Lella Costa, famosa attrice di teatro, in una recente monologo in Tv ci ha ricordato gli stereotipi sulle donne rivelatori delle culture italiche e non solo. Citando il discorso della moglie di Obama per l’avvio della candidatura alle presidenziali americane, ci ha ricordato il dire comune che {{dietro }} a un uomo importante e di successo, c’è sempre una donna . {{Dietro …}}{{non accanto,}} ha commentato {{Lella Costa}}. Ma il mondo continua a girare in questo modo; anche per la complicità delle donne che hanno introiettato e collocato nell’inconscio, le modalità del vivere nel privato e nel pubblico in posizioni secondarie se non subordinate.

{{Marina Zannella}} ha pubblicato un articolo (12/09/2012 Neodemos) di analisi della produzione e del consumo di tempo all’interno della famiglia, quanto mai opportuno in tempi di primarie e di candidati maschi che non si riesce mai a capire come la pensano sul versante donne e lavoro, donne e lavoro di cura.
Intendendo per lavoro di cura si intende: il cucinare, il lavare e riordinare la cucina; l’acquisto di beni di servizio e la gestione della famiglia; la cura pratica dei figli e l’eventuale cura dei genitori inabili, ecc.

La {{Zannella}} ( quanti nel Pd in vena di candidarsi alle primarie e il giovane Matteo Renzi già lanciato nella sua campagna di acquisto dei voti, avranno letto l’articolo sulla prestigiosa rivista online di ricercatori e docenti universitari ?) scrive che{{ l’esclusione del lavoro domestico non retribuito dai conti economici porta a }} {{sottovalutare}} {{ il valore , sia della produzione totale, sia di quella generata dalle donne}}.

E precisa: “Ciò può esercitare una notevole influenza sulle politiche dato che l’’assenza di visibilità delle donne all’economia porta a politiche che perpetrano l’ineguaglianza economica, sociale e politica tra uomini e donne.” Come dire: l’invisibilità come produttore nell’economia relega all’invisibilità anche nella distribuzione dei benefici. Occorre, quindi, individuare la produzione domestica come questione di fondamentale importanza . Occorre quantificare il valore monetario . Il tempo dedicato alla cura della casa e della famiglia ci rivela che gli uomini svedesi e tedeschi sono quelli che dedicano più tempo al lavoro domestico nelle coorti di età giovani e centrali. Ma gli uomini italiani e spagnoli partecipano al lavoro di cura in misura nettamente minore a tutte le età. E poi, mentre per le fasce di età dai 45 ai 64 si tratta di 40 ore settimanali , per le donne di età più giovane (24-44) e più anziane (65-85) si riduce di poco.

Probabilmente, scrive la ricercatrice, gli uomini in età giovanile e centrale, tendono ad investire più tempo nel raggiungimento di obiettivi lavorativi. Soltanto una volta raggiunta la stabilità professionale, iniziano a investire anche nella produzione domestica.
La disparità tra generi si deve alla persistenza di norme sociali tradizionali e all’assenza di politiche di sostegno alla famiglia, soprattutto quelle volte alla riconciliazione tra il ruolo genitoriale e quello di lavoratore.

Si tratta del classico gatto che si morde la coda: {{comportamenti tradizionali diffusi e monopolio maschile della politica}} . Per ritornare a{{ Lella Costa}} e agli stereotipi: quanto influenza gioca l’interiorizzazione della divisione sessuale dei compiti tra privato e pubblico? Si ascoltano ancora reprimende sulle donne che si concedono un po’ di tempo per sé fuori casa quando i figli sono piccoli. Mai si ascolta dire dei padri che invece di stare con i figli, dopo il lavoro, vanno al bar.

Qualche anno fa uscì un saggio di {{Maurizio Ferrera}} intitolato “{ Il fattore D} “ (ed.Feltrinelli) che sosteneva essere l’occupazione femminile un potente fattore di crescita del Pil di una nazione.

In questi giorni {{Ferrera}} ha scritto (27 esima ora.corriere.it) un articolo: “{Se il ‘Fattore D’ resta un accessorio}” . Accusa il governo Monti di sottovalutazione l’importanza dell’occupazione femminile che continua a scendere, con la crisi, mentre tiene in altri Paesi. Fra il 2005 e il 2007 si era registrata una leggera crescita: dal 45,3 % al 46,6 %, dati peraltro ancora lontani dagli obiettivi di Lisbona per i Paesi UE e di molto inferiori a quelli dei Paesi Ue del Nord Europa.

Scrive: “L’agenda donne non è (ancora) stabilmente ancorata al nucleo centrale della nostra politica economica e sociale. E’ percepita e trattata come un accessorio, del quale occuparsi ‘dopo’ o ‘di lato’, perché in fondo meno essenziale di altri obiettivi”.

Interroghiamo su questo aspetto, economico e sociale, che riguarda il Pil e la vita delle donne, i candidati del Pd per le primarie; e tutte/i gli altri da Sel a 5stelle, ecc. che candidati/e saranno per le prossime elezioni al Parlamento.

Immagine da {patgallery} in ingenere.it