Alcuni lettori del blog stranieinitalia.it lanciano una proposta alle lavoratrici e lavoratori stranieri: “Voi che ne pensate di uno sciopero dei lavoratori stranieri? ”. E’ l’ennesima richiesta di scaricare sui migranti stessi, irregolari e regolari per giunta, le colpe di uno stato infame, che non sa nemmeno come smaltire i suoi stessi rifiuti.Circa una ventina di anni fà guardavo come un film, le molte signore
della Roma bene che avevano scombinato le loro radici culturali,
avvalendosi di donne filippine.
_ Erano anni in cui fiorivano i ristoranti cinesi, tutto un susseguirsi di
cene all’orientale, bambini e cani con la tata filippina, poi qualcuna
azzardò anche l’etiope o l’indiana, in giro per il mondo insomma,
quasi un’eterna vacanza.

Una cosa da ricchi, di chi poteva pagare un viaggio lontanissimo alla donna e spendere, oltre che mantenere “la donna” con una cifra in lire che era quanto guadagnavo io, impiegata: mi dissi che se fossi stata licenziata, avrei saputo cosa fare…

Scoprii solo alcuni anni fa, alla Casa Internazionale delle donne, per
un invito sulla situazione delle donne straniere in Italia, che {{le
filippine erano plotoni}}, che si avvicendavano e tornavano a casa come
eroine, con tutti gli onori, cariche di doni magari pagati con rate a
strozzo dalla mafia in Italia.

Lasciavano i loro figli ad altre filippine, mezze parenti o conoscenti, l’incombenza della crescita dei bambini, {{riuscivano a pagare anche loro una donna…}} seguirono dei filmati, autoprodotti nelle Filippine e da noi, finì così, andammo tutte a casa, quella “nostra” davvero, si sa come vanno a concludersi i convegni: commozione abbracci progetti…

Ma questa necessità divenne sempre più diffusa e confusa: pulizie,
assistenza anziani, factotum della “cura”, tucur.
_ Cambiarono in seguito i luoghi di provenienza e vennero da ogni dove,
seguite da sorelle, cugine, zie, di ogni età: alcune rimanevano
indipendenti e si prendevano stanze dove poter dormire e mangiare
insieme, tralasciamo i costi e le condizioni, le altre a casa di chi
“curavano”, magari pagate di più e schiave di più: macine da soldi per
“curare” le loro famiglie.
_ Un esodo, a volte senza ritorno, di proporzioni enormi e straordinario,
mai accaduto prima nella storia.

{{Il soggetto maschile era solito dire la mia donna}}, sopratutto se non
moglie, c’è stata invece una rapida rivoluzione di ruoli e non ce ne
siamo accorti e {{le donne dicono la mia donna}}.
_ Rimane il risultato della proprietà, con {{risvolti spesso tinti di giallo se la donna è clandestina}}: si dispera perchè deve tornare al Paese suo per poi tornare in regola, sa che dovrà subire ricatti, dentro e fuori.
_ Il fenomeno è così dilagante e divenuto ordinario, che nessuna frazione di paese, in terra italiana, ignora questa possibiltà e la usa, non più le signore bene: così fan tutte.

E girano tra noi, senza avere scritto sulla fronte il luogo di origine…
sono poche quelle di colore, piacciono assai di meno alle donne, più
agli uomini e con altri scopi e usi, anche se pure quelli potremmo
definirli di cura, vero?
_ Donne sorelle, donne amiche, donne divise, tutelate, scambiate come
merce, rinviate al mittente se indesiderate, alcune scomparse come
spazzatura.

Donne bottino di donne: “la mia donna è un disastro, la mia è un tesoro,
la mia è una paracula…”
_ Mai le donne curarono così la vita per scongiurare la morte di uno
sconosciuto: l’evento finale diviene l’incubo, significa la nuova ,
ennesima ricerca dolorosa e piena di speranze, di coloro che sono soli,
senza patria famiglia e dio.

Ma ecco che alcuni lettori “sensibili” del blog [stranieriinitalia->http://www.stranieriinitalia.it/],
lanciano una proposta alle lavoratrici e lavoratori stranieri: “Voi che
ne pensate di uno sciopero dei lavoratori stranieri? Dite la vostra
lasciando un commento!”.
_ Non è una provocazione ma un’ ennesima
richiesta di scaricare sui migranti stessi, irregolari e regolari per
giunta, le colpe di uno stato infame, che non sa nemmeno come smaltire
i suoi stessi rifiuti: “dì alla donna di buttare la mondezza quando
porta a pisciare il cane”.

Mi ritorna alla mente quando nei primi anni ’70, all’università La
Sapienza, gli studenti romani in lotta, al fianco dei metalmeccanici,
frustrati e sprovvisti di fabbriche nel territorio – la Fatme sembrava un
fortino del Pci – salutavano con applausi l’ingresso in assemblea
dell’operaio, che altri non era che un portantino del vicino
Policlinico.
_ Così oggi la rom, la migrante viene messa in prima fila nelle
manifestazioni nazionali, desertate quando sono i “migranti” a
scendere in piazza, poche donne anche lì, stanno a casa, a badare, fosse
pure di domenica che magari la pagano per l’extra: la mia donna non
poteva venire, fà lo stesso in tempi di parità e pari opportunità, che
lo dica un uomo o una donna.

Non sono più i bei tempi delle “nostre” balie da latte, delle belle
ragazzine di Subiaco, di quelle che venivano a fare il bucato, sembra
resitere solo la “nostra” ciociara, agli stupri dei calanti dall’est.
“Ho da poco una donna delle pulizie russa, che oggi ha chiesto a mia
moglie di ascoltare non so ancora quale disco di David Oistrakh mentre
faceva i mestieri, questa è musica che parla alla mia
anima” :conversazione on line, copiata a caso, dal Forum sulla musica
italiana, merce per palati raffinati.
_ Per fortuna divina, qualcuno invita noi tutte e tutti, ad armarci, come
per la Cresima, ad ottenere “il coraggio di affrontare le sfide del
mondo”, come “materialismo, relativismo e laicismo”, senza “cedere a
compromessi” e “disposti a pagare di persona”, prendendo esempio da
uno che di carcere ne seppe qualcosa, come Pio VII: inutile dire che
“le badanti sono un caso a parte.”
_ Le padrone e i padroni ringraziano i cristiani doc, pacem in terris e
tanta “buona volontà” nel dipanare la matassa di questa globale
contraddizione.