“La fiera che si è tenuta a Londra nel 2015 – dice alla MISNA Symon Hill, della rete Campaign against Arms Trade – permette alle aziende produttrici di armi di incontrare i rappresentanti dei governi, compresi quelli di regimi aggressivi e oppressivi come l’Arabia Saudita, il Bahrain o Israele… Ospitandola, il governo inglese mostra il proprio disprezzo per i diritti umani”. Secondo dati pubblicati dal quotidiano The Guardian, tra il 2010 e il 2015 la Gran Bretagna ha venduto apparecchiature militari a 19 dei 23 paesi sanzionati dall’Onu per gravi violazioni dei diritti dei minori o l’impiego di bambini-soldato.

A luglio di quest’anno 2018 il presidente della Regione, Francesco Pigliaru,  in una nota istituzionale  ha chiesto che il governo italiano attui le risoluzioni del Parlamento Ue sull’esportazione di armi La richiesta fa riferimento sopratutto alla fabbrica Rwm Italia, casa madre tedesca che fabbrica bombe che vengono comprate dall’Arabia Saudita per essere usate nella guerra in Yemen. Un paese che da anni vede migliaia di  vittime tra i civili. Così si legge: “Capiamo bene che Rwm nel Sulcis significa occupazione, così come prendiamo atto dell’impossibilità di progetti di riconversione dichiarata dall’azienda, ma ciò non toglie il fatto che non vogliamo che la Sardegna sia identificata come terra da cui partono armamenti utilizzati in scenari di guerra nei quali si coinvolgono popolazioni civili e che nulla hanno a che fare con le esigenze di difesa del nostro Paese o dei nostri alleati occidentali. Anche la produzione e l’uso di armamenti deve aver luogo nelle consapevolezza che i diritti umani vengono prima di qualunque altra cosa. Per questo è necessario che si trovino soluzioni che destinino la produzione di armi localizzata in Sardegna a finalità coerenti con la nostra Carta Costituzionale in generale, e con le risoluzioni adottate dal Parlamento europeo in tema di esportazioni di armamenti verso l’Arabia Saudita in particolare.”

Va ricordato tra l’altro che  dagli anni Novanta si è aperto una discussione seguita da proposte di legge  prevedono un fondo dal quale le imprese che producevano armi  possono attingere per riconvertire la produzione. Su questo e sulla risoluzione del parlamento Europeo si è costituito un comitato che non vuole che il Sulcis sia conosciuto come un territorio dove si fabbricano armi per perpetuare all’infinito guerre nel mondo.

La richiesta:”Siano applicate le risoluzioni Ue”. “Ricordo infatti che il Parlamento europeo ha più volte indicato l’Arabia Saudita come un Paese verso il quale adottare un embargo all’esportazione di armi da parte degli Stati europei”, prosegue il presidente Pigliaru facendo riferimento a una serie di risoluzioni adottate a partire dal 2015, reiterate nel 2016 e ribadite il 13 settembre 2017 (leggi qui) . In particolare con quest’ultima, il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione il potenziamento del controllo sull’esportazione delle armi, la richiesta dell’istituzione di un’autorità UE e la creazione di un meccanismo di sanzioni per gli Stati membri che non rispettano la posizione comune. Secondo il Parlamento europeo le esportazioni verso l’Arabia Saudita violano la posizione comune dell’UE, e da qui l’invito all’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri, Federica Mogherini, per l’imposizione di un embargo sulle armi nei confronti del Paese. “Alcuni Paesi hanno comunque deciso di non aspettare – sottolinea Francesco Pigliaru – e hanno attivato autonomamente l’embargo. Tra questi c’è la Germania, l’azionista di RWM. Chiediamo che ora lo faccia anche il Governo italiano”.

Ma il Sulcis è solo uno dei lughi dove in Italia si producono armi infatti l’Italia è nella top 10 dei produttori di armi. La classifica, presente nell’ultimo rapporto del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), vede il nostro Paese al nono posto per quantità di armi esportate.

Per l’esattezza l’Italia esporta il 2.5% delle armi di tutto il mondo. Prima di noi in classifica troviamo USA(34%), Russia (22%), Francia (6.7%), Germania (5.8%), Cina (5.7%), Regno Unito (4.8%), Spagna (2.9%) e Israele (2.9%). Chiude la classifica al decimo posto l’Olanda (2.1%). La top 10 dei produttori di armi riguarda le cosiddette “major weapons”, vale a dire quelle pesanti (aerei, navi, sottomarini, carri armati e sistemi missilistici), e si riferisce al quadriennio 2013-2017.

L’Italia produce armi per:  Emirati Arabi Uniti, Turchia e Algeria sono le nazioni per le quali l’Italia produce più armi. Infatti rispettivamente acquistano il 12, il 10 e il 9.9% delle armi esportate dal nostro Paese. A loro volta questi 3 paesi sono tra quelli che nel mondo acquistano più armi, con Emirati Arabi Uniti al terzo posto, Algeria al nono e Turchia al dodicesimo. Tra gli altri clienti “affezionati” troviamo Israele, Marocco, Qatar, Taiwan e Singapore oltre a Polonia e Norvegia.

I produttori di armi in Europa

L’Italia, come possiamo vedere  è tra i primi 10  produttori di armi, è anche nell’alta classifica dei produttori europei. Infatti, dopo gli altri grandi paesi produttori di armi dell’Unione (Francia, UK, Germania e Spagna), si trova in quinta posizione. Tutti insieme costituiscono il 27% delle esportazioni. Per quanto riguarda invece le importazioni, la crisi economica del 2008 ha favorito un ribasso. Oggi infatti in Europa si importa l’11% in meno di armi rispetto al quadriennio 2008-2012.

Altri fatti importanti  Il rapporto sottolinea che il commercio di armi è cresciuto senza sosta dal 2003, aumentando del 10% dal 2008-12.  Le esportazioni dagli USA sono cresciute del 25% dall’ultimo quadriennio analizzato, mentre quelle da Russia e Germania sono calate: del 7.1% la prima e del 14% la seconda.   Le regioni che ricevono maggiormente sono Asia e Oceania che coprono così insieme quasi la metà (42%) delle importazioni totali.