Tra testimonial famosi e prelati che dai pulpiti e in televisione difendono il loro bizzarro diritto alla vita, che non comprende quello delle donne, femministe e gruppi di cittadine organizzate cercano di ampliare il concetto di salute riproduttiva e insistono sul diritto per tutte ad una maternità desiderata.Nel dibattito scatenato in Messico a seguito della proposta di legge per legalizzare l’aborto{{ i media giocano un ruolo fondamentale}}. Radio e televisione diffondono in continuazione le opinioni di “personaggi famosi” che appoggiano la destra conservatrice e chiedono la penalizzazione dell’aborto. Anche {{la chiesa}}, non solo cattolica, non si accontenta di occupare i pulpiti e di usare le prediche domenicali per chiedere la stessa cosa: i prelati occupano infatti un grande spazio sui mezzi di comunicazione di massa.

{{La parte più progressista}} che appoggia la proposta di depenalizzazione che sarà votata definitivamente il prossimo 24 aprile, ha scelto un’altra strategia, più familiare ai gruppi che sostengono la mobilitazione pro legge (gruppi di donne, ong, gruppi di sinistra): volantinaggi e manifestazioni per la città.

Al di là del livello altalenante del dibattito (a volte veramente basso), {{i proprietari delle maggiori emittenti radio televisive}} sono ben lieti di ospitare nelle loro trasmissioni rappresentanti di uno e dell’altro fronte, trasformando così ogni trasmissione o apparizione in una fonte di guadagno senza particolare interesse né per la qualità né per i soggetti coinvolti: le donne.

Ogni anno, secondo l’Agenzia giornalistica di genere [Cimac->http://www.cimacnoticias.com/site/], {{nella sola Città del Messico si realizzano in media 500 mila aborti clandestini}} che spesso, soprattutto nelle aree più disagiate e nelle comunità indigene, finiscono con la morte delle donne alle quali resta precluso il ricorso agli ospedali. Secondo la stessa Agenzia le {{complicazioni derivanti dalle interruzioni di gravidanza}} fuori da ogni controllo medico, costituisce infatti{{ la terza causa di morte materna}} in quel Paese.

Davanti a questi dati sconcertanti le {{femministe il movimento ampio di donne}} che sostiene la legge, hanno più volte segnalato all’opinione pubblica la {{necessità di un serio piano di informazione sul controllo delle nascite}} (per evitare le gravidanze indesiderate soprattutto tra le ragazze più giovani), e la durezza dell’impatto che una maternità non desiderata può avere sulla realizzazione delle donne.
_ La stessa {{Corte Interamericana per i diritti umani}} ha dichiarato l’{{autodeterminazione un diritto fondamentale ed inalienabile delle donne}}.

Femministe e movimento allargato delle donne però, si battono anche perché, al di là della legge, si affermi finalmente un {{concetto di salute riproduttiva}} capace di abbracciare e tenere insieme le questioni sociali, psicologiche, ambientali, ecc. che incidono sulla salute della donna durante tutto il processo riproduttivo. E insistono moltissimo sul fatto che in questo processo l’{{autonomia della donna è fondamentale}} e sul fatto che, {{parlando di diritto alla vita, non si può tacere quello delle donne a non morire per cause legate alla gravidanza o al parto}}.

Per questo il dibattito intorno alla legge è, almeno nelle intenzioni delle donne che la sostengono, un’{{occasione per riflettere sull’intera politica sanitaria}} messicana relativamente alla maternità e per insistere sul fatto che l’informazione sui metodi contraccettivi e sui pericoli legati a gravidanze troppo ravvicinate è un diritto fondamentale anche per i bambini e le bambine.
_ Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per le attività in materia di popolazione, infatti, una quarta parte di tutti gli aborti realizzati in cattive condizioni igienico sanitarie, che raggiungono l’impressionante cifra di circa 20 milioni, sono praticati su giovani donne di età compresa tra i 15 e i 19 anni.