Alcuni mesi fa, il 9 maggio, a Napoli presso la libreria Evaluna, dalla Società delle letterate fu presentato il libro Le donne della cattedrale di Gisella Modica. Gisella è mia amica e mi aveva chiesto di presentare il libro con lei ed anche con Floriana Coppola e Serena Guarracino.

Lavorando in una biblioteca, il libro per me è un oggetto che stimola in ogni sua parte: copertina, indice, note, frontespizio, rilegatura. La copertina di questo libro è rossa con al centro, in sfumature di grigio, una foto di Letizia Battaglia, dal titolo Palermo. Si ritrova la foto Palermo in ultima pagina, riportata per offrire alla lettrice o al lettore la possibilità di guardare l’opera d’arte non imprigionata nella copertina; la foto viene elencata nell’indice come un ultimo capitolo. La foto è di una donna nuda, distesa su una terrazza con vista sulla città. Ho chiesto a Gisella perché avesse riportato come ultimo capitolo la foto. Mi ha risposto: per poterla ammirare nella sua reale bellezza. Palermo è una donna distesa su una coperta, e il libro racconta di tante donne che hanno dato vita a tanti accadimenti nella città dell’autrice. Guardare Palermo, guardando una donna, raccontando le storie di tante donne. Donne in lotta per la giustizia, alla ricerca di una propria casa, di una propria immagine, di una relazione autentica con il proprio presente, con il luogo abitato, con le altre, con tradizioni e trasgressioni, con la propria madre e con il proprio padre.

La protagonista, Mara, è una donna che partecipa alle lotte per la casa e così arriva a frequentare donne diverse che cercano a loro volta una casa per se stesse. La cercano esprimendo un’esigenza soggettiva di una casa da abitare per avere un tetto, per portarci mobili di famiglia e propri ricordi, ed anche come collettivo: donne che si scambiano racconti, esperienze, desideri, impegni politici a partire da loro essere.

Mara è una donna inquieta perché alla ricerca di una propria originale immagine da offrire al mondo e di un proprio originale pensiero del mondo stesso. Fà confusione nel cercare di tenere il filo delle sue inquietudini, tanto da destabilizzarsi. Infatti quando deve esprimere una sua idea, un suo pensiero diventa balbuziente e per realizzare la vita giusta in cui crede, inseguita cadrà, e zoppicherà. Va fino a Genova per cercare la giustizia, sicura che tra la gente, con il suo ragazzo, rassicurata dalle teorie politiche del padre, niente potrà succederle. Invece durante gli incidenti di Genova si farà male e sarà costretta a camminare solo aiutata dalle stampelle. Anche a sua madre aveva detto che era sicuro andare a Genova, di stare tranquilla, perché non le sarebbe accaduto nulla di male. Ha cercato di rassicurare quella madre petulante che le stava troppo addosso. La sentiva proprio come un peso sulle sue spalle, e così non poteva andare spedita (sicura). È la stessa madre che cuce anche i suoi vestiti, vestiti che non sente suoi e di cui vuole disfarsi.

Ritornata a Palermo le sue inquietudini sono sempre più forti e si sente ancor più destabilizzata. Cerca nei centri sociali le donne che lottano per avere giustizia a questo mondo rivendicando i loro diritti. Invece proprio lavorando con loro capisce che non ci sono diritti da conquistare, ma solo vite da vivere. Cercando di vivere la sua si relaziona caparbiamente a ogni cosa e creatura che incontra. I suoi incontri si mischiano, si mescolano con le sue idee politiche, il suo passato, i racconti della sua infanzia e i suoi sogni.

Si stanca nel percorrere le tante strade della sua città, fino ad addormentarsi e sognare. Nel sogno una voce le dice di scendere giù nel pozzo, di non avere paura, di toccare il fondo per sentire la profondità.

Nello svegliarsi percepisce che ormai si sta riempiendo corpo e mente di frammenti di vite diverse, della sua e di quella d’altre: è una miscela che potrebbe diventare esplosiva se non riuscisse a trovare il bandolo della matassa. Oltre a mantenere il filo si dovrebbe anche diventare capaci di tessere i tanti fili della vita: femminismo, differenza sessuale, lotta per i diritti, parità tra sessi, desideri di felicità.

Molte donne senzatetto di Palermo, con il Comitato 12 luglio, hanno occupato la Cattedrale. Altre donne, che frequentano come Mara il centro sociale Zetalab, sgombrato continuamente dalla polizia, cercano di aiutare le senzatetto. La protagonista del racconto, dunque, vive contemporaneamente diverse dimensioni: donne che fanno l’autocoscienza, altre che lottano per la casa, altre che frequentano centri sociali e tra queste diversità cerca una propria dimensione personale e politica.

La confusione per lei è tanta, cerca risposte, cerca un proprio ordine. Una mattina, mentre crede di poter trovare un suo posto nel mondo andando a raggiungere il padre a Dublino, si ritrova in una manifestazioni di lotta per la casa. Le donne che avevano occupato la Chiesa Madre non vogliono sgombrare: oltre ad avere un tetto, in quella chiesa, si sentono accolte e la vita collettiva offre ad ogni occupante un’esperienza mai vissuta prima. Condividono uno spazio e si raccontano le vite. Hanno scoperto che scambiandosi esperienze ed esprimendo desideri ottengono un di più, dato dall’incontro con l’altra. L’altra può diventare anche una guida nel groviglio della tua vita e darti forza per affrontare il mondo.

Proprio quella mattina tante donne si muovevano in città per andare verso la Cattedrale, la Cattedrale di Santa Rosalia e per la strada si incontrano Mara e Angela. Quest’ultima ha perso la mamma che faceva la sarta e le cuciva i vestiti; anche lei ha indossato vestiti cuciti dalla madre. Rimasta sola e senza casa al suo abito dovrà pensarci da sé. Angela imbattendosi nelle donne senzatetto, decide di unirsi a loro; anche lei è una senzatetto. Quella mattina è andata dal fotografo a ritirare l’unica foto che aveva di sua madre. Aveva fatto fare un ingrandimento, così che non potesse scordare il suo viso. Ricorda il momento in cui suo fratello aveva scattato quella fotografia: lei che è salita sul tetto della casa per guardare il mare e sua madre giù che cercava di farla scendere, con il metro da sarta al collo. In quel corteo le due donne si incontrano.

Mentre Mara offre ad Angela il modulo di richiesta per la casa e lei lo mette nella borsa cade la foto, si scopre l’immagine della madre e Mara si rivede nel pozzo dei racconti della nonna, ed ora capisce che non può evitare di passare da quella profondità.

Gisella Modica. Le donne della Cattedrale, Villaggio Maori Edizioni, Catania, 2013