Pubblichiamo il documento prodotto dalle “vedove nere” in risposta al testo congiunto dei ginecologi romani sulla rianimazione dei feti prematuri. Maggiori informazioni sul gruppo si possono trovare sul sito www.vedovenere.comIn seguito alla presentazione del mirabolante Testo Congiunto dei direttori delle cliniche ginecologiche delle università romane in occasione della Giornata della Vita, anche noi Vedove Nere sentiamo il bisogno di schierarci ideologicamente e clinicamente dalla parte della vita.

Se è quindi vero che in caso di aborto “un feto vitale, in estrema prematurità, va assistito anche se la madre è contraria”, è anche vero che {{l’uovo, cioè l’embrione della gallina, merita altrettanto rispetto.}}
Per questo motivo abbiamo redatto il Testo Congiunto per la tutela dei diritti dell’uovo, che illustriamo qui di seguito nei suoi punti salienti:

1. {{Un uovo vitale}}, in estrema prematurità, va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio, e assistito adeguatamente.

2. Considerando a priori il concetto ontologico della covata, la legge attribuisce la pienezza del diritto alla vita e, quindi, all'{{assistenza sanitaria dell’uovo.
}}
3. Nell’immediatezza della covata, il medico deve agire in scienza e coscienza sull’opzione di {{rianimare l’uovo, indipendentemente dalla volontà del gallo e della gallina}}, a meno che non si palesi un caso di accanimento terapeutico nei confronti dell’uovo.

4. L’attività rianimatoria esercitata al momento dell’interruzione della covata, dà il tempo necessario per una migliore valutazione delle condizioni cliniche, della risposta alla terapia intensiva e delle possibilità di sopravvivenza dell’uovo, e {{permette di discutere il caso con il personale dell’Unità e con la gallina}}.

5. Nel caso in cui un {{uovo ancora vivo venisse espulso prematuramente dalla gallina}}, noi Vedove Nere sosteniamo che i ginecologi dovrebbero avere il diritto di reinserire il suddetto uovo nel culo della gallina (se necessario pure a tradimento), anche se la gallina è contraria, perché prevale l’interesse dell’uovo.

6. Nell'{{ipotesi in cui l’uovo sopravviva}}, non si ritiene doveroso chiedere il consenso della gallina, perché in questo caso si esercita un’opzione di garanzia con cui si tutela un individuo vulnerabile, qual è appunto l’uovo (basti pensare al suo fragile guscio), in una fase in cui non si hanno certezze cliniche.

7. {{Non si può decidere di assistere un uovo solo in base ai tempi di maturazione della covata}}. Ad esempio un uovo alla coque messo a cuocere per meno di tre minuti ha delle aspettative di vita che oscillano tra il 30 e il 47%. Un uovo sodo ha tra il 14 e il 26% di possibilità. Un uovo strapazzato non sopravvive, ma in questo caso la gallina che ha appena effettuato un’interruzione di covata ha l’obbligo di firmare un modulo in cui può scegliere se seppellire lei stessa l’uovo con celebrazione del rito funebre o se permettere che venga consumato con un pizzico di sale, un bicchiere di vino rosso e del formaggio tagliato a scaglie.

8. {{Lo stato di abbandono dell’uovo da parte della gallina}} si può anche presumere, e a nulla valgono le sue rimostranze, alle quali i ginecologi pertanto possono rispondere “gnè gnè”. Ma la gallina tuttavia può tornare indietro sulla sua decisione e continuare allegramente la covata, o in alternativa farlo covare dai ginecologi stessi o dal parroco del quartiere o da quelle comari di buona volontà che vogliano metterselo misericordiosamente nel culo.

9. Oggi rispetto a dieci anni fa {{migliorano le aspettative di sopravvivenza dell’uovo}}, ma il problema della scelta dell’assistenza grava sul futuro del pulcino e su una sua eventuale disabilità, per evitare che cresca come Calimero che si sentiva brutto, nero e con scarsa autostima.

10. {{Alcune galline preferiscono addirittura che le loro uova non vengano assistite}} e finiscano nel sistema di produzione della maionese.

{{Difendi anche tu i diritti dell’uovo e schierati come noi dalla parte della vita!}}

(rielaborazione liberamente tratta dall’articolo di Repubblica intitolato “Aborto, documento dei ginecologi “Il feto deve essere rianimato”, 2 febbraio 2008)