Il mondo onirico ha da sempre esercitato un’attrazione profonda sul cinema suggerendo agli autori i temi più significativi e quella particolare qualità surreale con cui il sogno parla al sognatore. “Il viaggio con bara” è uno di questi temi cari al cinema e Andrea Magnani lo mette in scena con grande sensibilità in Easyun viaggio facile facile, il suo primo apprezzato lungometraggio.

Il film racconta la storia di uno stralunato e depresso trentacinquenne che deve trasportare dall’Italia in Ucraina la salma di uno straniero: una odissea a due, umoristica e allo stesso tempo poetica, che fa pensare a Kaurismaki per l’essenzialità della narrazione e la dimensione simbolica che sottende questo viaggio risanatore verso una terra sconosciuta.

Compagni di viaggio sono Taras, il muratore ucraino che ora giace nella bara e Isidoro, detto Easy, l’autista dello scattante carro funebre. Un morto vero e un morto vivente perché Easy si è spento da quando ha sabotato il suo luminoso futuro di pilota di go-kart diventando troppo grasso per entrare nell’abitacolo della macchina da corsa. Il regista lo presenta, all’inizio del film, depresso e rintanato in camera a trascinare le giornate, estraniato da tutto e da tutti. Easy non apre bocca che per mangiare; sta davanti alla playstation con la faccia rotonda e ingurgita cibo e ansiolitici. Lo vediamo mentre vola dal terrazzo sull’asfalto sottostante, tentando inutilmente il suicidio che porrebbe fine alla sua vita non vita.

Come in tutti i viaggi che hanno una valenza trasformativa, la partenza non è decisa dal protagonista ma gli piomba addosso dall’esterno. È il fratello, proprietario del cantiere dove è morto Taras, a catapultare Easy on the road; ha bisogno di qualcuno che guidi il carro funebre. Easy non ha alcuna voglia di tornare “in pista”, il fratello finge di volersi suicidare se non accetterà ed Easy finisce per mettersi in viaggio con la bara e il proprio fardello di “morte”.

Easy parla proprio di questo, parla di strade sbagliate e di deviazioni, di incontri surreali e di contrattempi non meno surreali, ma parla anche della forza con cui si devono affrontare le incertezze e le paure, cercando una rinascita e, perché no, una redenzione” dice Magnani, regista e sceneggiatore del film, nelle note di regia.

Magnani costruisce una storia essenziale, raccontata attraverso il linguaggio dei corpi. Ogni personaggio parla una lingua diversa eppure tutti alla fine riescono a comunicare. “…Easy è una storia di confini. Quello filosofico tra vita e morte, quello culturale tra mondo latino e mondo slavo, quelli artificiali, costruiti dagli uomini, tra Europa Occidentale e Orientale, che sono poi i confini che Isidoro deve attraversare”.

Mano a mano che il carro funebre procede nei Carpazi, Easy si libera dalle modalità mortifere che lo hanno finito per spegnere. Anche Taras subisce una metamorfosi nell’immaginario dello spettatore. Da cadavere diventa una persona. È Easy a farlo “rivivere” attraverso il suo cambiamento: lo tratta come un amico con cui confidarsi, lo rassicura che non lo abbandonerà, dorme sulla bara come su una cuccetta a due piani, siede lì sopra con la figlia di Taras perché si riconcili con il padre che l’ha abbandonata per formare una nuova famiglia.

Nicola Nocella è l’attore protagonista, bravissimo nel lavorare per sottrazione sul personaggio di Easy conferendogli il candore surreale di un nevrotico Candide. Per questa interpretazione si è aggiudicato il Boccalino d’Oro, come migliore attore, al Locarno Film Festival 2017.