“E’ tempo di interrompere il silenzio della politica e riprendere una battaglia comune. Ritengo che sia proprio urgente farlo anche alla luce di tutto cio’ che sta emergendo dopo tre anni di applicazione della legge”. Con questo invito, Katia Zanotti, deputata Sinistra Democratica, Commissione Affari Sociali della Camera, diffonde la seguente nota pubblicata sulla rivista “Aprile on line”.Meno gravidanze, meno nascite, più aborti, più malformazioni, più parti plurigemellari: questo è l’esito, davvero scoraggiante, dopo tre anni di applicazione della legge 40 sulla fecondazione assistita messo in rilievo dalla {{relazione del ministro della Sanità al Parlamento}}. Che ha inoltre evidenziato come si sia quadruplicato il turismo procreativo all’estero dove, come è noto, le norme sono meno rigide.

Il fatto è che questo quadro era stato previsto da chi quella legge ha contrastato in tutti i modi, a partire da un’area importante della comunità medica e scientifica che quella legge è tenuta ad applicare.

Il Corriere della Sera ha in questi giorni dato notizia, in prima pagina, del rifiuto avanzato da molte coppie, notificato per iscritto ai direttori sanitari, verso l’impianto contestuale in utero di tutti e tre gli embrioni ottenuti, così come stabilito dall’art. 14 della legge 40. Le donne, soprattutto le giovani più esposte al rischio di parti plurigemellari, stanno {{insorgendo contro una norma che aumenta il rischio di aborti prematuri o di malformazioni dei neonati}}, considerando poi che i neonati da parti plurigemellari sono più spesso malati e sottopeso e la loro sopravvivenza e la loro salute sono affidate al fatto di poter contare su buone terapie intensive perinatali. Il Professor {{Carlo Flamigni}} in una sua intervista alla Stampa sottolineava come lo stato belga paghi i trattamenti ai centri di fecondazione assistita in cambio dell’impegno di questi a non produrre parti plurigemellari, oltre ad aver deciso che, nelle donne con meno di 36 anni, si può trasferire un solo embrione.

Insomma, quello che non è riuscito a fare il legislatore, che avrebbe avuto l’unico compito, attraverso la legge, di garantire il diritto alla salute della donna e del neonato, hanno deciso di farlo le donne e le coppie per conto loro, sulla base della innegabile evidenza che la legge non contiene alcuna sanzione per chi rifiuta l’impianto di tutti e tre gli embrioni. Del resto c’è {{un diritto all’integrità personale}} riconosciuto dalla stessa dichiarazione dei diritti dei cittadini europei e nulla può essere fatto sul corpo di una donna senza il suo consenso.

La iniqua{{ pretesa di assumere una convinzione di fede}}, l’embrione persona, come norma obbligatoria per tutti, ha portato agli ingiusti divieti lesivi dei diritti costituzionali relativi alla protezione della salute e della stessa libertà di ricerca scientifica.

Il numero di embrioni che è possibile creare in vitro non è un articolo di fede, ma attiene alle decisioni informate del medico, che deve essere libero di valutare in base alla salute e alla età della donna. Il congelamento degli embrioni in soprannumero eviterebbe di sottoporre la donna ad un nuovo ciclo di stimolazione ovarica per ogni tentativo di gravidanza. L’obbligo di trasferire comunque in utero gli embrioni, anche se risultano geneticamente non sani, è {{una assurda malvagità}}. Negare alla scienza la possibilità di studiare terapie per malattie sociali devastanti e oggi incurabili, come l’Alzheimer e il Parkinson, è illogico e dannoso perfino per quella economia della conoscenza che è ormai considerata da tutti una delle condizioni di sviluppo più importanti per i singoli Paesi.

La legge 40 vieta non solo la soppressione dell’embrione, ma anche il suo congelamento.

Che può fare dunque il medico in caso di diniego della donna all’impianto dei tre embrioni? Non può fare un atto di violenza contro la donna e quindi deve rispettarne la volontà. Non può neppure, per legge, sopprimere l’embrione. Non gli resta altro da fare che congelarlo.
A proposito di embrioni crioconservati: che fine hanno fatto o faranno quelli dichiarati abbandonati e la cui raccolta è in corso presso i vari centri che attuano fecondazione assistita per depositarli tutti presso l’Ospedale Maggiore di Milano, così come stabilì l’allora Ministro Sirchia? E’ utile ancora una volta ricordare che per continuare il loro lavoro {{gli Istituti di ricerca italiani comprano all’estero le linee cellulari embrionali}}.

Purtroppo per quelle coppie con problemi di sterilità e infertilità che con determinazione continuano a chiedere alla politica di uscire dal silenzio su una legge sbagliata nell’impianto e nella sua applicazione, la politica continua a opporre silenzio per l’unica ragione che la rimessa in discussione di questa legge aprirebbe contrasti e divisioni, non solo fra maggioranza e opposizione, ma dentro la maggioranza e nello stesso futuro Partito Democratico. Sta di fatto che una legge tanto sbagliata è {{difficile da correggere}} e andrebbe {{radicalmente cambiata}}.

Adesso, subito, urge cambiare le Linee Guida, finalizzate alla più precisa applicazione della legge, e che vanno aggiornate quest’anno. C’è una novità significativa al riguardo: {{l’Istituto Superiore di sanità ha valutato opportuno consentire l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita anche agli uomini che, seppure fertili, sono tuttavia portatori di gravi malattie infettive.}} Speriamo che il Ministero proceda in tal senso.

Ma non basta. Si può fare e si deve fare di più assumendo {{come barra di riferimento il principio della tutela della salute anche alla luce del dettato costituzionale.}}
Quelle donne che rifiutano l’impianto dei tre embrioni hanno relazione e trovano sostegno, solidarietà, informazione e supporto preziosissimo nelle Associazioni delle donne e delle coppie.

Bisogna trovare il modo, e con grande urgenza, perché torni ad occuparsene la politica a partire dalla {{ricostruzione di una forte relazione fra donne}}. Intanto sarebbe opportuno che nelle prossime settimane si potessero rincontrare coloro che hanno combattuto contro la legge, che hanno fatto la campagna referendaria, che hanno patito una sconfitta, ma che continuano a ritenere la legge 40 una legge crudele contro le donne.