Ciao a tutt*, prometto che sarà quasi sicuramente la prima e unica nota che scriverò sulla politica locale di questa mia martoriata città, Genova, perché da anni, per la precisione dal G8, la delusione e lo sconforto è stato tale
che ho smesso di appassionarmi e di credere che le cose potessero
migliorare, e quindi cambiare. Da donna di sinistra sono una cittadina educata farò i miei
auguri alla nuova giunta genovese, molto celebrata anche perché a guidarla è
la ormai notissima {{Marta Vincenzi}}, una donna senza dubbio energica e capace
di vincere anche su avversari temibili e soprattutto di farlo nel clima
paludoso di Genova, dove le energie sono solitamente impegnate a fare
fallire i progetti altrui piuttosto che a costruire occasioni plurali,
almeno nella tradizione della sinistra.

Una donna che non lesina, ci dice la stampa locale, un linguaggio e un
approccio {“camallo”} persino ai cosiddetti guru dei quali ha deciso di
circondarsi: a Freccero dice “dammi una mano e non rompere le palle”
(speriamo che non parli delle sue, non si sa mai, le donne al potere si
sa adottano linguaggi e modi maschili perché pensano di essere in questo
modo migliori delle donne normali) e cattura l’inarrivabile Piano per dare
una sistemata all’urbanistica. Speriamo che almeno la zona di via Prè, ferma
al degrado di 30 anni fa nonostante la pioggia di soldi delle Colombiane
prima e del G8 poi ne tragga qualche vantaggio, per non parlare di
Cornigliano e del fallimento del piano di risanamento.

La faccio breve e vengo al mio caruggio, che essendo una femmina è
quello riguardante le Pari Opportunità. L’ultima che mi è successa lavorando (fuori Genova, naturalmente)
in un progetto sulla cultura delle donne commissionatomi da un {{piccolo
comune piemontese}} è stata sentirmi dire che “forse era discriminatorio
parlare solo delle donne” nel titolo di una iniziativa dedicata alle donne.
Mi si {{suggeriva di non usare la parola donna}} per non far sentire
discriminati gli uomini, magari era meglio ometterla.

Mi sembrava lievemente kafkiano il tutto, ma penso che quel momento di
straniamento sia stato superato quando ho appreso che {{l’assessorato genovese
alle Pari opportunità}} è stato {{modificato in Assessorato alle
Pari opportunità, Agenda 21, Tempi della città e animali}}. Ora si sa che
le parole sono pietre, e che se ci si rivolge ai guru della comunicazione
qualche significato al simbolico forse lo si attribuisce, sempre che si
sappia di cosa sto scrivendo.

Non credo che esistano altri luoghi significativi in Italia dove
l’assessorato alle pari opportunità è collegato con una delega così
particolare come quella agli animali. So di tentativi poetici e
politicamente alti come gli assessorati alla dignità (a Napoli e Venezia) e
di proposte, sempre a Venezia, da parte di gruppi di donne per l’stituzione
di un assessorato alle bellezze del territorio.

Suppongo che se si affida la cultura di una città ad un esperto di
televisione questo fatto sia il sintomo chiaro che la mutazione socio
antropologica della politica e della comunità è giunta al compimento: dopo
un presidente del Consiglio miliardario e proprietario di tv commerciali
perché non si deve governare la cultura senza l’impero dell’immagine,
magari proponendo un festival sul cinema fatto da chi possiede un celulare
con fotocamera?

Ma penso che il sintomo più evidente del mutamento sia
davvero l’avere scelto di accorpare, nella stessa frase che declina un luogo
decisionale nevralgico per il governo locale, le pari opportunità con gli
animali. Chi scrive è amante dei felini, vegetariana da sempre, quindi
animalista per definizione: ogni iniziativa che la rivista “{Marea}” ha pensato
in città e altrove ci ha viste offrire rinfreschi e cene rigorosamente
e golosamente senza uso di carne e pesce. Ma, sempre se il simbolico ha un
senso e un peso, donne e animali sono un binomio che non avrei voluto vedere.
insieme nella politica decisionale.
_ Si dice che non si può avere un
assessorato dedicato solo alle pari opportunità, perché ci sono tante cose
da fare e poche risorse: è un ritornello, quello delle priorità, che ci
viene propinato da una trentina d’anni, insieme all’alibi che noi stesse
forniamo al mondo: non è forse vero che sono le donne a prendersi cura del
mondo, e quindi ad essere capaci oblativamente di occuparsi di più cose
contemporaneamente?

Perché allora sento il bisogno impellente di diventare
egoista, accentratrice e furiosamente sorda a qualsiasi metissage, tanto da
volere un solo assesorato e tutto e solo per la metà delle persone che
compongono la società?

Perchè non si accorpano le Politiche delle
sviluppo,o la Città educativa, o la città sostenibile, o la sicurezza con
gli animali?

Perchè non si destinano, per cambiare, risorse e unicità alle
politiche di genere (come forse sarebbe meglio chiamare oggi la questione
del riordino e bilanciamento della democrazia sessuata)? Si tratta di uno
scivolone freudiano sul vecchio (e riesumato per l’occasione con successo)
“donne e buoi dei paesi tuoi”? sarà una trovata mediatica?

Ho finito davvero, auguri a tutte noi, qualunque sia il vostro animale
preferito, sperando che al primo posto non ci siamo i politici e le
politiche.