Fatta l’Italia, bisognava fare gli italiani. E a farli furono soprattutto le donne. Le educatrici, in particolare. Questo il tema del numero 87 di Leggendaria, presentato ieri a Roma presso Fandango Incontri, libreria e spazio culturale della Provincia di Roma. L’unità d’Italia, tanto decantata quest’anno che ricorre il 150º anniversario, non si sarebbe realizzata senza il contributo delle donne, spesso dimenticate dai libri di storia e dalle celebrazioni ad essa dedicate. Di loro, nella veste delle educatrici si sono occupati storiche e storici, letterate e pedagogiste/i che hanno contribuito alla realizzazione del nuovo numero di Leggendaria, per l’appunto dal titolo “Donne che hanno fatto l’Italia. Le educatrici”, nelle librerie dal 3 giugno.

Il proliferare degli ultimi tempi di volumi dedicati a queste antenate del nostro Paese è sicuramente un fatto significativo, ma porta alla luce il mancato riconoscimento e la scarsa attenzione ricevuta da ricerche di lunga data che hanno reinterpretato il Risorgimento e la costruzione dell’identità nazionale attraverso lo sguardo sulle donne.
_ Non si tratta infatti quasi mai di lavori estemporanei. Ciò che emerge dagli studi è la straordinaria quantità di figure femminili che ebbero un ruolo fondamentale e, soprattutto, le loro diversità, le scelte di determinate pratiche politiche piuttosto che altre.

Anna Maria Crispino, direttora di Leggendaria, nell’introdurre il dibattito in merito ai temi proposti dalla rivista, ha riconosciuto ai 150 anni dell’unità il merito di aver fatto rimettere a fuoco molte questioni sul Risorgimento, non solo legate alle donne, da cui forse si era distolta l’attenzione e posto una questione: “Possono queste donne considerarsi in qualche modo antesignane del Femminismo?”

L’intervento di Cecilia D’Elia, vicepresidente e assessore alle politiche culturali della Provincia di Roma, ha invece sottolineato il valore del nesso educatrici-patriote che emerge dalla lettura della rivista. Frutto di una presenza intellettuale femminile come sfida su cosa dovesse essere l’educazione in un disegno di rinnovamento e costruzione del Paese o semplice declinazione del lavoro di cura?

Sicuramente averle dimenticate per anni e non averne riconosciuto i meriti ha a che fare con la misoginia italiana, quotidianamente sotto gli occhi di tutte e tutti.

Filoni centrali delle ricerche sono il tema della maternità e dell’educazione, temi problematici delle nostre radici fondanti e aperti anche oggi. Al Risorgimento, infatti, secondo Barbara Mapelli, docente di Pedagogia della differenza di genere di Milano-Bicocca, va attribuita la creazione di una serie di modelli esemplari di figure stereotipate di cui ancora vivono molti retaggi.
_ Anche oggi nel mondo dell’educazione gli uomini sono pochissimi, specialmente nell’ambito dell’educazione primaria, tema su cui sarebbe interessante interrogarsi soprattutto per gli esiti di diffusione di stereotipia di genere nei bambini. Lo stesso vale per lo stereotipo della donna-madre.
_ Al Femminismo a suo parere va rimproverato il non aver affrontato la questione della maternità reale: si è analizzata la maternità simbolica, il rapporto con le madri, e quello con le figlie?

L’educazione, così come la maternità, è considerata culturalmente per stereotipo destino “naturale” delle donne: un inganno da destrutturare con la ricerca storica e l’analisi critica. Per moltissimi secoli, infatti, le donne furono invece escluse dall’insegnamento.

Esclusione/inclusione, contraddizione che funge da filo rosso nella storia d’Italia e delle italiane, sostiene Rosanna De Longis, vicedirettore Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea. Un appello alla partecipazione e alla realizzazione di ruoli da protagoniste, ben delimitati a certi confini. Contraddizione specchio di un atteggiamento altalenante tra sostanziale misoginia e subalternità, magari attraverso forme di tutela.

Per Simonetta Ulivieri, preside della Facoltà di Scienza delle Formazione dell’Università di Firenze, se è vero che il maschilismo non mancava negli anni del Risorgimento, è però da non dimenticare la vena di liberazione della donna di quel momento storico. Poi sopita per riemergere durante quello che Lidia Ravera chiama secondo Risorgimento, ovvero la Resistenza.
_ Una vena probabilmente sottorranea a tutto ciò che avverrà successivamente. Di Garibaldi si ricorda, per esempio, l’apertura di tanti conventi per la liberazione di giovani donne monacate forzatamente, così come di asili per i bambini indigenti.

Marilena Lucente, insegnante e scrittrice, ha proposto una riflessione sul proliferare di ricostruzioni risorgimentali basate su biografie.
_ Spesso storie che seducono per il loro aspetto romanzesco, nel bene e nel male. Gli studiosi di biografie sostengono che se ne ha grande sete nei momenti di crisi nel rapporto con le istituzioni: non è oggi proprio uno di quei momenti?

Sicuramente, per sua esperienza di insegnante, il 150º anniversario è stato un regalo, un’occasione per la riscoperta di tanti temi e tante figure dimenticate, in un’atmosfera di grande lezione di storia collettiva.
_ E soprattutto per interrogarsi su nuove forme di racconto che riescano ad avere un effetto sulla vita reale, quella in cui nelle merendine dei bambini si trovano omini di cartone rapprensantanti Mazzini e gli altri, ma neanche una donna.

A concludere il ricco dibattito, Carmela Covato, curatrice del “Tema” di Leggendaria insieme a Luciana Di Mauro, che ha invitato alla riflettere su come la partecipazione delle donne al Risorgimento fu soprattutto nel campo dell’educazione, perchè era uno dei pochi ambiti a loro aperto.
_ Dietro la retorica delle donne “che hanno fatto l’Italia” si cela una sottomissione culturale e stipendiale: pagate un terzo rispetto ai colleghi uomini fino al 1906 e soprattutto fortemente penalizzate rispetto ai diritti civili, come il quello di voto.

Tante le questioni e le suggestioni alla ricerca e alla riflessione continue, con un occhio sulla storia e uno sull’attualità di cui è madre. Un’occasione di lettura, che apre scenari e stimola percorsi di analisi differenti, sicuramente interessante e prolifera per futuri dibattiti.