ma anche una “resiliente attivista transgender”. Da anni lotta per far sì che il suo campo, e la scienza, diventino maggiormente inclusive per le minoranze sessuali e di genere. Tanto che Nature l’ha inserita tra le dieci scienziate più influenti del 2016. “Non voglio che qualcun altro attraversi ciò che ho passato io”, ci racconta. Un vissuto che l’ha portata a creare un gruppo di supporto (LGBT + Physicists) e il primo report che traccia le esperienze di fisici LGBT, cioè gay, trans, bisessuali e lesbiche. E che ha messo nero su bianco discriminazioni, violenze fisiche e psicologiche. Il tutto senza togliere tempo alla ricerca: Long sta studiando le forze attrattive e repulsive che agiscono all’interno degli atomi, per comprendere la struttura delle stelle di neutroni.

Long, lei ha deciso non solo di non nascondere la sua transessualità ma anche di lottare contro le discriminazioni nel mondo della scienza. Perché?

“Credo che tutto sia nato dall’esigenza di trovare una comunità di riferimento. Nel mio campo, la fisica nucleare, sono andata incontro a una serie di difficoltà: non voglio che qualcun altro viva ciò che ho passato io. Né che debba nascondere la propria identità, come oggi gli scienziati LGBT fanno spesso. Il lavoro è magnifico, mi piacerebbe che le prossime generazioni si concentrassero solo sulla ricerca, senza doversi preoccupare di quella che definisco spazzatura”.

Cioè?

“Un esempio: quando ero al college sono stata buttata fuori da diversi bagni pubblici. Ma a pesare di più non sono state le violenze dirette, bensì un enorme senso di isolamento. È opinione comune che se sei LGBT, e lavori nella scienza, non puoi parlare della tua sessualità. Al contrario, è qualcosa che non ha nulla a che fare con il lavoro. Se ne discuti, ti danneggi e metti a rischio le possibilità di fare carriera. Quando ho fondato LGBT + Physicists, un gruppo di supporto per le minoranze sessuali e di genere nella fisica, mi è stato detto che persino chiedere ‘Sei LGBT?’ in un questionario era troppo controverso. E siccome non c’erano dei dati a documentare le discriminazioni, nessuno credeva che ci fosse un problema. Un circolo vizioso”.

Il problema, invece, c’è.

“Sì, l’abbiamo dimostrato a marzo 2016, quando abbiamo presentato il report ‘LGBT climate in Physics’. Purtroppo non conosciamo il numero totale di persone LGBT presenti nella fisica e nella scienza. Ma esistono in ogni campo: dalla materia oscura alle onde gravitazionali. E, attraverso le risposte di 324 scienziati dichiaratamente LGBT, siamo riusciti  a documentare l’esperienza di fisici trans, lesbiche, bisessuali, gay e altre minoranze sessuali e di genere”.

Il risultato?

“Più di uno su cinque ha dichiarato di essere stato escluso, intimidito o molestato nell’ultimo anno. Ci sono anche delle differenze in base al genere: le donne LGBT ne fanno tre volte più esperienza degli uomini LGBT. Per quel che riguarda i trans, uno su due è stato vittima di discriminazioni. Le principali: esclusione dai bagni pubblici, nomi e pronomi pronunciati in modo scorretto di proposito, pure dopo tanti anni. Per via di questi episodi, un terzo dei fisici LGBT ha pensato di lasciare l’istituto per cui lavora”.

E la situazione fuori dal mondo della scienza com’è?

“Che dire: non abbiamo vita facile. Sicuramente, da un lato, la società si sta muovendo in una direzione positiva, grazie anche alla maggiore visibilità che ci viene data oggi. Dall’altro, in questi anni è aumentata la violenza contro i transessuali. Il 2016 è stato l’anno con il più alto tasso di omicidi di persone transessuali mai registrato negli Stati Uniti”.

La presidenza Trump può avere un effetto negativo sulle conquiste fatte fino ad oggi?

“Lo scorso febbraio il dipartimento della giustizia e dell’educazione Usa ha cancellato le linee guida a protezione degli studenti transessuali, introdotte dall’amministrazione Obama. Quindi sì, la comunità è abbastanza preoccupata che si possa compiere un irreversibile passo indietro sui diritti LGBT. Anche se, al momento la mia personale priorità è mantenere i transgender in vita, visto che uno su quattro tenta il suicidio”.

L’attivismo non sembra averla distolta dagli studi, ha vinto due premi per giovani ricercatori. Quando è cominciata la passione per la scienza?

“Da bambina mi appassionavano gli effetti speciali dei film. Volevo conoscere meglio la fisica per lavorare alla Pixar e contribuire alla creazione di effetti migliori. Ma quando mi sono imbattuta nella meccanica quantistica, e il mondo a livello microscopico, ho detto: sai che c’è, la finzione sullo schermo non potrà mai essere più affascinante di scoprire come funziona l’universo e come siamo fatti. La fisica siamo noi”.

Secondo il luogo comune, ancora poche donne – rispetto agli uomini – studiano le materie scientifiche perché non sono interessate. È d’accordo?

“Per nulla. Perché mai una donna non dovrebbe essere interessata al mondo che la circonda? Io non ne ho mai conosciuta una che non fosse curiosa e motivata a capirne i meccanismi. Credo sia più una questione culturale. A passare è il messaggio che la matematica e la scienza siano troppo difficili. Non solo, è molto diffusa un’idea romantica degli scienziati, per cui si tratta di gente che ha raggiunto i risultati ottenuti senza alcuno sforzo. Non è affatto così: è necessario duro lavoro, elasticità mentale, continuo apprendimento, fatica e fallimenti”.

A cosa sta lavorando adesso?

“Sto mettendo a punto un nuovo target, bersaglio, che ci permette di studiare in modo dettagliato le forze attrattive e repulsive che agiscono all’interno dell’atomo. L’obiettivo è comprendere meglio il corto raggio d’azione della forza nucleare forte, quella che tiene uniti protoni e neutroni presenti all’interno del nucleo”.

Applicazioni pratiche?

“Conoscere la struttura delle stelle di neutroni. Infatti, la loro dimensione è un bilanciamento tra la forza di gravità che spinge verso l’interno e la parte repulsiva della forza nucleare forte che spinge verso l’esterno. Per sapere che cosa accade all’interno delle stelle di neutroni, quindi, dobbiamo sapere com’è repulsiva la forza nucleare forte a una distanza molto breve”.

Tra le scoperte fatte in questi anni, quale la incuriosisce di più?

“Non abbiamo ancora trovato alcuna evidenza che i modelli elaborati fino ad oggi per spiegare il funzionamento dell’universo siano validi. Mi fa pensare che ci sia davvero ancora tanto da imparare”.

Arriveremo mai a un punto, cioè a conoscere tutto?

“Per rispondere dovrei poter guardare in una sfera di cristallo. Ciò che ho visto fino ad ora: ogni passo avanti compiuto nella scienza ci porta a una maggiore comprensione di quel

che succede nell’universo e a fare connessioni tra i vari pezzi del puzzle. Ma allo stesso tempo apre la strada a nuove domande e nuovi chiarimenti. Ecco, arriveremo mai a un punto? Non ne ho idea. Ma partecipare alla ricerca, che è l’essenza della scienza, mi entusiasma”.