Quando il mio babbo entrò in agonia – ho ancora nelle orecchie il respiro del corpo diventato macchina che pompava ossigeno – io sono scappata e l’ho lasciato alla cura fraterna di un amico sacerdote che gli tenne compagnia fino alla fine. Nessuno mi disse che si poteva forzare la durata della macchina che aveva preso il posto de mio babbo; se mi fosse stato chiesto l’avrei certamente preteso. La crudeltà di questi giorni ha riproposto alla mente di ciascuno di noi lutti e e dolori che avevamo rimosso: {{ci siamo rispecchiati in Eluana e in papà Englaro}}, e pensiamo alla morte, altrui e nostra, e {{alla testimonianza di un uomo che ha posto la società davanti a un problema che non era solo suo}}.

Liberi da veli dogmatici, ci si rende conto di quanta sofferenza sia stata caricata sulle spalle di uno che ha avuto il coraggio di non privatizzare una responsabilità, sua in quel momento, ma da condividere con tante famiglie non abbienti, sole nella disgrazia di mantenere in casa con spese e fatiche indicibili un’Eluana non ospedalizzata. L’ha condivisa anche con tutti noi, che potremmo trovarci nelle stesse condizioni, sia di corpi divenuti inerti, sia di testimoni di angoscia senza limite e ancora senza sicurezza di poter esprimere atti di volontà liberi.

Mi deprime {{l’assurda interferenza}} e il sostegno dato ad una precisa e non disinteressata parte politica da parte di {{una chiesa cattolica}} che non è intervenuta negli altri paesi quando hanno deliberato sulla stessa materia e che impone la propria verità come un comando politico.

E che, soprattutto, del valore cristiano non accoglie l’amore per tutti gli esseri umani e {{non accusa di assassinio}} chi uccide in guerra o per femminicidio, per mafia, per incoscienza nella guida di veicoli, {{ma noi donne}} quando incrociamo il dramma di rifiutare la vita che alimentiamo nel nostro corpo e quanti chiedono di essere responsabili di sé anche quando si perdono.

Sono sdegnata, poi, e mi sento male, se penso che qualcuno ha usato un mondo di dolore con l’intenzione di indurre il Parlamento a lavorare alcuni giorni per fare a pezzi l’articolo 32 della Costituzione (e parecchi altri, compresi quelli dell’autonomia della magistratura e della Presidenza della Repubblica) pur di dilazionare gli interventi urgenti contro il dilagare della crisi.