A Firenze, nei giorni 21 e 22 novembre si svolgerà il Forum per una Rete@Sinistra. E’ questo il primo e parziale punto di arrivo di un percorso avviato pochi mesi fa da un gruppo di persone convinte che ci sia nel nostro Paese una sinistra diffusa che non riesce a sentirsi coinvolta nei due processi aggregativi in corso (la Federazione anticapitalista e Sinistra e Libertà). Punto di arrivo certo, ma soprattutto punto di partenza, di rilancio di un processo costituente orizzontale, per dare vita a un soggetto politico collettivo diverso, a rete, disposto al dialogo con le forze politiche organizzate, ma ben deciso a respingere pretese di primogenitura, di annessione da parte di chicchessia, senza ipotesi organizzative preconfezionate, dove tutti e tutte si possano sentire a casa.

Per questo il Forum si articola su due temi: il {{rinnovamento delle forme della politica}} e l’{{agenda della sinistra}}.

Sul primo tema abbiamo deciso di sperimentare un metodo di lavoro derivante dalle esperienze di democrazia partecipativa/deliberativa che abbiamo conosciuto in questi anni, dai Social forum alle molteplici esperienze locali.
_ Riteniamo che qualunque analisi, qualunque proposta, per quanto innovativa e creativa, non potrà essere efficace se non riusciremo a definire contestualmente dove, come, chi decide tempi e modi dell’iniziativa politica collettiva. E che le nuove forme della politica si cambiano praticandole.

{{La giornata di sabato 21}} è caratterizzata quindi dalla sperimentazione di un modello di democrazia partecipativa/deliberativa, che desume alcune caratteristiche dall’e-TM (electronic Town Meeting e altre dall’Ost (Open space technology). Per una spiegazione più dettagliata consiglio di leggere i materiali contenuti sulle pagine del sito [www.forumsinistra.it/web/->http://www.forumsinistra.it/web/].

Qui vorrei soltanto fare una considerazione: credo che l’esigenza di rinnovamento della politica riguardi in particolare tutte quelle donne che, come me, hanno pessimi rapporti con le forme che essa presenta attualmente, con i suoi riti (riunioni, assemblee, mozioni ecc.) e i suoi miti (leader più o meno carismatici, partito a cui affidare le proprie sorti, ecc.).

Sono da molto tempo convinta che il problema dell’ingresso delle donne nei luoghi decisionali, così come formulato dalla politica delle pari opportunità, sia mal posto.
_ Dico questo pur essendo una sostenitrice convinta della necessità di affrontare il problema dei diritto delle donne a essere rappresentanti, diritto tanto declamato, quanto disatteso.

Accanto alle istanze di democrazia paritaria, che pur condivido largamente, colloco un’altra richiesta: piuttosto che spingere le donne a entrare nei luoghi di potere, dove non sono e dove molte non vogliono entrare, credo che si debba {{operare per dislocare il potere nei luoghi dove le donne già sono}}.

Mi porta a questa affermazione soprattutto una lunga esperienza politica, che ha attraversato le vicende della partecipazione in Italia a partire dagli anni ’70. Penso agli organismi di gestione democratica della scuola, alle strutture di gestione del servizio sanitario nazionale, così come, su un piano meno istituzionale, alla miriade di comitati attivi a livello territoriale o finalizzati alla soluzione di un unico specifico problema. Vedo da sempre donne attive nei movimenti pacifisti o ambientalisti, così come nelle esperienze collettive di consumo consapevole.

Nelle forme più istituzionali questa presenza ha tenuto fino a che non è stato chiaro che nessun potere veniva effettivamente ceduto: penso alla scuola e alla vanificazione dei consigli di istituto a vantaggio del corpo docente, fino a che anche il corpo docente non è stato esautorato da una trasformazione della figura del preside in dirigente scolastico-manager di una scuola autonoma, libera di gestire risorse sempre più scarse.

Negli ultimi anni, per interesse professionale e politico, ho seguito le vicende della cosiddetta democrazia partecipativa e/o deliberativa, alla quale qualcuno/a vorrebbe affidare il compito di porre rimedio alle difficoltà in cui si dibatte la democrazia rappresentativa. Sia nel dibattito teorico che nelle esperienze politiche, non solo italiane, ho incontrato una presenza di donne più numerosa del solito.
_ A volte tale presenza è favorita esplicitamente da chi organizza l’evento, a volte è casuale. Il carattere non rituale della maggior parte di queste esperienze, il nesso fra partecipazione alla discussione e partecipazione alla decisione fanno sì che, nonostante limiti su cui qui non ho il tempo di soffermarmi, si sia per lo più lontani dalla forma del “torneo oratorio” assunto nel corso del tempo dalle assemblee, anche da quelle di movimento, oltre che da quelle istituzionali.

E’ forse questo che rende più interessanti queste occasioni per le stesse donne che trovano poco interesse per le modalità tradizionali della politica.
E’ con questo spirito che ho lavorato, insieme ad altri/e, alla costruzione di questi due giorni per una Rete@Sinistra.